AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE - 2 GENNAIO 2004 PDF Stampa E-mail

2 Gennaio 2004
Signor Presidente,
la presente non vuole essere un atto di accusa generico e prevenuto nei confronti del Tribunale che
Lei presiede, ma vuole solo sottolineare una consuetudine di amministrare la Giustizia a Perugia
nelle separazioni con figli. Tale modo di procedere diviene sempre più incomprensibile e rende
impossibile accettare una discrezionalità non rispondente al "superiore" bene dei figli e all'equità
genitoriale.
Si susseguono disposizioni, provvedimenti, decreti e sentenze che non rispettano affatto la
concretezza dei fatti ma sono solo rispondenti ad arcaici stereotipi educativi ancorati alla figura
materna sempre penalizzanti quella paterna, a consuetudini che non espongono i G.I. a decisioni
rispettose delle aspettative dei figli e di ambedue i genitori. Certi provvedimenti, come alcune
sentenze, sono palesemente contraddittori e noncuranti della equilibrata crescita psico-affettiva ed
educativa dei figli ed alimentano ulteriormente la conflittualità.
Nel contenzioso, poi, alcuni giudici non entrano mai, e con specificità, nella materia del contendere
e, fondamentalmente, chi chiede il rispetto dei diritti-doveri di genitore viene visto come
impertinente o attaccabrighe. Chiedere i dovuti accertamenti su quanto viene affermato nelle
comparse e nelle istanze o la modifica dei provvedimenti momentanei, visto che i processi possono
durare decenni (il mio è durato 13 anni) è inutile poiché spesso, di fatto, le istanze del genitore non
affidatario vengono respinte in blocco.
Questo modo di operare genera conflittualità nei genitori separati e in quello che si vede "beffato",
si alimenta disorientamento per il torto subito e da nessuno condannato e, talvolta, anche senso di
impotenza ed atteggiamento di rinuncia ai propri figli e ai propri diritti-doveri. Non tutti i genitori
hanno soldi per pagarsi le consistenti parcelle dei legali.
Spesso si condanna - in modo generico e impersonale- la conflittualità dei genitori, che vengono
invitati, anche fuori luogo, a collaborare e mettere fine alle giuste e doverose rivendicazioni di
equità. Si dimentica, in verità, che per creare conflittualità basta un solo genitore e che il non
rispetto della bigenitorialità deve essere condannato in modo esplicito e risolutivo. Chi crea
tensione, chi non rispetta le disposizioni di separazione e strumentalizza i figli per biechi tornaconti
economici, sociali o d'immagine non sarà mai in grado di educare i propri figli e la giustizia lo deve
evidenziare con provvedimenti chiari nel più completo rispetto delle esigenze dei figli. Chi,
proposto a giudicare non indaga e non provvede in merito, di fatto, penalizza il più debole o non
riconosce giustizia al genitore che, molto spesso, "provoca" conflittualità solo perché chiede
giustizia per i figli e per sé, cioè chiede di essere rispettato come persona e come cittadino.
Nelle controversie si nominano Ctu che espletano, su incarico del Tribunale, perizie al fine di
aiutare il giudice ad emettere provvedimenti il più possibile idonei all'educazione e crescita psicoaffettiva
dei figli. Le relazione di questi professionisti, quando sono palesemente incomplete o di
parte, vengono ugualmente e integralmente assunte come verità incontestabili nei provvedimenti
senza minimamente considerare i dovuti e chiarificatori rilievi del Ctp, perché ritenuti di parte e
quindi non attendibili. I Ctp non sono anche loro dei professionisti?
