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La Giustizia responsabile
delle discriminazioni sui minori
La Giustizia, così come opera, non è affatto rassicurante per i cittadini che hanno a cuore il futuro dei propri figli e, purtroppo, devono rassegnarsi ad un modus operandi che in nome dei minori penalizza proprio quelle persone che dovrebbe tutelare. La discriminazione è la conseguenza di una cultura che non vuole e/o teme i movimenti che, in nome di una arrogante superiorità di genere (matriarcato), finiscono per sacrificare i minori, togliendo la insostituibile presenza del padre, con
la complicità di un servizio sociale spesso impreparato e quasi sempre incontrollato dai dirigenti.
La Giustizia, così, si rende responsabile di provvedimenti che non hanno nulla a che vedere con il superiore interessi dei minori, di cui i giudici, a parole, si fanno paladini. La situazione sociale giovanile, anche nella Valle, rivela che la mancata presenza paritaria dei genitori nello loro crescita operata dai giudici che amministrano separazioni, divorzi e affidi con troppa leggerezza e, spesso però, alcuni anche con scarsa conoscenza della legge stessa. Non è più tollerabile la giustificazione, quasi sempre non disinteressata, che le sentenze non si criticano ma si accettano. No, perché la cronaca ci dice che la giustizia molte volte è ingiusta e che la sua applicazione provoca tante sentenze di condanna su cittadini innocenti.
La Giustizia, poi, nell’affido dei figli, troppo spesso è succube delle “politiche” lobbistiche che condizionano i servizi sociali e creano pseudo-strutture per speculare sul disagio dei cittadini e, soprattutto, dei minori che finiscono per divenire schiavi della droga e della violenza. Tutto il mondo, sociale e minorile, deve essere ricondotto entro la legalità, partendo proprio dalle istituzioni la cui applicazione della legge è solo formale e sempre identica al passato che finisce per estraniare un genitore dai propri figli. Non si deve avere paura di alzare la testa ed obbligare le istituzioni ad operare nel rispetto della legge e della dignità di ambedue i genitori. Quando ciò non avviene, si deve denunciare la malagiustizia o meglio la giustizia ingiusta che contribuisce ad alimentare la conflittualità tra i genitori non più conviventi, la proliferazione incontrollata di baby-gang e incrementa le devianze giovanili (droga ed alcol).
C’è da chiedersi se tutto ciò può avere precise responsabilità in chi amministra, direttamente o a latere, l’affido dei minori con l’estromissione – fatto ormai accertato – di un genitore, quasi sempre il padre (94%), relegandolo all’umiliante ruolo del bancomat senza alcun diritto a sapere come vengono spesi gli assegni di mantenimento e le spese straordinarie (al 50%, ma non sempre) da lui mensilmente versati. Se chiede la rendicontazione, rischia di essere ulteriormente penalizzato. Il problema, nell’affido dei minori, non è la cultura patriarcale ma lo strapotere senza remore del
matriarcato che, dopo l’entrata in vigore del divorzio, è divenuto sempre più arrogante e invadente.
Un problema è, come i fatti quotidianamente confermano e nonostante le proteste (senza voce) del genitore estromesso dai propri figli, è la convivenza delle forze politiche con le lobby che gravitano attorno alle Asl, ai servizi sociali e che presiedono alla distribuzione clientelare delle ingenti somme di danaro pubblico. Anche l’assessorato alle Politiche sociali valdostano sembra essere allineato a questa mala giustizia e non ha il coraggio di imporre alla lobby degli assistenti sociali una ferrea regolamentazione della loro attività e garantire una seria e documentata audizione dei minori, predisponendo strutture collocate in Aosta, ma anche al nord e nella bassa valle. Trasparenza, registro di tutti i sussidi elargiti e delle agevolazioni di cui beneficiano (compresa l’edilizia popolare), purtroppo, quasi sempre le stesse persone. I genitori devono avere accesso al fascicolo che riguardano loro e i loro figli e devono poter disporre, loro e/o i propri legali, della videoregistrazione degli incontri del servizio sociali con i minori e con i loro genitori. Tutto ciò limiterebbe il ricorso al Tribunale per le controversie alimentate dalla mancata trasparenza e dal mancato contraddittorio.
La Regione deve fare chiarezza sul ruolo di alcuni suoi dipendenti che gestiscono il supporto alle persone non autosufficienti escludendo, così, i liberi professionisti. I curatori speciali dei minori spesso sono solo un costo per le casse pubbliche e sono un supporto non del minore ma del genitore collocatario/affidatario. L’elenco dei curatori speciali dovrebbe essere continuamente aggiornato, togliendo quelli che, dopo verifica, risultano scarsamente idonei e che, di fatto, non tutelano i minori e che di speciale, in alcuni casi, c’è solo la parcella che lo Stato, poi, deve pagare. Il Tribunale, inoltre, dovrebbe rinnovare in tempo reale l’elenco dei consulenti d’ufficio, controllando direttamente la loro attività e la loro capacità a svolgere la consulenza tecnica in modo esaustivo.
Il giudice, inoltre, deve smettere di dare incarichi ai servizi sociali, permettendo loro di sostituirsi a lui e predisporre, indebitamente, la gestione degli incontri tra i genitori e i loro figli. Infine è superfluo ricordare che il mantenimento dei figli è un dovere per il padre e per la madre (mai predisposto nei confronti di quest’ultima), tenendo presente che la compartecipazione economica concreta di ambedue i genitori, abbasserebbe – e di molto – l’entità dell’assegno di mantenimento del genitore estromesso dalla vita dei figli, frequentemente ridotto in miseria.
Le discriminazioni sui genitori ricadono sui minori che si vedono privati della reale bigenitorialità e che subiscono in modo negativo la mancata qualificata presenza paterna.
Si dimentica, così, che si è papà tutti i giorni e nella quotidianità dei figli.