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Venerdì 21 Ottobre 2022 10:12

I nonni devono mantenere i nipoti?


La Cassazione ritorna nuovamente sul mantenimento dei nipoti da parte dei nonni quando ambedue i genitori non riescono a farlo in modo adeguato. Non più un invito ma un vero e proprio obbligo a supplire i genitori fornendo loro un concreto aiuto economico per mantenere i figli. “«Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti – scrivono gli ermellini nell’ordinanza - gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli».

L’aiuto diviene obbligo solo quando ambedue i genitori, e non solo uno, sono del tutto  privi dei mezzi economici per mantenere i figli, soprattutto se l’altro può mantenerli da solo. “L’obbligo degli ascendenti - dispone una recente Cassazione - di fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore è comunque in grado di mantenerli”.

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Venerdì 21 Ottobre 2022 10:11

Mutuo e assegno di mantenimento

 


avv. Francesco Valentini*

Riduzione dell’assegno di mantenimento se il padre paga il mutuo sulla casa assegnata alla madre collocataria.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 28237 del 28.09.2022, contribuisce a fare chiarezza su una problematica legata al pagamento del mutuo sulla casa assegnata ai figli e, contemporaneamente, al pagamento dell’assegno di mantenimento dei figli stessi. L’argomento della riduzione dell’assegno di mantenimento - talvolta sproporzionato ed imposto al genitore non collocatario, il padre nella quasi totalità dei casi - quando lo stesso paga il 50% (e talvolta addirittura per intero) della rata del mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale/familiare è dibattuto da anni. Il clima genitoriale, soprattutto quando il genitore obbligato si trova in difficoltà economica, viene alterato da “imposizioni economiche” del giudice, che non tiene conto dei gravami che il genitore non collocatario deve affrontare per pagare il mutuo su una casa che viene assegnata, in nome dei figli, quasi sempre alla madre, che la utilizza per sé e per i suoi partner, senza che il tribunale vincoli l’assegnazione e l’utilizzo dell’abitazione ai figli e vieti l’intromissione di estranei, che con i figli nulla hanno a che vedere.

La Suprema Corte afferma che, analizzate le situazioni economiche di ciascun genitore e gli obblighi economici che gravano sul genitore non collocatario (che ha le obbligazioni economiche nei confronti dell’altro), la riduzione (in proporzione al rateo del muto) dell’assegno che il genitore obbligato versa all’altro per il mantenimento dei figli è legittimo.

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Giovedì 13 Ottobre 2022 10:21

Come cambia l’affido dei figli


La prassi di affido dei minori con genitori non più conviventi sta cambiando lentamente per pregiudizi che condizionano la piena attuazione della legge sul condiviso (lg. 54/2006), che, da sedici anni attende, la piena applicazione del principio della bigenitorialità e della cogenitorialità, cioè il pieno rispetto del diritto dei minori a convivere con ambedue i genitori e il rispetto del diritto dei genitori ad essere genitori a pieno titolo, ma non per essere solo genitori bancomat, come troppo spesso, invece, accade.

Il retaggio culturale che il genitore generalmente collocatario (prevalentemente la madre) sia l’angelo del focolare non è stato ancora scalfito e un celato matriarcato continua a dominare l’operato delle istituzioni, che dovrebbero tutelare il superiore interesse dei minori.

La legge sul condiviso ha cambiato l’affido dei figli quando la coppia scoppia, ma la sua reale applicazione è stata rinviata in nome di una prassi procedurale che parte dall’arcaica convinzione che solo un genitore sia “capace” di crescere ed educare i figli, mentre l’altro deve provvedere solo al loro mantenimento. Non si comprende che proprio quel genitore, considerato marginale nella crescita dei figli da parte dalle istituzioni e dalla cultura popolare, offre ai minori maggiori opportunità educative e competenze genitoriali, grazie anche alla trasformazione dei tempi di lavoro di entrambi i genitori.

