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Cassazione civile, ordinanza n. 14358/2025
Nuova convivenza ed assegno alla moglie
Non c’è pace e unanimità tra le varie sezioni della Cassazione sul mantenimento dell’ex-moglie ed ora si torna a specificare (1a sez.) che nemmeno la nuova convivenza stabile da parte dell’ex-coniuge fa cessare completamente il diritto all’assegno di mantenimento, ma occorre, caso per caso, una valutazione complessiva del giudice sulla situazione economica delle parti e sul ruolo avuto da ciascun coniuge durante il matrimonio (Cassazione, ordinanza n. 14358 del 31.05.2025), potendo essere giustificata l’erogazione dell’assegno divorzile anche dopo la nuova unione di fatto. La Suprema Corte ha ribadito che la formazione di un nuovo legame affettivo e stabile non
comporta, in modo automatico, la revoca dell'assegno divorzile e che il coniuge felicemente convivente può avanzare pretese economiche all’ex coniuge anche quando la relazione affettiva è consolidata e, di fatto, autonoma.
Ma non è così. Il primo amore ti condiziona anche la vita futura. L’importante è pagare, sempre, anche quando i redditi dichiarati potrebbero essere falsi, perché parte del lavoro viene fatto a nero e perché la convivenza, di fatto stabile, chiude definitivamente il rapporto antecedente il divorzio, purchè non sia palese l’apporto economico alla famiglia da parte del richiedente o beneficiario dell’assegno di separazione e/o divorzile.
Potrebbero restare, così, pretese economiche con l’assegno divorzile, che garantisce al beneficiario il diritto (in percentuale) al TFR e alla pensione dell’ex coniuge, anche quando questi è stato una vittima del ménage familiare. Alcune sezioni della Cassazione, però, sembrano ignorare tutto ciò, perché, per loro, l’importante è non deludere i desiderata del coniuge che si è rifatto una vita, quasi sempre la moglie. E’ la vecchia storia del coniuge intoccabile anche quando i fatti mettono in evidenza ben diverse realtà e tante omertà sui redditi reali del richiedente l’assegno per sé e per i figli, la cui entità, non valutata caso per caso, riduce in miseria il genitore obbligato, spesso anche proprietario o solo comproprietario, della casa coniugale, su cui continua a pagare il mutuo, assegnata alla ex moglie, collocataria prevalente dei figli.
Se poi la casa, che dovrebbe servire ai figli, è affollata da presenze terze, cioè dai compagni del genitore collocatario, l’altro genitore, nonché proprietario o comproprietario dell’abitazione, non può dire nulla, perché la signora (essendo il 94% delle collocazioni prevalenti di esclusiva pertinenza della genitrice) ha diritti inalienabili e può fare della casa coniugale a lei assegnata quello che vuole, compresa la convivenza con un altro uomo, e l’ex deve solo e sempre pagare, senza alcun diritto genitoriale e, per lui, senza nessun diritto economico.
La Cassazione era stata attivata da una sig.ra che si era visto negato, dalla Corte d’Appello, il diritto all’assegno divorzile, perché aveva una relazione stabile con un altro uomo. La Cassazione ha ribadito che la convivenza non esclude automaticamente la sospensione dell'assegno divorzile, la cui decisione è a discrezione del giudice, il quale deve valutare se permangono ancora i presupposti per l'erogazione dell'assegno, nella sua funzione compensativa e perequativa, in base alla durata del matrimonio precedente, il contributo offerto dal coniuge economicamente più debole alla vita familiare, l’eventuale sacrificio delle proprie aspettative professionali, la reale situazione economica derivante dalla nuova convivenza, la rinuncia alla propria autonomia economica per dedicarsi alla famiglia.
La nuova convivenza deve dimostrare una nuova autosufficienza economica effettiva, che permette alla beneficiaria dell’assegno divorzile un tenore di vita paragonabile a quello goduto in precedenza, altrimenti l’effetto perequativo non viene meno e l’assegno divorzile resta, anche se con una nuova determinazione degli importi.