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La coordinazione genitoriale non è praticabile
Considerazioni in risposta all’intervista dell’avv. Alessia Arcangeli, rilasciata al giornalista Umberto Maiorca di “Perugiatoday”, del 5 c.m., con il titolo: “Famiglie in conflitto: come la coordinazione genitoriale può fare la differenza”, formulate dall’avv. Francesco Valentini del direttivo “Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori aps”. Il coordinatore genitoriali è un espediente per non affrontare le vere ragioni della conflittualità genitoriali.
L’art. 473-bis.26 c.p.c. prevede che, su istanza congiunta delle parti, si possa nominare, in base all’art. 68 c.p.c., uno o più “ausiliari”, scelti tra gli iscritti all'albo dei c.t.u., o al di fuori dell'albo, se vi è accordo tra i due genitori, “per intervenire sul nucleo familiare al fine di superare i conflitti tra le parti, fornire ausilio per i minori e agevolare la ripresa o il miglioramento delle relazioni tra
genitori e figli”.
Sulla carta tutto buono e tutto bello, ma, nella realtà, le cose sono ben diverse, lo sappiamo tutti, poiché le controversie nell’affido dei minori alla fine della convivenza si risolvono quando c’è una profonda e monitorata competenza dei c.d. tecnici o “ausiliari”, che non è garantita dalla sola iscrizione ai tanti “pilotati” album a disposizione del tribunale: nomi che gravitano sì attorno al tribunale, ma non sempre eccellenti per documentata carenza di esperienza sulle problematiche genitoriali e su quelle minorili, talvolta anche privi delle più elementari competenze professionali certificate.
La coordinazione genitoriale, tanto conclamata dalla legale intervistata, non serve a nulla per i seguenti motivi.
- Di fatto, viene imposta (più che suggerita) dal giudice, facendo intendere ai genitori (di fatto, rivolgendosi sempre al padre) che, se non si accordano o frequentano altri “inutili” corsi di mediazione familiare, le sue decisioni ne terranno conto. Il genitore non collocatario vede nei consigli non equi del giudice una minaccia per sé e per i propri figli, sostenuta dai servizi sociali, sempre presenti e quasi sempre incompetenti a trattare materie profondamente importanti, che, una cosa è certa, non tutelano il diritto della bi-genitorialità ai figli e il diritto alla co-genitorialità per i genitori.
- Perché, se il giudice non revoca i provvedimenti (o, in alternativa, parti di essi) di affido fortemente sbilanciati verso la madre (la quale, di conseguenza, non ha alcun interesse a rinunciare a questa sua posizione di privilegio), che sono la causa della stragrande maggioranza dei confitti genitoriali e familiari, anche perché sono ingiusti e contrari sia alla bigenitorialità che alla cogenitorialità, spesso mettono il genitore non collocatario (parliamo, in Umbria, del 94% dei genitori non più conviventi, i cui figli sono collocati, in modalità prevalente, molto spesso presso la madre) in uno stato di inferiorità rispetto al collocatario,
riducendolo economicamente in uno stato di miseria e gli rendono impossibile sostenere la pur minima spesa legale per tutelare sé e i propri figli. Per l’attuale formulazione dei presupposti per accedere al patrocinio a spese dello Stato, il padre non dovrebbe lavorare, altrimenti supera i minimi e viene estromesso da un diritto riservato a chi lavora a nero o, per propria scelta, non contribuisce al mantenimento dei figli.
- Occorre, pertanto, che il giudice disponga un affido paritario dei figli, rispettoso sia dei diritti dei minori che di quelli di ambedue i genitori, causa principale della conflittualità, e che, prima di determinare l’entità dell’assegno di mantenimento per la prole (c.d. provvedimenti provvisori ed immediati, ma che, di fatto, durano sempre molti anni, fino alla sentenza) e la turnazione dei genitori con i figli, tenga conto dei redditi reali (compresi quelli occulti e/o le entrate che non fanno reddito) di ciascun genitore e disponga che anche il genitore collocatario debba versare l’assegno di mantenimento dei figli, oggi gravante sul solo sull’altro genitore, predisponendo una approfondita indagine, così come la Riforma Cartabia prevede, per stanare i furbetti, che, al contrario, ne approfittano per avere più contributi
possibili e far tesoro della collocazione prevalente. E’ determinante sapere quanto tempo, di fatto, il genitore collocatario può destinare ai figli e quanto tempo resta fuori casa, soprattutto se le sue assenze sono prevalenti durante le ore notturne, e conoscere, in caso di affido prevalente, le disponibilità del non collocatario a tenere i figli.