Lo scossone è arrivato dal tribunale di Brindisi, che ha sancito l’affido condiviso paritario o alternato, con il quale prevede il mantenimento diretto dei figli e il superamento dell’assegnazione della casa al genitore collocatario prevalente dei figli. Con l’entrata in vigore della legge 54/2006, i tribunali, per tutelare i consolidati privilegi materni, hanno “inventato”, extra legem, la collocazione prevalente dei minori e l’assurdo protocollo sulle spese straordinarie, ideato dai magistrati e dagli avvocati locali, con la incomprensibile esclusione dei genitori, gli unici tutelati a parlare e trattare per i loro figli.

Lentamente, però, qualcosa si sta muovendo e cresce il numero dei giudici che incominciano a parlare di affido paritario, con il quale i figli trascorrono lo stesso tempo con ambedue i genitori, il loro mantenimento diretto da parte di ciascun genitore, quando i figli sono con lui, e viene spazzato via l’odioso assegno di mantenimento, quasi sempre a carico (nel 94% dei casi di collocamento prevalente dei figli presso la madre) dei padri. Cade anche il diritto di assegnazione della casa coniugale o familiare al genitore con collocazione prevalente dei figli (in alcuni casi di due o tre ore in più nell’arco di due settimane!).

Cadono, in definitiva, due importanti fattori che sono sempre all’origine dell’aspra conflittualità tra i genitori per le discriminazioni prodotte sia dall’assegno di mantenimento (sempre a carico del solo genitore non collocatario) che dall’assegnazione della casa coniugale/familiare, spesso di esclusiva proprietà o in comproprietà con il genitore non assegnatario, che ha pagato e continua a pagare per un bene che, in concreto, è una regalia alla madre, che vi convive con i propri figli e, sovente, con il suo compagno ed i di lui figli. Il proprietario o comproprietario della casa, invece, deve vivere in un angusto monolocale (dove non può ospitare i figli quando sono con lui) o essere ospitato da congiunti, amici o vivere in macchina.

Tratto da: lentepubblica.it

La intransigente pressione dei genitori sui tribunali per un diritto negato è l’unica via da seguire per porre fine ad una discriminazione che danneggia i figli, in primo luogo, e l’indifeso genitore il cui ruolo riconosciutogli è solo quello economico. Nessuno, infatti, lo tutela dagli abusi dell’altro genitore, il collocatario, che arriva perfino a vietargli il diritto di vedere e stare con i figli, così come disposto dal tribunale.

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Giovedì 06 Ottobre 2022 08:52

La Cassazione ci ripensa


Avv. Francesco Valentini*

Si è aperta una riflessione sull’assegno di mantenimento e divorzile nelle separazioni e divorzi e sulla obbligatorietà, per ambedue i genitori, di mantenere i figli. La Cassazione non ha una linea coerente e le varie sezioni, spesso, si contraddicono, creando disorientamento sul delicato tema. I tribunali sono molto più cauti nella concessione dell’assegno di mantenimento a seguito della separazione e l’assegno divorzile al coniuge più debole, entrambi, fino ad ora, riguardano la quasi totalità delle mogli, perché solo raramente si concede al marito, anche se con reddito inferiore a quello della consorte,che, magari, ha rinunciato alla carriera professionale per dedicarsi alla crescita dei figli.

Alcune ordinanze della Cassazione fanno pensare che stia cambiando la “scontata” concessione degli assegni alla moglie e che ci sia più attenzione al riconoscimento del preteso diritto di mantenimento. Analizzeremo alcune sentenze della suprema corte e le novità contenute nelle recenti ordinanze.

  • La moglie ricca deve mantenere il marito,che ha sacrificato la carriera per la famiglia.(Cassazione, I civ., sent. n.26890/2022 del 13.09.2022)

Il marito, per seguire la crescita del figlio disabile e le proprietà della moglie, che, così, ha potuto continuare la propria redditizia ed autonoma attività lavorativa, aveva rinunciato alla carriera di manager informatico. Con la separazione, il giudice gli aveva concesso un assegno di mantenimento di €. 1.500al mese, ridotto dalla Corte d’appello ad €. 300. La Cassazione ha dato ragione al marito e rinviato alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per la nuova determinazione dell’assegno di mantenimento e per le spese del giudizio di legittimità.

