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19 marzo: Festa del Papà

Il trionfo dell’ipocrisia istituzionalizzata!

di Ubaldo Valentini *

Puntualmente e con disarmante ritualità si torna a celebrare con enfasi questa ricorrenza che per la maggior parte dei papà è solo una beffa.

Una beffa? Si, perché tutti sappiamo che la maggior parte dei papà è separata ed ha enormi difficoltà a vedere i figli e, di fatto, gli viene negato il suo diritto-dovere alla genitorialità nella indifferenza delle istituzioni, dei servizi sociali, dei media e delle istituzioni religiose.

Ci si ricorda di lui solo per bussare a cassa, per allontanarlo da casa per presunti maltrattamenti in famiglia senza minimamente permettergli di difendersi da accuse quasi sempre infondate e ad arte formulate anche quando per mesi non riesce a vedere e parlare con i figli o avere informazioni su di loro. Gli si toglie il diritto alla bi genitorialità,  disconoscendo i più elementari principi psicologici e pedagogici da decenni ribaditi nelle convenzioni internazionali sull’infanzia ma sistematicamente ignorate dai tribunali, dagli operatori sociali e dai nostri politici.

Quale festa per questi papà costretti a  non vedere i figli per la sola decisione della madre o a vederli in modalità protetta - cioè in presenza di educatori provenienti dalle innumerevoli cooperative appositamente fondate – per il solo fatto che hanno osato rivendicare un inalienabile diritto alla genitorialità e chiedere di parlare con i propri figli  per sapere come stanno e cosa fanno, visto che la madre non gli permette nessun contatto con loro? Il padre esiste ma solo per pretendere il suo inalienabile ruolo di bancomat.

Un business in nome della famiglia e della sua tutela tanto cara ai nostri media che sono alla continua ricerca di scoop giornalistici per far parlare le lobby dei legali, degli psicologi, delle cooperative sociali e degli onnipotenti ed incontrollati servizi sociali, dando loro spazio pubblicitario a spesa dei contribuenti e permettere loro di aumentare le parcelle o le tariffe che le istituzioni pagano.

Le problematiche dei big televisivi o degli attori separati non ci interessano poiché loro, a differenza del 99,9% dei comuni genitori separati, percepiscono lauti stipendi e possono permettersi di tutto e di più. Il padre comune non ha nemmeno i soldi per pagarsi il legale e perciò deve subire in silenzio le vessazioni delle istituzioni e dell’altro genitore.

Parlare della paternità è un controsenso quando le istituzioni con una sfacciata ipocrisia negano quasi sempre questo diritto cercando di mascherare l’indifferenza delle forze politiche e sociali che nella quotidianità offendono la dignità dei figli minori – che non contano nulla in quasi tutti i procedimenti che li riguardano – e del genitore non affidatario e collocatario.

La politica  crede di aver risolto i problemi dei separati perché ha concesso loro la possibilità di separarsi e divorziare, in certi casi, presso gli uffici comunali. Ora il parlamento sta discutendo del divorzio breve e fra poco discuterà, su delega del vaticano, anche se permettere la comunione ai separati e divorziati!

E’ a tutti palese che i veri problemi dei separati e dei divorziati sono ben altri perché quando c’è la separazione consensuale e il divorzio congiunto i rapporti tra i genitori sono buoni o comunque tollerabili e i figli non sono a rischio di “usucapione”.  Concedere il divorzio dopo alcuni mesi dalla separazione (sei mesi) a chi serve? E’ una discussione inutile poiché, nelle giudiziali, le decisioni prese nella separazione resteranno tali anche con il divorzio, quello breve, che avverrà dopo alcuni mesi. Gli unici a guadagnarci sono i legali e le strutture pubblico-private che vivono sulle disgrazie procurate dalle istituzioni ai minori e al genitore reso debole dai servizi sociali e dai tribunali. Allora è più logico eliminare la fase della separazione e passare subito al divorzio, considerato che quando si arriva in tribunale l’amore di coppia è finito.

 

In una società moderna certi istituti (matrimonio, separazione e divorzio) devono rispondere alle esigenze dei cittadini che vivono in una determinata epoca, in un determinato contesto culturale e in una determinata società e non possono essere veicoli di prassi ed interessi di altri tempi storici. Lo Stato non può imporre inaccettabili lacci ai propri cittadini perché li ritiene incapaci a decidere e, soprattutto, incapaci a gestire la propria esistenza e quella dei propri figli. Lo Stato deve tutelare – non in modo ipocrita – i diritti dei minori e di ambedue i genitori, perseguendo quello che nega, di fatto, l’esistenza dell’altro.

 

Ridare dignità alla paternità vuol dire, in primo luogo, avere tribunali giusti che operano in modo trasparente secondo un Protocollo d’intesa vincolante per i giudici, per i Ctu, per i servizi sociali e per tutti coloro che sono chiamati a tutelare i minori e a garantire le pari opportunità genitoriali;  vuol dire combattere tutte le lobby che, invece, speculano sui minori e sui loro genitori; snellire le procedure che di fatto sono, purtroppo, funzionali a chi specula sulle separazioni, alimentando quella conflittualità che poi addebitano al genitore più debole; eliminare tutte le discriminazioni che vengono fatte per “tutelare” i minori e il genitore più debole mentre in verità sono proprio loro le vittime di un sistema perverso che tutela solo se stesso.

La festa del papà si celebra in occasione di una ricorrenza religiosa: quella di San Giuseppe che la Chiesa ha incominciato a venerare universalmente come padre a tutti gli effetti solo nel XV secolo. Nell’economia religiosa della famiglia, il padre, però, è tuttora considerato una figura di secondo piano e ciò spiega gli inquietanti silenzi della gerarchia ecclesiastica sugli abusi che i padri quotidianamente subiscono e con loro anche i propri figli che sono resi “orfani” di un genitore. Perché questi silenzi?

I papà separati possono festeggiare la loro paternità solo quando le istituzioni, nessuna esclusa, rispettano e fanno rispettare la Costituzione, il Codice civile e le sue applicazioni, le Convenzioni e Dichiarazioni internazionali sui Diritti del Fanciullo e quando la società tutela gli indifesi cittadini del domani.

Ai media si chiede di non inseguire i casi-limite di un diffuso disagio minorile e genitoriale per far scoop giornalistico ma di riservare ai minori spazi approfonditi per dibattere le problematiche legate alle coppie divise con figli, incuranti delle pressioni dei vari potentati.

 

* presidente dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori

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