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Per garantire il diritto di difesa di tanti genitori separati


Un patrocinio gratuito a spese della Regione


Il patrocinio a spese dello Stato, cioè pagato con i soldi pubblici, nell’ambito delle separazioni, favorisce il proliferare di denunce fasulle contro il genitore estromesso dai figli ed obbligato a pagare per loro, anche in modo sproporzionato, l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie, quasi mai determinate caso per caso, come la legge vuole, ma vengono imposte al malcapitato genitore in base ad un arbitrario “protocollo d’intesa”, rigorosamente non vincolante, sottoscritto dai giudici e dagli avvocati locali.

Le denunce, quasi sistematicamente, vengono archiviate, eccetto quelle relative alle questioni economiche, dovute alle momentanee difficoltà occupazionali dell’obbligato, che, in alcuni tribunali, stranamente, non hanno alcuna rilevanza, nemmeno quando il genitore affidatario, circa il 94% dei casi, lavora a nero e percepisce contributi mensili pubblici e privati (leggasi Caritas e altro) per sé e per i figli. Purtroppo, il genitore collocatario ha quasi sempre una occupazione dichiarata e, pertanto, spetta a lui mantenere i figli dopo la fine della convivenza.

Il padre (cioè quel 94% dei genitori non collocatari) vive in uno stato di difficoltà economica – e, talvolta, di vera miseria – e non ha nemmeno la possibilità di difendersi dalle false accuse per mancanza di danaro. Non può accedere al patrocinio a spese dello Stato perché supera i limiti previsti dalla legge, a differenza della madre, che, invece, risulta disoccupata, nullatenente e senza un becco di quattrino anche quando, oltre agli assegni di mantenimento per i figli, può contare su un reddito mensile non dichiarato e finanziamenti che ammontano ad alcune migliaia di euro al mese. Nonostante tutto ciò e l’ostentato tenore di vita, che mal si addice a chi è senza soldi, la madre può contare su un c.d. gratuito patrocinio statale che le copre tutte le spese legali, anche per i procedimenti su querele per fatti mai avvenuti o per il ritardo nel versamento dell’assegno di mantenimento, a causa della momentanea disoccupazione.

La legge sul patrocinio a spese dello Stato è generica e, forse, volutamente vaga in merito alla certificazione dei redditi del richiedente, compresi quelli non dichiarati, proprio perché non si vuole dispiacere al legale che assiste la denunciante e perché non si vuole scoprire un mondo di illegalità a danno dell’erario pubblico, né, tantomeno e soprattutto, ha mai voluto prevedere meccanismi di controllo approfonditi, estremamente rapidi e preventivi sui redditi, prevedendo, magari, che l’ordine degli avvocati possa avere la riposta da parte dell’Agenzia delle Entrate e/o dalle altre istituzioni competenti nell’arco di qualche giorno soltanto da quando è stata interrogata. L’ordine degli avvocati ha il diritto di concedere l’ammissione a questo diritto alla difesa gratuita basandosi, senza alcun riscontro, sulle dichiarazioni del richiedente, avallate dal legale che lo assiste. Anche le false denunce, dunque, vengono protette e il malcapitato genitore che non riesce a vedere i figli, a versare per intero l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie, che onestamente dichiara i propri redditi, viene escluso da questo beneficio.

 

La Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate e la Corte dei Conti, il cui compito preminente sarebbe quello della tutela dei soldi pubblici e delle casse statali, anche quando esplicitamente denunciato l’abuso, tacciono, almeno stando a quanto ci è stato riferito. Mancanza di controllo, dunque, e mancata lotta (o rifiuto di atti di ufficio?) all’evasione fiscale finiscono per annientare il cittadino onesto, che non ha soldi per difendersi e per difendere i diritti negati a lui e ai suoi figli.

 

Anche questa è giustizia? No, quando accade, è solo ed esclusivamente malagiustizia.

I giudici, quando le cose non sono chiare e stando alle denunce dell’atro genitore, potrebbero sospendere o revocare l’ammissione al c.d. gratuito patrocinio, ma non viene fatto quasi mai, nemmeno quando mancano gli obbligati aggiornamenti annuali sui redditi percepiti nell’anno precedente dal beneficiario del patrocinio.

Anche questa è giustizia? No, è solo discriminatoria malagiustizia.

Molti legali, ma, per fortuna non tutti, consigliano al proprio cliente il ricorso al patrocinio statale, pur sapendo che l’assistito ha un lavoro non dichiarato e un tenore di vita, per sé e per i figli, che mal giustificano uno stato di reale bisogno economico.

Troppo spesso, chi ha realmente bisogno dell’apporto statale, per pagarsi le spese legali e difendersi da false accuse, non può accedere all’istituto del gratuito patrocinio, perché non sono detraibili dal proprio reddito il mantenimento dei figli e le spese legate allo stato di separato e/o non più convivente con i figli. Una ulteriore ingiustizia, dunque, all’interno di uno stato di ingiustizia tipico, per i padri e, talvolta, anche per le madri, nel mondo delle separazioni e dei divorzi.

L’ente pubblico locale, leggasi la Regione, nell’ambito della sua autonomia amministrativa, può disporre una somma del proprio bilancio per un proprio patrocinio legale per tutelare i minori e i loro genitori – costretti altrimenti a rinunciare a far valere i propri diritti - che dichiarano un lavoro retribuito, a differenza della controparte, e che non possono detrarre i costi conseguenziali dell’affido dei figli e della fine della convivenza. Elevando l’importo reddituale limite per l’accesso al servizio si permetterebbe a tante persone di potersi difendere da accuse che quasi sempre vengono archiviate e che nessuno, però, fa pagare a chi ha provocato l’inutile lavoro alla magistratura. I mezzi per perseguitare questi “abusivi” della legalità ci sono, ma, come quasi sempre accade, manca la volontà di procedere nei loro confronti.

Ai consiglieri e alla giunta regionale chiediamo che venga disposto un cospicuo fondo annuale per il “patrocinio a spese della Regione”, vincolato a parametri ben determinati e, soprattutto, a dichiarazioni di redditi veritiere, perseguitando la vergognosa pratica dell’evasione fiscale. Soldi che potrebbero essere distolti dagli incontrollati e discrezionali finanziamenti dispensati, senza alcun controllo, dai servizi sociali e si potrebbe creare un registro dei finanziamenti, evitando così che le stesse persone possano usufruire in modo indiscriminato di finanziamenti pubblici, elargiti da organi diversi ma dello stesso ente.

Si farebbe un favore ai minori, al genitore più debole e alla giustizia stessa. Anche questo rientra nei doveri istituzionali dell’ente regionale, che, erroneamente, si confonde con i finanziamenti dati a pioggia e senza alcun riscontro amministrativo nè fiscale sulla semplice dichiarazione delle assistenti sociali e/o degli altri funzionari pubblici competenti a concedere eventuali agevolazioni e/o bonus.

 

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