La moglie, molto ricca sia per il reddito di lavoro che per le ricchezze di famiglia, aveva delegato al marito la cura delle proprie ricchezze e, soprattutto, la crescita del figlio disabile. Il marito, cinquantenne, con la separazione non riusciva a ricollocarsi nel mondo del lavoro ed a trovarsi una adeguata abitazione. La Corte d’appello, invece di aumentare l’assegno di mantenimento stabilito nell’udienza presidenziale, come chiedeva il marito, lo ha ridotto dell’80%.

La Cassazione, con questa sentenza, afferma che la separazione, a differenza del divorzio, non annulla i doveri di assistenzamorale e materiali derivanti dal matrimonio e, di conseguenza, il marito ha diritto ad un adeguato assegno di mantenimento che gli permetta di mantenerelo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio.

La sentenza è importante, poiché ribadisce che anche il marito, quando si separa, ha diritto all’assegno di mantenimento se la moglie è più ricca e che, l’uomo che rinuncia alla carriera nel lavoro per seguire i figli, ha diritto a pretendere un adeguato assegno di mantenimento dalla moglie ricca per mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio. In definitiva, l’uomo, quando ne sussistono i presupposti, ha diritto allo stesso trattamento che i tribunali riservano, spesso acriticamente, alla donna.

  • L'assegnazione della casa può ridurre il mantenimento sia per i figli che per l’ex coniuge, quando dovuto. (Cassazione Civ.,ordinanza n. 27599/2022)

L’assegnazione della casa di proprietà del genitore non collocatario o in comproprietà tra i genitori o di proprietà di parenti e persone terze, ma data in comodato d’uso al genitore non collocatario in costanza di matrimonio,raramente viene tenuta presente, nel determinare l’assegno di mantenimento per moglie e figli o l’assegno divorzile, enon si specifica mai quanto sia l’entità economica della porzione o dell’intera casa usufruita dai figli e dalla moglie. Se, poi, il genitore non collocatario chiede la riduzione dell’assegno di mantenimento, proprio perché nella casa coniugale di sua totale o parziale proprietà e di proprietà di persone a lui collegate i tribunali, con molta solerzia, rigettano la richiesta, anche quando nella casa vi vive – spesso,togliendo spazio ai figli –il compagno dell’altro genitore e i figli da lui avuti. Anzi,sempre con incomprensibile solerzia, il giudice si affretta a dire che il genitore collocatario dei figli e assegnatario della casa coniugale può farvi coabitare chi vuole, perché, altrimenti, si lede la sua libertà, anche quando sono i figli ad essere privati della loro libertà per l’affollamento familiare. Due pesi e due misure, come, purtroppo, spesso accade nell’indifferenza di chi dovrebbe controllare.

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Giovedì 06 Ottobre 2022 08:44

L’assegno di mantenimento per i figli


L’assegno di mantenimento per i figli non è una “retta” che il genitore non collocatario deve pagare all’altro per i compiti domestici e di cura da lui assunti con la loro collocazione prevalente presso di lui, ma un dovere per ambedue i genitori, così come prevedono l’art. 30 della Costituzione e l’art. 155 c.c.. In merito, quest’ultimo afferma: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore … Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».

La legge è chiara, ma, sovente, la sua applicazione resta incomprensibile, poiché si continua a far pagare un consistente assegno di mantenimento per i figli solo al genitore non collocatario, mentre, per il collocatario, si parla di diritti nella gestione dei figli e mai dei suoi doveri economici verso di loro. Ancora più inquietante è la facilità con cui non si disponga – senza alcuna motivazione - un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi, nemmeno quando esplicitamente richiesto da un genitore che materialmente è impossibilitato a fornire al giudice prove dei redditi e/o altri profitti e/o entrate percepite a vario titolo. L’applicazione della legge, pertanto, di fatto, quasi sempre, non è uguale per tutti.

