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Come ha ragionato il GIP del Tribunale di Imperia in una vicenda che investe i Servizi sociali del comune di Bordighera

Il reato di abuso di ufficio

secondo il Gip di Imperia (o Gorizia?)

 

Avv. Gerardo Spira*

Il caso

In seguito a separazione di una coppia convivente (francese lei ed italiano lui), il giudice del tribunale  per i minorenni di Genova nel 2006 dispone l'affidamento condiviso, la collocazione della minore presso il padre, sottoponendo gli incontri madre-figlia alla supervisione dei servizi sociali del comune di residenza della minore.

Nel 2011, la figlia racconta alla madre e alle sue amiche di fatti che portano ad un procedimento penale contro il padre.

A seguito della denuncia, il tribunale di Genova sospende il diritto di visita della madre e dispone incontri protetti con frequenza quindicinale tra madre e figlia alla presenza di una educatrice

Il provvedimento del Giudice di Genova, ictu oculi appare subito carente della specificazione delle modalità degli incontri e dei luoghi.

Pur in assenza di  apposita normativa la giurisprudenza, sulla scorta dell'orientamento della scienza del settore, ha fissato  comunque nel tempo le linee generali di riferimento per tribunali e servizi sociali.

Gli incontri potetti vanno specificati con programmi previsti in appositi documenti partecipati ai soggetti interessati per il rispetto del principio del contraddittorio, con l'indicazione del luogo  neutro, idoneo allo scopo, per garantire la serenità delle frequentazioni e l'imparzialità nei confronti di entrambe le parti.

L'educatrice presente agli incontri deve possedere i requisiti specifici  previsti dalla legge e non trovarsi in condizioni di incompatibilità ambientale.

Di tutto ciò deve essere dato atto  in apposito verbale per la verifica di legittimità del procedimento  sia dalle parti che dal  Tribunale.

Gli incontri, nel caso in esame, secondo quanto riferito dalle assistenti sociali del Comune di Bordighera, confermato dal GIP  di Imperia in una prima fase avvengono in una saletta dei servizi del Comune, spazio destinato ed attrezzato ad ufficio e successivamente in uno spazio ricavato dalla divisione dello spogliatoio della polizia municipale.

Durante gli incontri si verificano fatti che incidono sulla serenità degli stessi, sulla imparzialità del comportamento dei servizi sociali che non danno seguito alle segnalazioni scritte dell’educatrice e  quindi sul buon andamento amministrativo dell'intera azione.

La madre, sottoposta al percorso protetto, rileva le irregolarità e  ne parla con il proprio legale di fiducia.

Questi esaminata la questione rileva gli estremi per una querela per abuso di ufficio nei confronti di più soggetti, intervenuti, tutti incaricati di funzioni pubbliche che avrebbero scientemente partecipato per danneggiare la madre e per violazione della privacy.

Il Pm  del Tribunale di Imperia apre  il fascicolo contro ignoti (nonostante fossero indicati i nomi dei protagonisti) per i reati denunciati.

Dopo poche settimane dalla presentazione della denuncia, il PM  conclude con la richiesta di archiviazione  contro ignoti per il reato di abuso, mentre per il reato di violazione della privacy era stata formulata la proposta di archiviazione nell'ambito di altro procedimento penale, subito contestata dalla querelante.

 

La querelante si oppone ad ambedue le richieste del PM indicando  le persone che per la condizione funzionale risultano tutte dipendenti del Comune.

 

Il GIP  di Imperia all'udienza del 30 luglio 2015 dispone  per l'archiviazione contro ignoti assumendo il  seguente ragionamento:

Entrambe le assistenti sociali del Comune, nella lunga e dettagliata relazione,  pur ammettendo che durante gli incontri sono emerse “ alcune criticità” ne minimizzavano la gravità relativamente ai problemi emersi.

Quanto all'abuso di ufficio riferito anche nella relazione dell'educatrice presente agli incontri, le assistenti sociali non avevano rilevato macroscopiche omissioni in ordine all'ultimo incontro.(e negli altri?) . .

Il GIP conclude che a suo avviso non sono ravvisabili gli estremi del reato ipotizzato, peraltro ascrivibile a persone diverse, in quanto la ricostruzione appare scarsamente attendibile sul piano logico.