Resta incomprensibile come in perizie delicate e complesse si faccia ricorso a Ctu con qualifica di
assistenti sociali - privi di cognizioni psicologiche specifiche - o professionisti ideologicamente
schierati o molto anziani, i cui modelli di riferimento risalgono al dopo guerra, che somministrano
ai minori test antiquati nella formulazione e nella lettura. A ciò si aggiungano i preconcetti di
alcuni che ritengono la madre sempre e comunque l'unica capace di crescere i figli, considerano il
padre solo una figura "economica" e non portatore di profondi ed inalienabili valori psico-affettivi
ed educativi per i figli, e si preoccupano di non modificare mai i provvedimenti iniziali di affido alla
madre perché altrimenti si accoglierebbero le tesi dei bambini, che rifiutano tale affido, e si
sminuirebbe ai loro occhi la figura materna. Questa non è psicologia ma solo offesa a questa nobile
ed articolata disciplina e le loro conclusioni non saranno mai a favore del superiore interesse dei
minori, come, al contrario, si usa scrivere nelle relazioni e nei provvedimenti.
Si rende indispensabile aggiornale l'elenco dei Ctu, in base al monitoraggio delle Ctu espletate,
verificando il loro operato per privilegiare competenza professionale ed attitudini, oggettività
valutativa, autonomia decisionale. Le Ctu decidono il futuro dei figli, in fase conflittuale, ed ogni
superficialità recherà loro un danno irreversibile con evidente oltraggio ad uno dei genitori.
Ci deve essere spiegato, infine, come un giudice possa dichiarare nulla una Ctu da lui
commissionata e poi obbligare il genitore a pagare ugualmente chi l'ha eseguita contravvenendo alle
disposizione di legge o al mandato ricevuto! Non si comprende, poi, perché un genitore che dinanzi
all'evidente disagio dei figli richiede una Ctu e i fatti dimostrano la giustezza della sua richiesta,
debba pagarla ugualmente anche lui e non solo la controparte responsabile del rilevato disagio.
I provvedimenti presidenziali non vengono mai modificati nella sostanza, nemmeno dinanzi alle
successive e palesi loro non più applicabilità. Tali provvedimenti, nati per essere provvisori e
modificabili dal G.I e quindi sommari, durano anni, decenni, e, col passare del tempo, divengono
anacronistici ed anche dannosi per la crescita psico-fisica ed affettiva dei figli. Nonostante ciò,
l'affidamento diviene intoccabile e in base a questo principio si modellano tutti i successivi
provvedimenti. La provvisorietà dei provvedimenti non può esaurirsi con il raggiungimento della
maggior età dei figli perché altrimenti ciò vorrebbe dire che la Giustizia a Perugia non funziona.
La personalità giuridica dei figli non sempre emerge dai detti provvedimenti. I figli sono
considerati, di fatto, non persone ma oggetti del contendere dei genitori, "dei grandi". Nessuno
provvede a tutelarli nelle separazioni privilegiando non, come usanza, il genitore genericamente
riconosciuto quale unico “possibile affidatario” ma quello che realmente non li sradica dal luogo di
residenza e dal contesto sociale in cui sono cresciuti e al quale si relazionano, che dedica loro il
proprio tempo affettivo e libero, che dimostra di avere maggiori attitudini e che sceglie, in primo
luogo, di fare il genitore.
I diritti dell'adulto affidatario sono intoccabili, mentre quelli del minore e del non affidatario no!
Pretendere che i figli non vengano allontanati dal loro contesto affettivo-sociale-culturale è
considerata una richiesta assurda e lesiva dell'adulto, cioè del genitore affidatario. Così pure quando
le famiglie allargate non vengano accettate dai figli, nessuno ascolta i figli (compresi certi psicologi
e psichiatri per i quali i bambini hanno solo doveri e nessun diritto e poi la famiglia allargata, per
loro, è sempre e comunque la soluzione migliore), nessuno presta attenzione al loro disagio, ai
maltrattamenti in famiglia che possono essere di natura fisica e, ancor più grave, di natura psichica.
Se il genitore non-affidatario - quasi sempre il padre - chiede verifiche spesso viene visto come un
disadattato, un depresso o un "geloso" della sua ex. Chi tutela i nostri figli? Chi tutela il genitore
non affidatario?
Il diritto di visita comporta sempre disagi per il solo genitore non-affidatario. Infatti è lui che deve
andare a prendere e riconsegnare i figli, anche quando questi sono andati ad abitare, senza giusto
motivo, molto distanti dal luogo di residenza dell'originario nucleo familiare. In questi casi viene
penalizzato il genitore non affidatario, anche quando palesemente la separazione è stata chiesta ed
ottenuta dall'altro genitore che, poi, ha provveduto ad allontanarsi per seguire il convivente.
