Stampa

Tribunale di Perugia e Ordine degli avvocati

Un protocollo per i genitori separati in conflitto

ma nessun protocollo per evitare la conflittualità!


di avvocato Gerardo Spira

Il Tribunale di Perugia ha sottoscritto con otto associazioni forensi perugine un Protocollo d’intesa per determinare quali siano le spese ordinarie e straordinarie per i figli e come debbano essere ripartite tra i genitori nelle separazioni. Nella stesura del protocollo sono stati volutamente esclusi i genitori e le associazioni che rappresentano loro e i loro figli. L’avvocato Gerardo Spira, strenuo difensore della bigenitorialità e delle pari opportunità genitoriali, della trasparenza, del cittadino nei tribunali italiani, entra nel merito dei contenuti ed esprime una sua critica valutazione del protocollo del Tribunale di Perugia. C’è da chiedersi se non sarebbe stato più opportuno stilare un protocollo non per contenere il conflitto tra i genitori ma piuttosto per evitare le cause che sono alla base della conflittualità.

A distanza di oltre 20 anni da quando il Protocollo è entrato nella normativa italiana, l’istituo viene assunto come strumento di disciplina e di regolamentazione da parte delle istituzioni per il raggiungimento snello e trasparente di una pubblica attività. L’istituto è però spesso impegnato per finalità diverse da quelle previste e volute dalla legge.

Al centro dell’accordo vi deve essere il cittadino il quale deve essere idoneamente rappresentato, come indicato nel documento del Tribunale di Perugia “al fine di prevenire, per quanto possibile, la conflittualità”.

Tribunale di Perugia, Ordine degli avvocati e associazioni varie dell’Ordine perugino, si sono preoccupate di disciplinare la vessata materia delle spese, senza affrontare il momento da cui nasce il conflitto, la vita di relazione tra il minore e i genitori e i rami di parentela. In questo momento nascono le discussioni e cominciano le questioni portate nel regime della volontaria giurisdizione, la disciplina del contraddittorio in cui si inserisce la P.A con i servizi sociali, responsabili della sottrazione del minore alla normativa della legge 54/2006.

Il codice civile non prevede soltanto l’art. 337, ma anche quelli seguenti sui diritti di vedere il minore, di prestargli cure ed educazione, di assicurargli una vita equilibrata senza danni e pregiudizi. L’art. 97 della Costituzione dispone che la Pubblica Amministrazione deve garantire i principi di buon andamento e di imparzialità nelle attività amministrative e quindi impone a tutti di vigilare che ciò avvenga.

Quanti tribunali adempiono a questo dovere? quanti giudici nell’adempimento della loro funzione si sono preoccupati di imporre il protocollo nella fase di separazione o peggio ancora in quella che scoppia subito dopo?

La decretazione urgente è un esempio di come in Italia si affronta il problema dei minori e non bastano le continue randellate della Corte di Giustizia europea di sanzione e di condanna dello Stato a risarcire danni, per violazione dei diritti dell’uomo, che invece sono da imputare ad altri.

Eppure l’Ordinamento giudiziario, pur vecchio, e quello riguardante il Comune impongono che gli Organi di rappresentanza debbano attivare azione di responsabilità davanti alla Corte dei Conti. Invece di utilizzare l’istituto secondo finalità di prevenzione del danno e dei conflitti, si dà per scontato che ciò debba esserci e si mette in moto un meccanismo per dividere la “camicia di Cristo” in modo equilibrato. Equilibrato per chi?

Perché il Tribunale di Perugia non assume l’iniziativa per imporre un protocollo, ben organizzato e disciplinato nella fase della separazione chiamando sull’argomento le associazioni che si battono da sempre per i diritti dei minori?

Il problema credo che sia sempre lo stesso: la separazione deve restare un momento di scontro sociale per tenere sollevate tutte le caste che intervengono e a diverso titolo.

Il mio pensiero va in altra direzione che certamente non piace ai più. Ecco perché sostengo che i tribunali per i minorenni vanno chiusi come è accaduto per altri istituti. Nessun tribunale può decidere nella sfera affettiva del minore e nessuna legge dispone che il figlio debba vivere a part-time. La Regione Umbria è stata anche antesignana di nascita di centri antiviolenza impegnati nella lotta di genere, con l’impiego di danaro pubblico che invece non è di genere. Milioni di euro vengono divisi per organizzazioni intorno a cui ruota una marea di volontariato assunto per istruire e sostenere storie come quella di quel padre di Orvieto, di cui ha parlato la stampa e al centro di esposti alla Corte dei Conti dell’Umbria, il quale indifeso è stato messo sotto pressione per mesi da una denuncia risultata infondata ed è stato tenuto lontano dal figlio in forma “protetta”. Meno male che il “poveretto” ha incontrato un giudice attento e oserei dire imparziale. Però quel centro antiviolenza è ancora lì vivo e vegeto, pronto a ghermire la prossima preda. Intanto la donna falsamente protetta ha beneficiato di assistenza con pubblico danaro, pur non avendone diritto.

Non era il caso di promuovere il Protocollo?

 

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information