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Aosta: La giustizia minorile

negata a figli e genitori. Cosa fare?


Aosta, 31 maggio 2021- Conferenza -dibattito – relatore prof. Ubaldo Valentini – moderatore dott. Andrea Pieri

Antonio Sonatore, nella sua pubblica protesta contro il diniego dei tribunali aostani e piemontesi a fare il padre, portava un cartello con scritto “L’Ingiustizia della Giustizia”. Sono passati venticinque anni dal suo suicidio dinnanzi al Tribunale di Aosta, ma la sua lotta per la bigenitorialità e contro la ingiustizia delle istituzioni locali sembra essere dimenticata da chi ha il dovere della tutela dei minori e del genitore estromesso dalla vita dei figli. Le istituzioni valdostane, purtroppo, continuano a rendersi artefici di una assurda discriminazione tra i genitori, dimenticando il bene socio-psicologico ed affettivo di inerti minori a cui, di fatto, viene sottratta quasi esclusivamente la figura del padre.

Da anni denunciamo L’Ingiustizia della Giustizia in Valle d’Aosta con conferenze, convegni, dibattiti e comunicati stampa, ma nessuno presta attenzione alla nostra denuncia su questa drammatica situazione della quale sono vittime i minori e gli indifesi genitori non collocatari, che, sopraffatti dalla impotenza a far valere i propri giusti diritti di genitore, troppo spesso, in questa regione, si tolgono la vita, talvolta in modo palese mentre altre volte con discrezionalità, per non lasciare un brutto ricordo ai propri figli. Le istituzioni – e per istituzioni non intendo solo la magistratura e le forze dell’ordine – invece di aprire degli accertamenti sulla percentuale annuale dei padri, che, per disperazione, si tolgono la vita, si affrettano a tenere nascosti all’opinione pubblica questi assurdi episodi e a minimizzare l’accaduto con la facile giustificazione secondo cui in Valle d’Aosta i suicidi sono un triste primato. Dinnanzi alla constatazione che in Valle anche nell’ultimo anno molti padri si sono tolti la vita e nessuno ne parla, un noto esponente politico, negando la mia osservazione, mi ha risposto che la causa, eventualmente, è da ricercarsi nella pandemia in atto. Ancora una volta il cigno nasconde la testa sotto la sabbia.

E fuori dubbio – ritornando al tema di questa conferenza - che in Valle d’Aosta non esista una trasparente giustizia minorile e che nessuno abbia interesse a fare accertamenti:


  • sulle istituzioni pubbliche locali che contribuiscono a coprire, con la loro azione e con il loro silenzio, la drammaticità di certi affidi che destabilizzano la personalità del minore ed umiliano il genitore non collocatario;
  • sulle case di accoglienza per collocare minori e madri, quando la genitrice accusa il padre di violenza in famiglia, troppo spesso rigorosamente senza prova alcuna. Case di cui in tanti conoscono chi siano i veri ispiratori o “proprietari”;
  • sull’operato, troppo spesso devastante, dei servizi sociali, chiamati dai tribunali a “riferire” sule reali situazioni in cui si trovano i minori che devono essere affidati. Gli assistenti sociali e gli psicologi coinvolti – alcuni dei quali giovanissimi, senza figli e alle prime armi - applicano per tutti alcune nozioni acquisite sui pochi manuali letti durante la scuola e finiscono non per “riferire” al giudice, come sarebbe loro compito, ma per “decidere” loro le condizioni di affido e/o di collocamento, cioè si avvalgono di poteri di stretta competenza del giudice e, come ci ricorda la Corte europea dei diritti dell’uomo, non hanno capacità scientifica per formulare le condizioni di affido dei minori;
  • sulla preparazione dei così detti educatori, figure professionali che, con sbrigativi corsi, vengono patentati di competenze - così delicate che richiedono, invece, studio ed esperienza - per insegnare ai genitori a fare i genitori. Nelle loro relazioni formulano “sentenze” prive di qualsiasi fondamento, sia per la mancanza di basi scientifiche che per la marginalità temporale dei loro interventi;
  • sulle non veritiere dichiarazioni dei redditi del genitore collocatario (quasi sempre la madre), che si finge disoccupato ed economicamente disperato, quando, invece, lavora a tempo pieno, ma in nero, per pretendere dall’altro genitore – quasi sempre il padre – un mantenimento per i figli più elevato e per poter usufruire del patrocinio a spese dello Stato e non pagare i legali, le ctu e per depositare continue e bizzarre denunce/querele contro di lui. Il collocatario percepisce innumerevoli contributi pubblici e da parte di enti privati per sé e per i figli, su cui nessuno fa accertamenti, ed il cui ammontare (in alcuni casi arrivano fino a €. 20.000 all’anno), che, stranamente, non viene mai fuori durante il procedimento di affido dei minori;
  • nessuno indaga sui patrocini a spese dello Stato, poiché se indebitamente concessi, oltre a discriminare l’altro genitore, arrecano un consistente danno all’Erario (visto il numero delle persone che vi accedono) e su cui chi di competenza, per dovere istituzionale, dovrebbe intervenire e rendere pubblico l’esito dell’accertamento.