Scarsa rilevanza, nella determinazione dell’entità dell’assegno, ha la permanenza dei figli con il genitore non collocatario e la proprietà della casa coniugale/familiare. Non è una svista del giudice, ma un vero e proprio asservimento ad un “matriarcato” che, sotto mentite spoglie, imperversa ancora in certi ambienti istituzionali, in netto contrasto con il diritto.

Non manca il caso in cui, nei tempi di permanenza dei figli con i genitori, il tribunale disponga un affido paritario, ma, poi, si scrive, nella sentenza o decreto, che trattasi di un affido congiunto “paritario con collocazione prevalente dei figli presso la madre”, al fine di giustificare l’imposizione al genitore “non collocatario” – il padre per consuetudine - il discriminante assegno di mantenimento.

L’affido condiviso paritario, quello vero, non prevede l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa coniugale/familiare al collocatario, e resta l’unica soluzione percorribile, che riporterebbe giustizia nell’affido dei minori. Troppi giudici, però, sono poco inclini a concederlo e continuano ad alimentare la conflittualità tra i genitori, rendendosi responsabili di un innegabile disagio esistenziale nei figli per il declassamento della figura paterna.

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Giovedì 06 Ottobre 2022 08:40

I separati e la complessa gestione dei figli

è urgente un vero confronto istituzionale


Ubaldo Valentini *

Una società in continua evoluzione non può ignorare l’urgenza di una reale tutela dei minori, che, oggi, non hanno più un riferimento stabile nella famiglia e nella società in genere. Manca il dialogo tra le generazioni e tra le istituzioni e tutto ciò alimenta il disorientamento sociale.

Il dialogo è possibile se si lasciano da parte le strategie di opportunità politica, il business economico che circonda il mondo delle separazioni, il pressapochismo psicologico che anima gli affidi dei minori nelle separazioni, la prevaricazione di genere, avallata da una cultura femminista, che ritiene la madre non soggetta al principio delle pari opportunità genitoriali, e la continua violazione del diritto alla bigenitorialità dei minori e il diritto alla cogenitorialità di ambedue i genitori.

Restano detestabili certe iniziative di molti tribunali e giudici, che, invece di applicare le leggi vigenti, si prodigano a studiare escamotage per alleggerire la mole del loro lavoro, ma, in realtà, per proteggere prevalentemente la madre a scapito, quasi sempre, dei diritti dei figli e del padre, quali la collocazione prevalente dei figli presso la stessa, i protocolli sulle spese straordinarie, stilati da giudici ed avvocati, diversi da tribunale a tribunale, dimenticando che la legge n. 54/2006 attende, ancora, di essere applicata in modo chiaro.

Non è di competenza dei giudici emanare direttive, generiche e spesso contraddittorie con la legge vigente, che massificano l’affido dei figli secondo schemi concordati con i legali. Compito dei giudici è quello di applicare la legge in modo equo, in modo da poter rendere credibile la scritta La legge è uguale per tutti, mentre i legali sono pagati dai genitori per difenderli dinnanzi ai giudici, ma non per sostituirli nella stesura di protocolli e convenzioni, rigorosamente di parte. Compito del Parlamento è quello di legiferare e le fonti normative interpretative ed esecutive della legge spettano sempre agli organismi politico-amministrativi nazionali.

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Giovedì 22 Settembre 2022 18:32

Solidarietà sociale? Non sempre è tale!


Ubaldo Valentini*

La solidarietà sociale, sia essa pubblica che privata (con soldi pubblici, però), è da tutti invocata, ma, spesso, non è tale e il confine con la discriminazione è ben camuffato da chi ne trae vantaggio. Il variegato mondo politico ed i cittadini che ne beneficiano hanno in comune l’interesse dell’ambiguità, perché garantisce consenso sociale e vantaggi economici, troppo spesso non dovuti ai “fortunati”.

