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Lunedì 22 Febbraio 2016 17:58

­­­Il diritto dei minori tra la confusione giudiziaria

e quella dei servizi degli enti territoriali

 

Avv. Gerardo Spira*

Ormai la giustizia minorile ha perduto il filo del discorso giuridico nella materia dei minori, rendendosi responsabile della situazione che oggi vivono la famiglia e la società.

Ciò è accaduto in un clima di discussioni contorte sulle ragioni delle coppie in lite, avallate e sostenute da soggetti più o meno preparati ed impegnati, che azzardano e si spingono in teorie cavillose che non hanno nulla di riferimento con la legge, con la logica del diritto e con i principi di salvaguardia dei diritti dei minori.

Le questioni semplici vengono ubriacate nel cammino giudiziario da eccezioni e supposizioni di natura psicologica o psichiatrica che alla fine pregiudicano lo stato di equilibrio dei contendenti e soprattutto la vita del minore.

Il risultato finisce per consegnare alla società un soggetto, menomato rispetto agli altri e facilmente vulnerabile nella condizione psicologica, intorno a cui sono cresciute le più azzardate teorie.

Intanto il danno è fatto e nessuno ne risponde, mentre tutti i responsabili delle istruttorie, dei pareri e delle decisioni continuano ad estrarre teorie, fabbricando decisioni contro l'uno o l'altro dei genitori.

Nel nostro Ordinamento costituzionale esiste un corollario che se applicato correttamente potremmo vivere una vita di relazioni e di rapporti più giusti, meno dispendiosi e soprattutto meno conflittuali.

L'art. 97 della costituzione detta:” I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.

Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

 

Il legislatore costituzionale ha riconosciuto al principio il parametro di legittimità delle scelte e delle decisioni. “Lo stretto collegamento del buon andamento con gli altri principi fa sì che la violazione dell'uno finisce per concorrere e confondersi con la violazione degli altri”. E ciò vale, normalmente, anche per i principi di legalità e di imparzialità, con i quali quello di buon andamento risulta unito in una sola entità giuridica. Buon andamento e imparzialità spingono verso il principio della legalità.

 

Il principio è precettivo e va osservato. Ogni comportamento contrastante o contrario mina alle fondamenta l'azione intrapresa con le conseguenze di abuso e nullità.

Quali sono le competenze e le attribuzioni del Servizio sociale nel nostro diritto, quale la normativa di riferimento?

Col Dpr 616/77 è avvenuto il primo decentramento funzionale amministrativo regionale; le competenze socio-assistenziali sono state trasferite alle Regioni, province e comuni; le vecchie organizzazioni istituzionali sono state disciolte e trasferite con le relative funzioni agli Enti territoriali.

La materia dell'assistenza ai minori è stata delegata agli Enti locali con l'art. 23 lettera c del citato Decreto.

Nel 1990 il Legislatore ha emanato tre leggi importantissime che hanno rivoluzionato l'Ordinamento amministrativo degli Enti territoriali: la legge 142, la 241 e la 421 che per combinazione numerica hanno segnato l’importante momento storico. Tre leggi che hanno inciso profondamente nella vita istituzionale delle Regioni, delle Province e dei Comuni.

Tra queste compare come vera e propria innovazione la legge 241/90 detta anche del procedimento amministrativo e di accesso agli atti. La legge è stata considerata dai più il cuore dell'azione della P.A, in quanto finalmente veniva messa al bando la discrezionalità, punto nevralgico per l'affermazione del principio sancito nell'art. 97 della Costituzione.

La P.A finalmente è stata posta nella condizione di ragionare secondo passaggi logici consecutivi di richiamo alle leggi e ai Regolamenti adottati in conformità alle leggi di riferimento.

Il pubblico funzionario o l'incaricato di pubbliche funzioni poteva e doveva ragionare soltanto secondo un procedimento appositamente disciplinato.

In buona sostanza con la predetta legge sono tramontate le prassi e i criteri discrezionali, essendo gli Enti territoriali obbligati a regolamentare tutta la loro attività, a fissare i procedimenti amministrativi per ogni fattispecie e a nominare il responsabile del procedimento.

La violazione al principio costituisce motivo di nullità con le conseguenze di ordine civile e penale.

Col Decreto Lgs. n. 328 del 2000 è stata riordinata tutta la materia dei servizi sociali.

Le funzioni e le competenze amministrative sono ben disciplinate. In particolare è stabilito che “i servizi sociali in materia collegata al Tribunale dei minori è limitata a: relazioni, segnalazioni e pareri”.

Nello svolgimento dell'attività amministrativa i Servizi sociali devono attenersi alla disciplina di cui alla legge 241/90 per quanto riguarda il procedimento amministrativo e seguire il percorso fissato agli artt. dal 4 e successivi (nomina del responsabile, avvio del procedimento, partecipazione e conclusione). Questa fase è soggetta al Controllo della Giustizia amministrativa.

E' vietata l'attività discrezionale o la prassi. L'operatore sociale è tenuto a richiamare la normativa in base alla quale forma il parere o la relazione, indicare la sua qualità funzionale, il procedimento da adottare per la conclusione.

L'esercizio del potere discrezionale va correlato con l'art. 1, comma 1 della legge 241 del 1990 il quale stabilisce che l'azione amministrativa deve ispirarsi ai criteri di economicità, efficienza, pubblicità e trasparenza.

I predetti criteri, specificati nell'art. 97 della Cost, assumono rilievo di legittimità sia in via amministrativa che contabile.

Ne consegue infatti che la decisione o scelta amministrativa discrezionale, quando non segue il corretto procedimento regolamentato sfocia nell'abuso di ufficio, in quanto è violato il bene giuridicamente tutelato : il buon andamento e l'imparzialità della P.A (art.97 Cost).

Nei procedimenti della giustizia minorile la materia è divenuta incandescente oltre che per la genericità dei provvedimenti giudiziari, soprattutto per la indisciplinata attività dei servizi socio-sanitari i quali, chiamati dal Giudice, operano senza alcuna regolamentazione nel caso affidato, in assenza del procedimento e in palese violazione del principio sopra richiamato. Lo strumento più utile per limitare scelte e decisioni discrezionali o arbitrarie e garantire le parti interessati nel percorso giusto ed imparziale è il protocollo.

Il protocollo consiste in un atto di governance stipulato tra soggetti pubblici e privati in accordo tra loro per convergere su un progetto o una metodologia da seguire (tempo, modalità e obiettivo).

Nel momento in cui la Giustizia minorile delega il Servizio sociale di un Ente territoriale a svolgere il mandato specificato nel provvedimento, questo deve operare nel rispetto della legge 241/90 e quindi dare vita ad un percorso fissato in un documento, il protocollo, approvato dalla P.A.

Le attività svolte dal servizio, senza disciplina, cadono nel regime dell’arbitrio e della discrezionalità, non più consentite in diritto, impugnabili in via amministrativa, sanzionabili in via penale e contabile e disciplinare.

Ne consegue la nullità dei provvedimenti giudiziari emessi e conclusi sulla scorta delle relazioni dei servizi territoriali.

 

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