La giustizia minorile ad Aosta è compromessa da tutto quanto segue

  • Pressioni di genere di associazioni femministe e dai centri antiviolenza, di cui fanno parte anche assistenti sociali e psicologi, dipendenti dell’Asl e della Regione VdA, chiamati dal tribunale a dirimere le controversie tra i genitori e/o a mediare la gestione dei figli e/o a riferire sulle attitudini genitoriali, quando gli stessi sono ideologicamente schierati con la madre e/o fautori delle richieste delle associazioni di genere. Ma come possono farlo se sono di parte per formazione culturale e per ideologia?

E’ una palese violazione di legge DLgs 39/2013 che impone ai funzionari pubblici di svolgere funzioni in regime di assoluta indipendenza. Accade invece che funzioni private e pubbliche si colludono nelle relazioni). Dobbiamo tutti imparare a rispettare la legge per garantire ai genitori in conflitto lo svolgimento delle proprie attività in modo imparziale art. 97 della Costituzione.

Questo non accade e l’associazione più volte lo ha rilevato.

  • La mediazione familiare è un pietoso capitolo fatto presente con forza da tantissimi genitori, sia per la inadeguatezza degli operatori (ben retribuiti con soldi pubblici), che, invece di mediare tra i due genitori, impongono, quasi sempre al genitore non collocatario, le richieste materne e si scagliano contro il genitore che mette in discussione i “loro” schemi di affido, che, invece, pretendono di imporre minacciando, altrimenti, che il tribunale emetterà provvedimenti più severi e si scagliano apertamente contro la nostra associazione, poiché mette in discussione, su basi scientifiche, il loro operato. La Regione conosce questa situazione, la conoscono i servizi sociali e i tribunali, ma nessuno interviene e ci si chiede come possano tali operatori parlare a nome del tribunale.

La mediazione è un istituto che va disapplicato perché fallimentare, inutile, scomposto, dannoso e costoso. Andava regolamentato con un procedimento di metodo e di merito. E’ uno strumento nelle mani di operatori senza regole.

  • Le sentenze discriminatorie e non rispettose di ambedue i genitori, pronunciate dal Tribunale di Aosta, che affida (quasi sempre) allo stesso giudice oltre i procedimenti inerenti l’affido dei minori per genitori non più conviventi, anche le separazioni ed il successivo divorzio per quelli sposati anche tutte le altre modifiche successivamente richieste con la inevitabile conferma della stessa sentenza iniziale. Difficilmente un giudice ammetterà di aver sbagliato, quando è palese lo sbaglio, al fine di evitare per sé conseguenze disciplinari e penali.

Può reggere questa giustizia o rischia di divenire ancor più una Ingiustizia della Giustizia?

