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LA CONVIVENZA ANCORA CONDIZIONA IL DIVORZIO!! PDF Stampa E-mail
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Giovedì 14 Luglio 2022 15:59

LA CONVIVENZA ANCORA CONDIZIONA

IL DIVORZIO!!


Avv. Gerardo Spira*

Quando, finalmente, la coppia è riuscita a raggiungere la meta del divorzio, dopo anni di difficili conflitti personali, distruzione di risorse patrimoniali e familiari e dopo un grande respiro di liberazione, emergono dalle ceneri del camino della convivenza, tizzoni ancora ardenti sui quali la donna divorziata soffia per trarne giovamento fino all’ultima cenere.

L’associazione ha sempre sostenuto e tutt’ora che le maggiori responsabilità nelle questioni dei divorzi e separazioni derivano dalle lungaggini dei tempi dei procedimenti e dalle decisioni contrastanti che riempiono i libri della giurisprudenza, da nord a sud del Paese. Diversità di pensiero e di comportamenti che non trasportano il cittadino verso la fiducia nella Giustizia, e neppure verso le istituzioni di supporto coinvolte nei processi e procedimenti che riguardano la famiglia. Diritti e doveri sono diversamente applicati e interpretati, in una visione che mortifica i principi costituzionali e il mondo del diritto. Eppure i giurisperiti, studiosi selezionati per cercare la VERITA’° nelle questioni, non riescono a stare al passo con l’evoluzione della società che si muove sempre più verso il maggiore riconoscimento del valore dell’uomo, la parificazione delle condizioni di vita e di opportunità dell’uno e dell’altro genere. Principio questo che, anche per insistenza della donna, è divenuto un corollario costante, sempre presente nelle questioni sociali, coniugali e familiari.

Ultimo aggiornamento Giovedì 14 Luglio 2022 16:01
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nuove precisazioni della Cassazione PDF Stampa E-mail
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Lunedì 11 Luglio 2022 18:16

nuove precisazioni della Cassazione


Patrocinio a spese dello Stato


Avv. Francesco Valentini*

Il patrocinio a spese dello Stato (art. 76 e ss. del Dpr n. 115/2002) è concesso ai cittadini che si trovano in difficoltà economica e che non sarebbero in grado di sostenere le spese processuali (la parcella dell’avvocato, il contributo unificato, la Ctu e fino alle spese di notifica) per procedimenti civili (separazioni consensuali, divorzi congiunti etc.), amministrativi, penali, tributari, procedure di volontaria giurisdizione, contabili, per la mediazione civile obbligatoria. Il reddito annuo lordo dell’intero nucleo familiare non deve superare €. 11.746,68 per i processi civili, mentre per quelli penali l’importo viene elevato di €. 1.032,91 euro per ogni familiare a carico e convivente (D.M. 30 luglio 2020, pubblicato in G.U. n. 24 del 30.1.2021).

Vanno presi in cinsiderazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) effettivamente percepiti o posseduti dal richiedente e dai membri del suo nucleo familiare, anche se non sottoposti a tassazione, compresi, dunque, i redditi esenti dall’Irpef, quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva, come i redditi da lavoro dipendente, l’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge, le pensioni estere, le rendite Inail, l’indennità di accompagnamento, il reddito di cittadinanza, e tutte le risorse economiche percepite dal nucleo familiare, che, però, non costituiscono reddito e, di conseguenza, non vengono riportate nelle dichiarazioni annuali o i contributi pubblici il cui bando prevede che facciano reddito (Cass., ordinanza del 30 settembre 2019 n. 24378).

Quando il procedimento giudiziario riguarda i diritti della persona e gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri membri del nucleo familiare con lui conviventi, si tiene conto esclusivamente del suo reddito.

Hanno diritto al patrocinio a spese dello Stato tutti i soggetti residenti in Italia e non residenti il cui reddito è prodotto nel nostro Stato, le persone fisiche con partita Iva (liberi professionisti e imprenditori), i soci di società di persone o capitali, i cittadini comunitari e gli  extracomunitari con permesso di soggiorno.

Sono ammessi al gratuito patrocinio, se il loro reddito eccede la soglia stabilita, le vittime di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.), violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.), riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. art. 600 bis c.p.), pornografia minorile (art. 600 ter c.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600 quinquies c.p.), tratta di persone (art. 601 c.p.), acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.), adescamento di minorenni (art. 609 undecies c.p.).

Sono esclusi dal cd. gratuito patrocinio i reati di evasione fiscale, di associazione mafiosa, di contrabbando di stuppefacenti. Non sono ammessi due difensori, eccetto che per le multe stradali. Sono esclusi dal patrocinio statale i procedimenti inerenti crediti e diritti di altri soggetti e le persone già condannate con sentenza passata in giudicato.

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Corte d’appello di Perugia PDF Stampa E-mail
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Lunedì 11 Luglio 2022 18:07

Corte d’appello di Perugia


L’assegno di mantenimento del figlio

decorre, sempre, dalla richiesta di affido


La Corte d’Appello di Perugia ha condannato un padre a versare alla madre l’assegno di mantenimento (€. 400 al mese) del figlio - collocato, nell’udienza presidenziale, provvisoriamente presso di lei - a partire della data di presentazione della sua istanza di affido, indipendentemente dal fatto che il figlio, di età prescolare, è stato pochi mesi dopo collocato presso il padre, stabilendo che la madre versi al padre, non 400 euro al mese, ma solo 150. La madre pretende subito gli arretrati dalla data di presentazione dell’istanza, ma il padre ricorre al Giudice di Pace, il quale dà ragione al padre, poiché il mantenimento decorre dalla data in cui il giudice stabilisce la collocazione del minore. La madre, a questo punto, ricorre alla Corte d’Appello di Perugia, che, al contrario, obbliga il padre a versare l’assegno di mantenimento fin dalla data di presentazione della istanza di affido. (Corriere dell’Umbria 7.7.2022, “Perugia, il tribunale interviene sull'assegno di mantenimento del figlio: da versare anche prima della sentenza").