- Diventa indispensabile regolamentare l’attività dei servizi sociali, che, troppo spesso, invece di riferire al giudice la situazione dei minori e dei loro genitori, finiscono per imporre le loro determinazioni, mistificando la realtà dei fatti e non informando il giudice sui diritti negati al padre. I servizi sociali debbono essere coinvolti nell’affido dei minori solo per fornire le informazioni necessarie al giudice, ma non per decidere in sua sostituzione. I servizi sociali non hanno le capacità per decidere sui minori e tantomeno la discrezione di formulare ipotesi di collocamento (nemmeno quando sono chieste dal giudice, che non può chiedere loro ciò) e, assai spesso, invadono il campo legale non per garantire il superiore bene dei figli, ma per assecondare la folta schiera dei lobbysti che gravitano verso questo ricco mondo. Da qui la drastica decisione di escludere i servizi sociali dall’affido dei figli e/o relegarli al loro ruolo di informare il giudice, con ampie garanzie di trasparenza per ambedue i genitori. La loro attività deve essere necessariamente regolamentata dall’ente locale che li paga. E se non c’è un regolamento, il giudice, nel dare loro l’incarico, deve prevedere tutte le necessarie
garanzie per tutelare i minori ed ambedue i genitori, predisponendo finalità, tempi e garanzie di trasparenza ed accesso agli atti da parte di ambedue i genitori, imponendo all’ente locale di rendere accessibili i contributi, le agevolazioni (comprese quelle per l’accesso all’edilizia popolare) che la collocataria percepisce per i figli, mentre ora il padre non può chiedere informazioni sui finanziamenti percepiti dalla madre per i figli in nome della privacy. Un assurdo.
- Le spese straordinarie sono regolamentate da protocolli tra giudici e avvocati locali, con annessi associazioni di contorno, che prevedono (stravolgendo la vera natura delle spese straordinarie) spese straordinarie che non necessitano del consenso preventivo di ambedue i genitori, dimenticando che proprio quelle spese devono essere fatte con specifici preventivi, vista la variabilità dei loro costi e la possibilità di manipolazione da parte del collocatario. Inoltre, ci sono ancora giudici che continuano a sostenere che i minori devono avere lo stesso tenore di vita di quando i genitori convivevano, ignorando la lapalissiana verità che, venendo meno la convivenza dei genitori, le famiglie sono due e non più una, mentre a pagare è sempre solo un genitore. Ciò comporta che ogni spesa straordinaria deve essere autorizzata di volta in volta dal genitore obbligato per iscritto ed in maniera tracciabile. I protocolli sono, quando non settari, indicativi, ma non impositivi, perché le leggi vengono fatte dal Parlamento, ma non dai giudici (a cui compete applicarle) nè dagli avvocati (pagati dall’assistito per la difesa in tribunale, ma non per sostituirli nella redazione dei protocolli), con la ingiustificata esclusione dei genitori, gli unici autorizzati a parlare dei propri figli.
- Le contestazioni del genitore non collocatario sulle inadempienze dell’altro genitore non possono essere ignorate dal giudice, che, al contrario, deve verificarle seriamente e archiviarle, eventualmente, per giusta causa, ma non per discriminazione di genere.

I motivi che rendono inutile il ricorso al coordinatore genitoriale sono tanti, ne abbiamo elencati solo alcuni, e, se non si rimuove una ingiusta e discriminatoria prassi di emarginazione del genitore non collocatario, obbligato, spesso, a versare pesanti e ingiustificati assegni di mantenimento per i figli, il drammatico problema della conflittualità genitoriale non verrà risolto, tanto più se si ricorre, continuamente, ad ambigue figure intermedie, spesso senza il monitoraggio delle effettive competenze.
L’invocata coordinazione genitoriale, che l’avv. Arcangeli la esalta come un toccasana nelle controversie genitoriali, in realtà è anch’essa, come la collocazione prevalente dei figli e il protocollo per le spese straordinarie, una strategica invenzione del mondo forense, in sintonia con la magistratura, che, ancora una volta, vuole scaricare le proprie decisioni sugli ausiliari. Poi, da chi sono pagati questi ausiliari?
Riprendiamo in mano il codice civile e quello di procedura civile e penale per decidere in modo obiettivo, nel totale rispetto del superiore interesse dei minori, della bigenitorialità, della cogenitorialità, uscendo dal pericoloso e fazioso mondo della discrezionalità, riportando l’affido nella sua sede, il tribunale, togliendo di mezzo i troppi intermediari, animati da un riscontro economico che gravita sul genitore non collocatario e sui cittadini tutti. La Riforma Cartabia, come sottolineato anche dall’intervistata, non prevede l’istituto della coordinazione genitoriale, ma la nomina di ausiliari che dovrebbero aiutare i giudici, senza sostituirli, a risolvere certi conflitti genitoriali. Puntare su queste figure sarebbe un altro modo per non affrontare la questione della giusta separazione e il giusto affido dei figli, così come sta avvenendo anche con la nomina dei curatori speciali, che, quasi sempre, seguono le direttive degli assistenti sociali, dimenticandosi dei minori per i quali sono pagati.
La vera risoluzione del problema della conflittualità genitoriale spetta solo al giudice, che deve, autonomamente e in base alla legge, disporre tutte le modalità di affido dei figli, prediligendo solo la legge, tutta orientata, nella stragrande maggioranza dei casi, all’affido congiunto paritario, che, costituisce l’unica vera risposta alla latente conflittualità genitoriale, alimentata dai comportamenti decisionali delle istituzioni. Ripartiamo dalla giustizia giusta nelle operazioni di affido, basandosi su fatti oggettivi, ma non sulle suggestioni fantasiose di tanti attori.
La differenza la fanno non queste figure professionali ma l’applicazione senza eccezioni della legge sull’affido dei minori.
Avv. Francesco Valentini
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