Cosa dire, poi, del giudice chiamato a deliberare sul mancato pagamento delle spese straordinarie dei figli alla madre perché non autorizzate, come prevedeva la sentenza di affido e/o separazione e/o divorzio, che, per giustificare l’assurda richiesta materna, arriva a disapplicare la sentenza emessa dai suoi colleghi di Aosta (cosa che spetta solo alla Corte d’Appello, ma non al giudice di primo grado) facendo riferimento a sentenze della Cassazione che si riferivano a situazioni completamente diverse?

Vogliamo parlare delle sentenze fotocopia di altri casi del tutto diversi?

Il CSM dovrà pur far ritorno ad Aosta per dare risposte concrete ai cittadini.

  • I preconcetti sulla genitorialità del padre, a cui si impone solo il discriminatorio assegno di mantenimento per i figli.

Nonostante la rivoluzione dell’affido condiviso, la cui legge istitutiva è in vigore dal 2006 (la n. 54), che mette i genitori sullo stesso piano, detta legge è stata “bruciata” dai magistrati, che si sono inventati la collocazione prevalente dei figli presso un genitore pur di non concedere l’affido condiviso paritetico o alternato.

Il cosi detto collocamento prevalente, di fatto, vuol dire – poiché solo eccezionalmente vengono collocati presso il padre – affido dei figli sempre alla madre, che continua a gestirli estromettendo il padre, così come avveniva prima del 2006.

La discriminazione verso il padre, ad Aosta, è preoccupante, perché crea ingiustizie tra i genitori e le denunce/querele del padre contro la madre su fatti oggettivi difficilmente trovano considerazione presso l’autorità giudiziaria, perché vengono sistematicamente archiviate, ricorrendo, in fase di indagine, anche alle pressioni di Polizia e Carabinieri sul denunciante, il padre, per indurlo a ritirarle, prospettandogli, altrimenti, conseguenti scenari catastrofici, ovviamente non previsti dalla legge e, quindi, non concretizzabili in nessun modo. C’è da chiedersi se non siano opportuni approfonditi accertamenti per verificare se possa esistere l’abuso d’ufficio e/o altri illeciti, siano essi di natura civile, penale, amministrativa e/o disciplinare.

Una cosa è certa: i padri sono molto spesso più idonei delle madri a trasmettere ai figli serenità ed affetto e ad educarli, poiché, quando sono assieme, dedicano loro tutto il tempo disponibile. Questo, però, è irrilevante per il servizio pubblico e per molti esponenti della magistratura e della politica. E non solo in Valle d’Aosta.

  • Nelle relazioni dei servizi sociali e nei provvedimenti dei tribunali si riscontra un preoccupante scarso rispetto dei diritti dei minori.

Si parla tanto del superiore interesse dei minori e, poi, nei fatti concreti, si nega loro il diritto ad una equa bigenitorialità e una “salutare” co-genitorialità ai genitori. I minori, purtroppo, restano un pretesto per madri “malevoli” che si preoccupano in modo evidente di spillare più soldi possibili al padre e ad allontanare da lui i figli, ricorrendo al classico lavaggio del cervello di minori, talvolta piccolissimi, che restano quasi sempre con la madre e i nonni per volontà degli assistenti sociali e dei giudici.

La Pas (alienazione genitoriale) è una diffusa pratica che, per convenienza, politici, molti tribunali ed alcune sezioni della Cassazione negano, perché, a loro dire, scientificamente non riconosciuta, senza però documentare la fondatezza scientifica del loro diniego.

Un fatto è certo.

I rapporti figli-padre non possono essere rifiutati dai minori dopo la loro permanenza “prevalente” con la madre in eterno conflitto col padre. Il fatto che i figli, pur piccolissimi, motivano il loro rifiuto di non voler più vedere e parlare con il padre, usando il ben noto frasario materno, non può essere ignorato e il giudice non può non fare e/o far fare accertamenti, come la 1a sez. civile della Cassazione faceva osservare ai giudici italiani (sentenza 16 febbraio – 8 aprile 2016, n. 6919), e molti dei quali, ma categoricamente escluso quello di Aosta, hanno seguito e seguono questa indicazione per tutelare i diritti dei figli e del loro del padre. Il tribunale di Brescia, con estrema precisione, è arrivato (sent. del 15.04.2019) ad elencare gli otto sintomi che evidenziano la presenza dell’alienazione parentale.