La sentenza merita alcune considerazioni.

Il mantenimento del figlio, fin dalla presentazione della domanda di affido, è giusto se la fine della convivenza della coppia è stata condivisa dai genitori ed è avvenuta dopo la pronuncia nell’udienza presidenziale e se la somma stabilita, in quella circostanza, rispetta i redditi effettivi dei genitori, anche quelli non dichiarati, e il tribunale ha accertato la veridicità delle dichiarazioni, perché, altrimenti, si commette una ingiustizia verso il genitore obbligato. E’ ovvio che, se la madre si allontana dalla casa familiare col figlio per scelte proprie e non oggettive, il giudice che stabilisce l’entità dell’assegno di mantenimento non può esimersi dal non considerare la circostanza.

Purtroppo, sovente non avviene così sia nel tribunale ordinario che nella Corte d’appello, sez. minorile, anche a Perugia, e il genitore non collocatario è vittima di una discriminazione culturale (ed economica) e/o della predominante e arrogante ideologia di genere sulla gestione dei figli. Non si può imporre al padre di versare una somma come assegno di mantenimento fin dalla richiesta di affido, senza che la stessa sia stata determinata con precise garanzie di equità. Quanto affermato trova conferma nel fatto che il figlio, nei mesi successivi, è stato collocato presso il padre, anche se con un mantenimento materno molto contenuto (- 62,5%) rispetto a quello spettante al padre.

Ultimo aggiornamento Lunedì 11 Luglio 2022 18:14
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La Cassazione stabilisce che PDF Stampa E-mail
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Lunedì 11 Luglio 2022 18:05

La Cassazione stabilisce che


Le spese condominiali della casa familiare

non possono essere chieste all’assegnatario


A chi spetta pagare le spese condominiali nella casa familiare/coniugale di proprietà di ambedue i genitori o di uno, solo ma, dopo la fine della convivenza, assegnata a quello con cui stanno i figli? E se l’obbligato non paga, l’amministratore del condominio può richiederle al proprietario della casa che non vi abita?

La Cassazione Civile (VIa,, ord. n.16613/2022) ha chiarito che, nel caso di inadempienza del genitore che vi abita, l’amministratore, per la riscossione dei contributi e delle spese di manutenzione, le c.d. spese condominiali, non può agire in giudizio contro l’assegnatario della casa familiare, ma esclusivamente nei confronti del proprietario, che, a sua volta, potrà rivalersi nei confronti dell’altro genitore. L'assegnazione della casa familiare al coniuge o al convivente affidatario di figli minori o di maggiorenni non economicamente autosufficienti (per il 94% sempre alla madre), sottolinea la Suprema Corte, è un diritto personale di godimento sui generis e l’amministratore non può agire giudizialmente nei suoi confronti “l'amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l'esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioè dall'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, configurandosi il diritto al godimento della casa familiare come diritto personale di godimento sui generis”.

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Protocollo sulle spese straordinarie: PDF Stampa E-mail
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Giovedì 07 Luglio 2022 16:41

Protocollo sulle spese straordinarie:

strumento capestro per i padri separati


Gentile associazione, sono un padre di tre minori che ogni mese sono costretto a sborsare un botto di soldi per le spese straordinarie che mi vengono imposte secondo un protocollo inventato dai giudici e avvocati locali per le quali devo solo pagare senza poter intervenire sia sulla loro opportunità, sulle mie possibilità economiche che sulla scelta dove effettuarle. Mi sono opposto ma il giudice mi ha condannato anche a pagare il legale alla mia ex-compagna!

Certe spese sono coperte dall’assegno di mantenimento e le altre “costano” di più perché la madre sceglie professionisti “amici” e compiacenti e negozi molto cari. E’ giusto tutto questo?

Sono arrabbiato e mi sento “violentato” dal tribunale e dai legali che, per vocazione, troppo spesso tutelano solo le loro parcelle. Cosa possiamo fare noi genitori di sesso maschile, ostaggi delle “lobby” istituzionali e professionali? Ringrazio per la eventuale risposta. (chiamata telefonica al 347.6504095).

***

Abbiamo da sempre combattuto questi protocolli sulle spese straordinarie, che sono una vera e propria espressione di un consolidato potere che non dovrebbe trovare spazio in chi amministra la giustizia. Ma, purtroppo, non è così. Nella maggior parte dei tribunali la madre è intoccabile e i protocolli sulle spese straordinarie ne sono una palese dimostrazione. Non spetta ai giudici formulare e sottoscrivere “protocolli” per la gestione delle spese straordinarie, ai quali si fa riferimento nelle sentenze, poiché a loro, istituzionalmente, compete applicare la legge, così come hanno voluto i legislatori.

I veri tutori dei minori sono i loro genitori, ma non i legali, di cui, della conflittualità per l’affido dei minori e per le separazioni, troppi ne hanno fatto un business economico. Non si comprende, pertanto, come i legali possano sostituire i genitori nella stesura di un protocollo “illegale” (cioè, privo di valenza giuridica) e come il contestato protocollo possa “imporre” al genitore non collocatario/affidatario spese che sono da sempre ritenute ordinarie e coperte dall’assegno di mantenimento.

 

Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Luglio 2022 16:42
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