Giustizia vorrebbe che i viaggi (sia per il diritto di visita che per i fine settimana o vacanze) siano
ripartiti al 50% tra i genitori, se non addirittura ad esclusivo carico di chi ha provocato e voluto la
separazione per sue scelte personali o a carico di chi si è allontanato senza giusta motivazione. Ma
quando si potrà ottenere equità anche in queste cose che incidono, per il genitore non affidatario, in
modo rilevante sul suo bilancio economico, oltre all'assegno di mantenimento?
Stabiliamo, nei provvedimenti presidenziali, che i viaggi siano al 50% e, nel determinare l'assegno
di mantenimento ai figli teniamo conto del genitore non affidatario, spesso il meno responsabile
della separazione, già indebitamente condannato a sostenere tutti i viaggi che possono ammontare a
migliaia di euro all'anno.
Le ferie scolastiche ed estive vengono determinate secondo consuetudine e con formule che hanno
dell'incredibile e soprattutto con risvolti antieducativi e psicologicamente inaccettabili. C'è chi,
dinanzi a tre mesi di vacanze estive, dispone che i figli passino col genitore non affidatario quindici
giorni, due settimane, frazionate spesso. Un figlio, quando si è adattato alla nuova realtà, deve già
pensare che deve nuovamente ripartire! E', per lui, il soggiorno col genitore non affidatario una
gioia o un castigo?
E' ora di dire che le ferie estive e quelle natalizie e pasquali devono essere equamente ripartite tra i
due genitori, salva impossibilità del genitore affidatario. C'è chi dispone che i figli possono
trascorrere col genitore non affidatario solo il pomeriggio di Natale o Pasqua. Non le sembra, tutto
ciò, una assurdità e una offesa alla dignità genitoriale?
Non sarebbe opportuno stilare un vademecum per i giudici che si occupano di separazioni con figli?
In alcuni Tribunali italiani è stato fatto e, sembra, con ottimi risultati e con una equità di
trattamento. Lo stesso dicasi per la determinazione dell'assegno di mantenimento.
L'assegno di mantenimento è una scommessa e così assistiamo alle più fantasiose iniziative.
Stesse condizioni economiche, stesso numero e stessa età dei figli, l'assegno varia in modo
sproporzionato. Ad alcuni genitori si impone un assegno che supera la metà dello stipendio
percepito, senza minimamente tenere conto della casa familiare, senza minimamente imporre
all'altro coniuge l'obbligo di lavorare e provvedere anch'esso al mantenimento dei figli. Gli assegni
familiari spettano al genitore affidatario, ma nessuno li calcola, per il 50%, detraendoli dal
mantenimento percepito poiché tali assegni sono percepiti per il mantenimento della prole e non per
"impinguare" il solo genitore affidatario.
Ma quanto costano i figli dei separati? Se il padre versa 250/300 euro, altri 250/300 la madre, più
100/150 di assegni familiari, un figlio di quattro anni costa 600/750 euro al mese. Senza calcolare
poi le spese straordinarie. Come potrebbe, una famiglia non separata, mantenere i propri figli, che
spesso frequentano le scuole superiori o l'università, se in casa i genitori riportano, a fine mese,
circa 1500/2000 euro?
Le spese straordinarie sono altra materia del contendere. Quasi mai si specifica la natura di tali
spese (spese mediche non fornite dal S.S.N. e tasse scolastiche), non si impone il preliminare
consenso dell'altro genitore e succede, così, che il genitore affidatario si vede costretto a pagare le
più svariate prestazioni o i più fantasiosi acquisti.
Il ricorso congiunto per divorzio, a Perugia, richiede l'assistenza di un legale. Non così avviene in
alcuni Tribunali italiani. Lo stesso sito del Ministero di Giustizia parla di possibilità di ricorso senza
legale. Alcuni Tribunali accettano pure il ricorso (motivato e documentato) di modifica delle
condizioni di separazione per quanto concerne i figli presentato direttamente dal genitore non
affidatario. Perché a Perugia occorre sottostare alle pesanti parcelle dei legali anche quando i
divorzi e le modifiche delle condizioni sono fatte di comune accordo tra i due genitori ex-coniugi?