Numerose segnalazioni ci sono pervenute per denunciare veri e propri abusi istituzionali, che discriminano il genitore non collocatario (il 94% dei padri), a cui non solo non è concesso alcun aiuto per i figli quando stanno con lui, ma è negato perfino l’accesso - in nome di un assurdo e inapplicabile in queste circostanze diritto alla privacy - alla banca dati dei finanziamenti e dei benefici multiformi pubblici elargiti al genitore collocatario - senza alcun oggettivo controllo – da parte dei servizi sociali e/o da parte delle eventuali altre istituzioni competenti.

Non si può continuare ad ignorare una arcaica e indegna ingiustizia di uno stato democratico, dove l’equità e la trasparenza sono i pilastri per bandire la discriminazione dalla sua prassi socio-politica. Non è più tollerabile la superficialità di chi dovrebbe garantire i principi costituzionali, che riconoscono ad ogni cittadino gli stessi diritti e gli stessi doveri.

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Giovedì 15 Settembre 2022 18:21

Colpevole la madre che vanifica

o nega il rapporto padre e figli


Si torna a parlare di Pas, un fenomeno devastante per i figli

Negare ai figli la presenza del genitore non affidatario/collocatario da parte di chi li ha con sé tutto il giorno è un fenomeno molto diffuso e pochi sono i tribunali che lo analizzano in profondità e arrivano alla sospensione della responsabilità genitoriale della madre, poiché, con il suo arrogante atteggiamento, provoca disagio esistenziale nei figli, che può portarli a disturbi comportamentali e nega i diritti e la dignità genitoriale all’altro genitore.

Il subdolo fenomeno viene denunciato dal genitore a cui viene meno il diritto di frequentare i propri figli (94% il padre), durante le fasi del procedimento di affido dei minori, di separazione e divorzio e nei successivi specifici procedimenti di modifica di precedenti provvedimenti, ma le sue parole solo raramente vengono prese in seria considerazione dal giudice, anche perché, spesso, il legale - “accomodante” con il collega di controparte e poco incline a contestare la discrezione esercitata in maniera errata e/o gli abusi del giudice - non asseconda le richieste del proprio cliente.

Manca la convinzione del difensore a pretendere che la bigenitorialità e la cogenitorialità siano sempre e comunque rispettate per una reale tutela dei minori e di ambedue i genitori e che il genitore collocatario rispetti le disposizioni stabilite dal tribunale o, fatto ancora più ignobile, non va tollerata o, addirittura, giustificata la violazione dei provvedimenti precedentemente emessi dal giudice dell’affido dei minori.

 

 

(immagine tratta da: laleggepertutti.it)

Il genitore che vanifica o nega il rapporto dei propri figli con l’altro genitore non manifesta quell’indispensabile equilibrio psichico e morale, fondamentale per educarli. E’ una persona gelosa del buon rapporto dei figli con l’altro genitore e non riesce a comprendere i loro bisogni, è ansioso e controllante. Soffre, spesso, di disturbo paranoide di personalità, che lo rende sempre sospettoso e diffidente verso gli altri, avvertiti come ostili, malevoli e umilianti, anche quando tutto ciò non esiste.

Teme di essere ingannato, sfruttato o di subire un imminente danno da parte delle persone con le quali è in contatto e tende a mascherare le emozioni con un atteggiamento di rigida razionalità e testardaggine. La persecuzione di cui si sente vittima è esclusiva conseguenza di un proprio pensiero malato, che, purtroppo, trasmette anche ai figli. Da qui la necessità di intervenire immediatamente, sia da parte del giudice che ne viene a conoscenza da parte del genitore non collocatario/affidatario, che da parte dei legali, che, spesso, condizionano il proprio cliente a non ricorrere al tribunale per pretendere giustizia per i figli e per loro.

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