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Dove finiscono i soldi pubblici


Centri antiviolenza umbri

Occorre vederci chiaro


E’ in atto una campagna di raccolta fondi pubblici da parte dei Centri antiviolenza umbri. La regione sembra orientata a rinnovare i finanziamenti per la gestione di queste strutture di cui, in concreto, poco si conosce. Per esempio non si conoscono come vengono amministrati i soldi pubblici a loro affidati, come vengono dati gli incarichi professionali, con quali criteri vengono accolte le donne e loro figli nelle strutture di accoglienza gestite da questi organismi.

La violenza sulle donne esiste, è vero, ma ogni intervento in loro sostegno deve essere seriamente valutato e non basta dire che ciò che avviene all’interno delle mura domestiche è di difficile dimostrazione. Generalizzare questa convinzione non aiuta chi veramente subisce la violenza ma potrebbe  finire per coprire anche donne senza scrupoli che proprio per “giustificare” le loro responsabilità finiscono per accusare l’uomo di ignobili crimini. Spesso le persone che accusano hanno un loro passato poco edificabile e lo fanno per fini per diversi.

Questi centri devono avere uno statuto chiaro e vincolante, sottoposto all’approvazione degli enti che li finanziano, e tutta la loro attività deve essere regolata da un protocollo di intesa a garanzia di chi vi fa ricorso ma anche di tutti i cittadini e, quando sono presenti, dei minori accolti nelle loro case protette.

Queste strutture usufruiscono di cospicui finanziamenti pubblici regionali – e talvolta anche nazionali – e il loro operare deve essere puntualmente regolato ed improntato alla massima trasparenza.

Gli operatori – che svolgono una attività particolarmente delicata e difficile – devono essere in possesso di determinati titoli scientifici, esperienza nel settore, abilitati all’esercizio della professione e un qualificato e specifico curriculum professionale. Le assunzioni e gli incarichi, poi, devono essere fatte con criteri oggettivi e i loro compensi e i relativi rimborsi spese,  dirigenti compresi, devono essere pubblici.

 

Il loro operato, inoltre, deve essere sistematicamente monitorato dagli enti che finanziano questi centri. I controllori e i controllati non possono appartenere alla stessa istituzione o a istituzioni collegate. La trasparenza nella pubblica amministrazione è un principio e non una elargizione.

Un padre di Orvieto, come riportato da alcuni quotidiani regionali, per oltre sei mesi non ha veduto e non sapeva dove si trovasse il figlio di due anni e solo al settimo mese gli è stato permesso di vederlo in modalità protetta, dovendo ingiustamente percorrere duecento km. Il Tribunale aveva dato l’affido esclusivo del figlio alla madre che aveva formulato false accuse contro il padre per giustificare l’abbandono della casa familiare per trasferirsi in una struttura protetta di Orvieto prima e di Terni subito dopo precedentemente contattate. Il Centro antiviolenza di Terni  - non sappiamo a quale titolo - continuava e - anche dopo che la Procura di Terni aveva archiviato la denuncia della donna e dopo che il Tribunale per i Minorenni aveva archiviato la sua richiesta di sospensione della responsabilità genitoriale del padre - continua a sottoscrivere dichiarazioni a difesa della donna, accusando l’altro genitore di aver brutalizzato la compagna e il figlio e continua a chiedere le visite protette per padre-figlio al fine di garantire la non dovuta ospitalità ( a spese della comunità italiana) alla dinamica ed esemplare, nonché onesta, madre. Il padre, a difesa del figlio e di se stesso, ha chiamato a rendere conto penalmente e civilmente del loro operato tutti coloro che da soli o in associazione tra loro lo hanno danneggiato e continuano a danneggiarlo.

Il consigliere regionale dr. Sergio De Vincenzi, lista “Ricci Presidente”, è intervenuto con una nota – e seguirà interpellanza -  per chiedere chiarimenti sull’operato del Centro antiviolenza, soprattutto alla luce di quanto riportato dai quotidiani umbri nelle settimane scorse. Il muro delle complicità politiche incomincia a rompersi e la coerenza al mandato dei cittadini non può ignorare il cattivo uso delle risorse pubbliche. Il consigliere regionale chiede, in definitiva, un monitoraggio dell’operato dei Centri antiviolenza e dei servizi gestiti per conto dell’ente regionale e nazionale.

L’annunciata interpellanza non risarcirà moralmente e materialmente questo padre indebitamente perseguitato con la complicità di strutture pubbliche ma almeno porrà l’urgente problema dei controlli sull’uso delle risorse pubbliche e sulla opportuna alternanza gestionale di strutture spesso clientelari ed ideologicamente non corrette.

La persecuzione contro questo padre non sembra terminare, nonostante la smentita di tutte le accuse della compagna, per la inconcludenza dei servizi sociali orvietani e della vallata ternana e per l’avversità nei suoi confronti da parte del centro antiviolenza di Terni che continua ad ospitare indebitamente madre e figlio, nonostante il venir meno delle accuse della signora – sconfessata dai tribunali - che, così facendo, vive alle nostre spalle.

 

Per approfondire: http://www.consiglio.regione.umbria.it/informazione-e-partecipazione/2015/11/12/centri-antiviolenza-risorsa-preziosa-ma-da-monitorare-atten

 

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