I tempi di separazione giudiziale sono lunghissimi. Si procede di rinvio in rinvio e passano anni,
decenni, talvolta, e nessuno "provvede" per i minori al centro del contendere. Troppo spesso c'è la
continua alternanza di giudici che, di frequente, non hanno nemmeno il tempo per approfondire il
caso e i rinvii divengono d'obbligo. Si ha l'impressione - visto che i rinvii sono sempre di mesi,
quadrimestri o semestri - che nell'udienza successiva il giudice non si ricordi più nulla o che quindi
siano i legali a dover riepilogare tutto, ovviamente, in alcuni casi, a vantaggio di chi è più
"aggressivo".
Vista la delicata materia dei minori sarebbe opportuno che il rinvio, riservato solo per estreme
necessità, avvenga in tempi strettissimi e che le Ctu si svolgano in periodi contenuti, visto che
abitualmente gli incontri con l'esperto nominato avvengono mensilmente.
Non ultimo, l'affido dei minori. E' prassi che la madre debba provvedere ai figli ed è radicata la
convinzione che il padre sia la persona meno indicata a tale compito o la meno propensa ad
assumersi responsabilità. Un retaggio culturale del passato che cozza con la tesi , tutta moderna e
attualissima, che la famiglia allargata sia un'ottima cosa. Allora perché il padre non può essere
l'affidatario, o il genitore presso cui resta il minore in caso di affido congiunto?
E' vero che sono pochi i genitori che lo chiedono, compresi i padri che fanno la separazione
consensuale per mezzo dell'Ags. Questi ultimi genitori seguiti dall'associazione, però, sono
consapevoli della indispensabile presenza di ambedue i genitori per ben educare e crescere i figli e
l'assegnazione dei figli alla madre spesso è formale, poiché restano vicini di casa e i figli si
muovono, di fatto, liberamente tra i due genitori. Nonostante ciò, le separazioni da noi preparate
contengono una serie di precise disposizioni a tutela dei figli e di ambedue i genitori da attivarsi in
caso di sopraggiunto conflitto.
Nelle separazioni giudiziali sono gli avvocati a scoraggiare una tale richiesta poiché è prassi -si dice
ai padri- dare i figli alla madre. Quando ci sono padri che chiedono l'affido tutto si rinvia al G.I.
consapevoli che quelle disposizioni non verranno mai più cambiate. Perché allora non fare un atto
di fiducia verso quei padri che, documenti alla mano, chiedono l'affido a loro per il superiore
interesse dei minori?
Mi creda, signor Presidente, oggi ci sono tantissimi padri che sono di gran lunga più preparati e
predisposti alla genitorialità di tante madri distratte dal lavoro e dalla ricerca del nuovo partner e di
nuovi figli. Ci sono padri che provvedono egregiamente ai propri figli, sacrificando tempo libero e
sane aspirazioni; ci sono padri che credono ai valori umani e alla società e che riescono a
trasmettere tale patrimonio ai propri figli con una quotidiana prassi educativa incentrata sulla
persona., sull'affetto e sulla donazione.
Una maggiore attenzione deve essere riservata ai maltrattamenti dei minori in famiglia,
soprattutto quando allargata. I maltrattamenti psichici, arma usata quotidianamente per distruggere
l'altro genitore o per indurre i figli ad accettare il/la nuovo/a convivente (e rispettivi figli) sono una
dura e cruda realtà che emargina i figli dai genitori e dalla società con gravi risvolti esistenziali e
sociali. Nessun giudice li prende seriamente in considerazione e nomina indagini ad hoc. Spesso,
troppo spesso, ci si sente ripetere che i bambini dicono le bugie, che devono adattarsi a tutte le
situazioni, poiché crescendo faranno le loro scelte, che i genitori, l'adulto, non può sottostare alle
esigenze e alle problematiche dei minori e che nessuno può condizionare la libertà dell'adulto.