Non ammettere l’esistenza della Pas o comunque non ammettere che il rifiuto dei figli a non vedere il padre, a cui erano particolarmente legati prima della cessazione della convivenza, non è affatto normale ma anzi è indice di una manipolazione della madre e/o del suo contesto familiare e, il giudice che ne viene a conoscenza, non può dire la Pas non è scientificamente provata e quindi non la prende in considerazione.

Con questi atteggiamenti evasivi il danno, irreversibile, viene fatto direttamente ai minori e al loro padre, ma anche alla società intera, soprattutto a quella futura.

  • La inesistente trasparenza degli assistenti sociali e degli enti locali

Al genitore non collocatario viene fatto divieto, da parte dei servizi sociali, di avere accesso immediato ai fascicoli dei propri figli invocando la privacy tra padre e figli e non si permette loro nemmeno di far incontri genitori e figli e servizio sociale in aule attrezzate per la video registrazione, fornendo ai genitori e/o ai loro legali la copia della registrazione alla fine di ogni incontro. Il rifiuto per mancanza dei mezzi di registrazione non regge e l’istituzione pubblica ha il dovere di dotarsi dei dovuti strumenti, altrimenti bisogna sospettare che esista un’associazione per delinquere, finalizzata all’abuso di potere, anche a livello del potere legislativo, sia locale che, forse, nazionale.

Un capitolo pietoso riguardano le audizioni dei minori da parte dei giudici istruttori o giudici delegati o relatori, che sistematicamente fanno nel loro studio, con la categorica esclusione dei genitori o dei loro legali, pur esistendo in Aosta la sala attrezzata per tali audizioni. C’è poi anche il giudice che, in circa venti minuti, “ascolta” tre minori durante il processo di affido e si “dimentica” di fare il verbale per darne la dovuta rendicontazione dettagliata alle parti. Il contraddittorio, a questo punto, viene meno e, di conseguenza, viene negato l’esercizio del diritto di difesa, perché non si può conoscere né documentare la volontà dei tre minori. Ma questa è la giustizia valdostana?

  • La discutibile professionalità (sostituita dalla presunzione) di molti assistenti sociali, psicologi ed educatori la cui attività, in presenza di minori, deve essere sottoposta ad un Regolamento formulato dalla Regione.

Nonostante l’assiduo impegno del consigliere Roberto Cognetta - su sollecito dei separati - e anche su nostra promessa, trasformata in un autentico impegno - per porre fine alle troppe ingiustizie esistenti a danno dei figli e dei loro genitori - nel corso delle due precedenti legislature per l’approvazione di un Regolamento regionale per i servizi sociali valdostani che operano nel settore minorile (stilato dall’avv. Gerardo Spira, esperto di pubblica amministrazione e diritto minorile nonché nostro presidente onorario), la maggioranza dei politici regionali ha bocciato la proposta Cognetta per non dispiacere ai servizi sociali e all’interessato mondo che circola attorno a loro, per paura di perdere voti.

L’atteggiamento dell’attuale consiglio regionale non sembra disponibile a mettere in discussione un operato, spesso autoritario, dei servizi sociali, che, negli anni, hanno prodotto ingiustizie, discriminazioni varie, che sono state sicuramente alla base dei suicidi dei padri.

Noi siamo disponibili al confronto e a riproporre la richiesta di centinaia di separati valdostani.