Nel merito il Giudice affronta la discussione sul reato di abuso di ufficio, richiamandosi alla Cassazione in ordine  agli elementi che lo configurano e al dolo intenzionale.

Esclude la responsabilità delle assistenti sociali ritenendo che  tra la relazione delle sesse e quella dell'assistente partecipante agli incontri vi è una diversità di veduta professionale., non incidente penalmente.

Il GIP inoltre esclude il reato di omissione da parte delle assistenti comunali  per la mancata informativa al Sindaco e al comando dei vigili urbani, in quanto la Procura della repubblica può attivarsi di ufficio.( dunque anche se vi è reato le assistenti sociali ad avviso del GIP non hanno l'obbligo di denunciarlo)

Per tale ragione il GIP ritiene che viene meno il requisito oggettivo dell'abuso, quello della doppia ingiustizia, in quanto ingiusta deve essere la condotta ed ingiusto l'evento di vantaggio o di danno( sic).

Conferma infine tutta la linea sostenuta dal PM.

Esaminiamo invece le considerazioni  partendo dai fatti accaduti in un contesto storico  tutto favorevole solo ad una parte che vive ed opera in quella realtà.( la madre vive ad oltre 1000 chilometri lontana e per incontrare la figlia si sottopone ad un disagio disumano al limite di qualsiasi logica )

Orbene sia il P.M che il Gip hanno dato per scontata la correttezza e la regolarità delle modalità di svolgimento degli incontri e l'idoneità degli spazi, senza alcun richiamo normativo o riferimento scientifico di legittimità. Secondo il GIP  sarebbero stati regolari anche gli incontri svolti in una grotta o in un luogo senza alcuna certificazione di idoneità pubblica.

La giurisprudenza invece ritiene fondamentale questa fase, ove disposta e si sofferma costantemente  su due condizioni: il programma degli incontri con la prescrizione dei tempi, delle modalità e degli obiettivi; l'altra lo spazio neutro, individuato come il luogo certificato idoneo, in cui gli incontri debbono garantire la serenità dei partecipanti al fine di osservare il fondamentale principio previsto dalla Carta costituzionale della imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione(art 97).

Questo difetto vizia tutto il procedimento  e  porta la decisione finale  ad una conclusione errata.

Il Gip ha inoltre ritenuto  diversità professionali di vedute le relazioni contrastanti delle tre figure professionali.

Orbene, tenendo presente quanto specificato in ordine al programma  ed ai luoghi di incontro, riteniamo invece molto importanti i rilievi di criticità evidenziati dall'educatrice, in quanto essi pongono in discussione i luoghi in cui sono avvenuti gli incontri, la situazione di non serenità, lamentata dalla minore, che li conosce e sa che in questi vi operano persone di famiglia.

Appaiono dunque in modo macroscopico le omissioni e l'abuso, entrambi ridotti a condizione di non evidente alterazione.

Secondo il Gip, per le sue considerazioni espresse, viene meno l'elemento oggettivo del reato di abuso e quindi il requisito della doppia ingiustizia.

Non condividiamo la conclusione a cui è giunto il GIP, in quanto è macroscopicamente evidente che le modalità con le quali sono avvenuti gli incontri non hanno garantito la serenità e la libertà di movimento e di pensiero della minore.

La stessa infatti è stata fortemente condizionata dal luogo e dalle persone  amiche o parenti del padre.

Le assistenti sociali avrebbero dovuto impedire ciò e ancor prima il giudice del tribunale di Genova, disponente il provvedimento limitativo, avrebbe dovuto prescrivere condizioni e modalità a garanzia  del principio del buon andamento amministrativo, per la certezza del diritto  e la validità del decreto emanato.

Vero è che non appaiono norme di legge violate, tuttavia ai fini della configurabilità del reato di abuso di ufficio risulta violato il principio generale di imparzialità che incombe in capo a tutti coloro che ricoprono la qualifica di incaricati di  pubblico servizio.

In assenza di una norma che disciplina in maniera stringente tali percorsi, il Giudice poteva richiamarsi a tale principio generale che comunque è idoneo a costituire il presupposto per la configurabilità del reato di abuso di ufficio.