Anche chi getta i neonati nei cassonetti crede che sia bene. La legge, però, lo colpisce. Perché allora
non colpire che danneggia un minore a livello psicologico? Che dire poi delle percosse che l'adulto
infligge ai bambini? Sono anch'esse educative o alimentano nel minore la molla della violenza
come arma di difesa?
E' avvilente vedere quello che accade nei Tribunali perugini, così come riportato da mesi dalla
stampa, e denunciato da ben quattro associazioni nazionali.
Sapere che nessuno si muove o indaga su quanto riferito dai bambini o denunciato dal genitore non
affidatario non aiuta a credere alla Giustizia. Sapere che una bambina che rifiuta di stare con la
madre e il di lei convivente che hanno aggredito il padre che teneva per mano (la terza) e che gli
hanno procurato danni fisici permanenti deve ritornare in quella casa, sapere che questa bambina
dal 200 riferisce a tutti di essere maltrattata e picchiata in famiglia e che nessuno indaga, ma invece
deve essere "tradotta" in quella casa anche se la madre non la cerca (non le ha fatto, assieme alla
sorella, nemmeno gli auguri in questi giorni di festa!) ed anche se essa minaccia di uccidersi, ci fa
sentire indifesi e offesi.
Questa bambina, intelligente e sveglia, non ha un'anima, non ha una personalità da rispettare? A lei
non è concesso non solo di progettare il suo futuro ma nemmeno poter esprimere una sua vitale
esigenza di sopravvivenza. Perché deve restare dove non è accettata e amata? Perché il padre,
quello vero e non quello imposto, non può difenderla? E' forse proibito tutelare i propri figli ed
accogliere il loro grido di aiuto?
Cosa dire poi delle contraddizioni dei vari Tribunali perugini? Quello da Lei presieduto,
respinge la richiesta materna di togliere la patria potestà al padre, come pure di affidarla a lui, non
predispone le indagini sui maltrattamenti riferiti dalla figlia anzi la costringe a ritornare
"immediatamente" in quella casa in cui non è accettata e dove vive colui che ha tentato di uccidere
suo padre mentre lo teneva per mano, non le permette di frequentare una scuola diversa da quella
dove è stata iscritta perché non stima più la maestra a cui aveva confidato i maltrattamenti subiti,
ma almeno riconosce che le figlie devono stare più tempo col padre (29.11.2003) e gli aumentano i
giorni di visita e le ferie estive e natalizie. La Corte d'Appello (attivata dalla madre perché il
Tribunale dei minori non aveva tolto la patria potestà al padre perché si rifiutava di riportare "con la
forza" la figlia presso la casa del suo convivente) il 10.12.2003, appena 12 giorni dopo, sempre allo
stesso padre impone la riconsegna immediata della figlia e, per il bene delle minori, gli toglie il
diritto di visita e vieta qualsiasi contatto con loro, compresa con la figlia minore che rifiuta quella
casa che appartiene all'aggressore di suo padre e dove è maltrattata anche dalla madre e dalla
sorella.
Giustizialismo ed umana insensibilità, non “giustizia”!
E se quella bambina attuasse quello che dice …….. quel padre, i genitori non affidatari, i comuni
cittadini cosa dovrebbero fare? I nostri figli, per la Giustizia perugina, cosa sono? E i padri?
Il genitore più debole va sempre tutelato, soprattutto quando l'altro ha un superiore potere
schiacciante dovuto al sesso e ai ruoli istituzionali ricoperti.
Non si possono avere corsie preferenziali per un genitore e noncuranza per l'altro. Non è giusto
umanamente e nemmeno giuridicamente.
Con la speranza che cambi l’attuale prassi di amministrare la giustizia nei Tribunali perugini e che
si abbia il coraggio di valorizzare solo quei giudici attenti ai minori e ai diritti-doveri di ambedue i
genitori, assegnando loro le cause più delicate, Le porgo i più sentiti auguri di buon anno e buon
lavoro.
Perugia, 2 gennaio 2004
Il Presidente
(prof. UbaldoValentini)

 

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