  • E’ urgente far ordine sull’albo degli esperti Ctu esistente presso i tribunali che dovrebbe essere annualmente rinnovato, valutandone l’operato di ciascuno “professionista”, escludendone categoricamente chi è dipendente di strutture pubbliche e/o lo è stato e coloro che sovente rinunciano all’incarico allungando enormemente i tempi della giustizia.
  • Gli assurdi e nocivi Protocolli, stipulati dal Tribunale locale con gli avvocati, sulle spese straordinarie sono formulati con l’esclusione dei genitori ed “imposti” al padre. Tali documenti non hanno alcun valore impositivo (quindi non possono essere “provvedimenti di legge” ma sono solo accordi tra giudici e avvocati) perché i giudici applicano la legge esistente, ma non possono formulare “codici” di competenza esclusiva del parlamento e/o del ministero della giustizia. Detti protocolli sono nulli e contraddittori, facendo confusione tra spese ordinarie, coperte dall’assegno di mantenimento, e spese straordinarie. La mensa, per esempio, è un alimento incluso nell’assegno di mantenimento per i figli così come i trasporti, le spese scolastiche, le spese sportive e tante altre che ora non elenco, ma che potete trovare nel nostro sito www.genitoriseparati.it. Gli avvocati, come tanti operatori sanitari pubblici (di cui occorre verificare se espletano le Ctu retribuite durante gli orari di lavoro), istituzioni private fanno parte di una tipologia casta e/odi forti lobby che usufruiscono dei business legati alle separazioni e affidi e alla collegata mala giustizia. Sarebbe opportuno che la Guardia di Finanza faccia degli accertamenti sulle fatture emesse dai liberi professionisti che, se approfonditi, potrebbero far emergere il noto ricco mondo delle evasioni fiscali.
  • Il nostro malessere è la conseguenza della grande ingiustizia attuata nei confronti di un problema che investe tutta la società. In particolare nei confronti di quella parte messa sotto il gioco del peso giudiziario con provvedimenti che vanno in una sola direzione. Su cento affidi le decisioni favoriscono per il 98% il genere femminile.

Non siamo d’accordo che tutti i padri siano sbagliati e n on riteniamo che colpire solo loro sia utile agli interessi dei figli. I dati sono sotto gli occhi di tutti. Poi il tempo dà un risultato diverso. Intanto i figli acquisiscono una cultura falsa del concetto di famiglia e le istituzioni non prendono atto che soltanto con l’equilibrio dei valori della famiglia questa società può avere un futuro garantito per le nuove generazioni.

  • Tengo a declamare un altro aspetto del grande tema in discussione. L’associazione, pur nella diversità delle posizioni ha sempre accettato le decisioni istituzionali, pur non condividendole, ma non si è mai servita dei suoi diritti per colpire indirettamente un familiare nelle sue attività libero-professionali. I nostri avvocati svolgono la libera professione secondo le norme del mandato collegato alla legge e al proprio codice dell’Ordine forense. Cercare di colpirli durante l’espletamento del mandato, appare un segnale di basso profilo culturale. L’associazione è l’associazione che agisce secondo statuto, nel rispetto della libertà di critica e di stimolo a migliorare i rapporti istituzionali.

Forzature diverse, oltre che abuso di funzioni, ripetute, hanno significato di ricordi di epoca di insana memoria. Per il suicidio del maestro Senatore a nostro avviso esistono responsabilità, ma chi doveva ha girato la faccia dall’altro lato.

Cosa fare?

La risposta per la soluzione dei problemi e dei disagi di nuovo denunciati in questa conferenza è già presente nella denuncia stessa della negazione dei diritti ai minori e ai padri.

Non servono discorsi ma solo fatti concreti ed immediati sia da parte dalle istituzioni politiche e dai servizi sociali che dai Tribunali e della Corte dei Conti, altrimenti continuerà a dominare l’Ingiustizia della Giustizia.

Occorre un cambio di passo, accelerato da questa nuova epoca pandemica in cui tutti saremo travolti dai diversi rapporti. Il futuro è dei giovani e a loro compete tracciare il nuovo percorso. Il nostro compito è solo quello di accompagnarli nel rispetto di principi e valori più giusti e più equilibrati nell’interesse dei figli.

Ubaldo Valentini, pres. Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps) – tl. 347.6504095 – Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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