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Giù le mani dall’assegno unico universale
avv. Francesco Valentini*
L’assegno unico e universale, che ha sostituito il vecchio assegno familiare per i figli, è un sostegno economico fondamentale, indispensabile, per milioni di genitori con figli a carico: nel 2024 hanno usufruito dell’assegno unico 6,3 milioni di nuclei familiari e sono stati assegnati 19,8 miliardi di euro, mediamente pari ad €. 172,00 al mese per figlio e l’importo è conseguenziale all’Isee, all’età dei figli, alla presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (Dsu). Se i genitori non sono più conviventi, l’importo mensile sarà versato direttamente al singolo genitore nella misura del 50%. L’aggiornamento degli importi sarà fatto direttamente dall’Inps per chi lo ha già percepito in passato, ma solo dietro presentazione dell’Isee aggiornato.
Dal mese di febbraio c’è stato un irrisorio (pochi centesimi) incremento dello 0,8%, rispetto alle somme erogate nel 2024, a seguito delle variazioni dell’indice Istat e i nuovi importi passeranno da €. 57,20 a € 57,50 (aumento di 30 centesimi al mese), per gli Isee superiori 45.939,56, mentre, per gli Isee inferiori ad €. 17.227,33, l’incremento sarà di sole €. 1,60 al mese, passando da €. 199,40 ad €. 201,00, cioè l’equivalente di un litro di latte al mese!
Le novità 2025, però, per il resto, sono significative, perché ci sarà un aumento del 50% dell’a.u.u. per i figli che hanno un’età inferiore all’anno e per quelli di età compresa tra uno e tre anni per le famiglie con tre figli, che, per i nuclei familiari di sei persone (4 figli ed i due genitori), diventeranno un fisso mensile di €. 150,00. Il genitore che non presenta l’Isee o lo fa in ritardo, dopo il 28 febbraio, percepirà l’importo minimo, e potrà recuperare gli arretrati se presenterà, entro il 30 giugno, l’Isee e il Dsu, pena la perdita degli importi non percepiti.

I figli maggiorenni e fino al compimento del 21° anno di età, possono accedere all’assegno unico (il cui importo, però, sarà ridotto), purché frequentino un corso di formazione scolastica, professionale o universitario; svolgano un tirocinio o un'attività lavorativa con reddito inferiore a 8.000 euro annui; siano registrati come disoccupati in cerca di lavoro; partecipino al Servizio Civile Universale. Per i figli disabili, l’assegno verrà versato per sempre e senza i limiti d’età fino ad €. 120,60 mensili in più. Le madri under 21, riceveranno un bonus aggiuntivo di euro 30,00 al mese per figlio; il genitore unico riceverà una maggiorazione fino ad €. 30,00 al mese; il secondo percettore di reddito avrà un bonus fino ad €. 34,40 al mese.
Questi importi aggiuntivi si sommano all’assegno di base e vengono codificati in base all’età del figlio ultra diciottenne e all’ammontare dell’Isee. L'assegno unico e universale spetta fin dal settimo mese di gravidanza e può essere richiesto entro 120 giorni dalla nascita del figlio. Con la prima erogazione mensile verranno versati, automaticamente dall’Inps, gli arretrati fino al settimo mese di gravidanza.
La domanda può essere presentata da uno o ambedue i genitori, purchè esercitino la responsabilità genitoriale. I figli maggiorenni, in sostituzione dei loro genitori, possono presentare la domanda di assegno, richiedendone la corresponsione diretta della somma di loro pertinenza.
In presenza di affidamento esclusivo, se non si riuscirà a raggiungere un accordo, l'assegno spetta al genitore affidatario. Nel caso di nomina di un tutore o di un affidatario (legge 4 maggio 1983, n. 184), l'assegno è riconosciuto nell'interesse esclusivo del tutelato o del minore in affido familiare. L’assegno è riconosciuto entro 60 giorni dalla domanda. Nel caso di domande presentate entro il 30 giugno dell'anno in corso, l'assegno è riconosciuto a decorrere dal mese di marzo del medesimo anno.
Il giudice, nei procedimenti di affido dei figli minori e/o non ancora autosufficienti, non può stravolgere le finalità e la percentuale del 50% di spettanza ad ogni singolo genitore non più convivente a cui l’Inps deve versare direttamente la somma di sua spettanza. In presenza di affido congiunto dei figli, con troppa facilità, si concede al genitore collocatario prevalente dei figli, il 100% dell’assegno unico, che, invece, come prevede la legge, spetta direttamente ad ambedue i genitori, a meno che il non collocatario stabilisca di cedere la propria quota all’altro genitore. In questo caso, però, il magistrato, nel determinare l’assegno di mantenimento per i figli, non può non tener conto delle somme extra percepite dal collocatario, riscuotendo l’intero assegno unico.
Il giudice non può ignorare che ogni genitore, in base all’art. 30 della Costituzione e alle leggi vigenti, ha il dovere di mantenere ed educare i figli e, di conseguenza, anche il genitore affidatario e collocatario deve mettere a disposizione dei figli conviventi un importo pari a quello dell’altro genitore per ridurre l’entità dell’assegno stesso (oggi previsto, quasi sempre, solo per il padre estromesso dai figli), che, spesso, riduce il non collocatario in uno stato di umiliante miseria.
Gli avvocati, spesso, sono quelli che lasciano il 100% dell’assegno unico al genitore collocatario, senza minimamente preoccuparsi che la legge prevede altro e senza controllare che la somma di pertinenza del genitore non collocatario sia detratta dall’assegno di mantenimento, soprattutto in presenza anche dell’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario dei figli. Il procuratore non informa in modo chiaro ed esauriente l’assistito sulle finalità dell’assegno unico e gli consiglia di dare il consenso per la riscossione da parte dell’altro genitore, che già è beneficiario del suo assegno di mantenimento dei figli.
Con la istituzione dell’assegno unico e universale, sono venute meno anche le detrazioni per familiari a carico, che comportano una diminuzione del reddito mensile del non collocatario, il quale, spesso, è l’unico a farne le spese, visto che, in molti casi, solo lui lavora e paga le tasse.
Ogni genitore separato non collocatario, che continua ad essere quasi sempre il padre, si deve opporre energicamente alla cessione della sua quota, pari al 50%, dell’A.U.U., poichè è già penalizzato dalla decurtazione dello stipendio a causa della impossibilità di detrarre in busta paga (alcune centinaia di euro al mese) il mantenimento versato.
E’ questione di giustizia e di rispetto dei diritti del genitore non più convivente, che vengono ancor prima delle esose parcelle, che, comunque, dovrebbero essere corrispondenti alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto dal professionista.
* avv. Francesco Valentini, tel. +39 347 1155230 –
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