Secondo le nostre considerazioni. come argomentate sussiste anche la doppia ingiustizia, richiesta ai fini della configurabilità del reato dalla giurisprudenza di legittimità, derivante dalla lesione del principio generale di imparzialità e dal conseguente danno causato alla minore ed alla madre.

Decisione eclatante dunque, ancora più eclatante per gli effetti che certamente aggraveranno la già precaria condizione della madre, concorrendo a sfilacciare i rapporti tra lei e la figlia e allontanando  la possibilità di una composizione naturale tra le due.

Qualsiasi forzatura diversa e contraria è una violenza al diritto di famiglia e ai principi che impongono a tutti gli operatori, giudici compresi, di rimuovere condizioni ed ostacoli che portano alla disgregazione della società.

Non va sottovalutato l'effetto di questa decisione sulle  operatrici inquisite, le quali si sentiranno autorizzate  ad abusare nella interpretazione di pensieri e sentimenti, con il riservato intendimento  di incassare la vendetta.

A nostro avviso le operatrici sociali non possiedono più la condizione di compatibilità ambientale, dopo questa decisione e vanno ricusate .

 

* esperto della pubblica amministrazione e di diritto minorile - Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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Alleghiamo l’ordinanza emessa dal Gip di Imperia che, dopo un anno dal suo trasferimento nella procura ligure, ancora usa il file di Gorizia. Una svista? Se tanto da tanto, cosa ci si può aspettare da giudici così distratti? Di fatto l’ordinanza è stata predisposta dal tirocinante. Giusto?

Occorre premettere, per comprendere la vicenda, che questa madre è stata privata della figlia dal tribunale minorile di Genova perché aveva denunciato, su consiglio della questura di Imperia, il padre della minore che aveva raccontato ad essa e alle sue amiche e ad un psicologa francese certi inquietanti episodi: quali palpeggiamenti durante la doccia da parte del padre che l’obbligava a dormire sul suo letto e durante la notte le imponeva, nonostante il suo disgusto, la visione di film hard. La stessa psicologa, dopo incontri da sola con la bambina, aveva segnalato il tutto alla Procura della Repubblica di Nizza, avendo la minore la doppia cittadinanza.

Secondo un solerte PM del tribunale dei minori di Genova, la madre aveva fatto la denuncia solo per danneggiare il padre e condizionare i giudici genovesi. Accusa senza alcuna prova e senza il pur minimo riscontro giudiziario. Solo dopo 4 giorni dalla denuncia, il TM di Genova, come chiesto dal suo PM, ha aperto il procedimento per la sospensione della responsabilità genitoriale. Immediatamente venne sospeso il diritto di visita e furono predisposti incontri protetti quindicinali che iniziarono dopo oltre quattro mesi su disposizione dei Servizi sociali di Bordighera, incaricati di sorvegliare gli incontri stessi. Dopo poco tempo, gli incontri protetti vennero trasferiti presso i vigili urbani dove, fra l’altro, lavorano il cognato del padre e un familiare della responsabile dei servizi stessi.

La violazione della privacy, ben nota al Pm di Imperia – la quale archivia ogni volta le querele della madre sempre a lei affidate nonostante la presenza di oltre dodici pm - informata dalla stessa educatrice durante una Sit e sarebbe stato suo compito – e pure del giudice genovese a conoscenza dei inquietanti fatti - aprire un fascicolo su questi rilevanti episodi di ascolto delle conversazioni madre, figlia e educatrice. Di lì a pochi mesi ci sarebbe stato l’interrogatorio della minore presso la Procura di Imperia sui fatti riferiti e tutto ciò non può essere sottovalutato, tanto più considerato che la minore riferiva continuamente a madre ed educatrice, come da registrazioni depositate in procura, che il giorno dopo il padre la faceva piangere e la sgridava sempre per le cose (private della vita presso di lui) raccontate durante gli incontri protetti e che lui non doveva sapere.  Ma così non è avvenuto.

Ci si chiede se la denuncia materna non sia stato un atto dovuto per accertare la veridicità dei fatti? (ndr)

 

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