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Incontro con la rappresentanza politica e burocratica della Valle d’Aosta


Diritti e Doveri dei minori e dei genitori

si applicano con uguale peso e contrappeso


avv. Gerardo Spira*

 

La problematica dei minorenni nell'ambito della questione famiglia è sfociata in diversi rivoli che non aiutano, a mio avviso, ad assicurare l'orientamento della legge e della giurisprudenza verso il superiore interesse del minore.

E' questo un concetto che tutti esprimono, ma che di fatto risulta sottratto ai buoni propositi, forse peri diversi interessi e ragioni.

L'anelito della verità dovrebbe stimolare studiosi ed operatori a ricercare una via unica sia nell'interesse della giustizia che della società.

I conflitti e le questioni sempre più crescenti dimostrano che il diritto, pur nelle tracce della giurisprudenza, si muove con incertezza, talvolta più dannosa del conflitto stesso.

Dalla legge sul divorzio a quella sulle separazioni abbiamo assistito ad una variegazione di decisioni, anche nella stessa fattispecie, che purtroppo hanno inciso negativamente sui rapporti tra le parti in conflitto e ancor più negativamente su quelli dei figli.

Non abbiamo reso un buon servigio alla società e non lo rendiamo quando consapevoli di ciò che accade non ci sforziamo di mettere la parola fine su di una situazione che diviene uno stillicidio continuo nelle relazioni interpersonali di tutti i soggetti in campo.

La materia è stata ubriacata da rigurgiti di livori trasfusi attraverso il timbro dello Stato e quello ancor più qualificante del Giudice che non si attarda più a comprendere le ragioni di un genitore che non vede un figlio da anni e non riesce a sentirlo per le varie frapposizioni quotidiane che gli distruggono la vita.

La collocazione, termine inventato lungo il percorso della giurisprudenza è il primo grave errore che, al di là del valore giuridico, ha fruttato vantaggi ad una parte e svantaggi ad un'altra, contro il cosiddetto principio dell'imparzialità.

Buon andamento ed imparzialità si intersecano e si completano in un solo valore che la legge costituzionale richiama sempre nell'affermazione dei diritti e dei doveri con uguale peso e contrappeso.

Poi le segnalazioni o i ricorsi continui fanno il resto. A questo punto ogni tentativo di trovare una soluzione giusta naufraga nel vasto mare di una discussione accademica che non ha niente di diritto, ma solo spunti, eccezioni e comportamenti di persone che si affrontano armeggiando i sentimenti e gli affetti dei minori, in nome dei grandi principi scritti nel diritto internazionale e nazionale.

Eppure non esiste nessun tribunale che possa decidere in materia di sentimenti. Quando ciò avviene è un obbrobrio giuridico - giudiziario.

Veniamo al punto che ritengo di grande importanza per trovare la via corretta nel percorso delle procedure e immettere la discussione nel filone corretto delle fasi interessate.

I sentimenti comuni delle persone separate sono di poca stima, in generale, verso gli operatori e la giustizia.

 

Quando qualcuno ne parla bene vi è l'altro che ne parla male. Si apre così la strada verso i ricorsi che stancano la giustizia, le parti e la società.

 

Alla fine di un tempo indefinito il minore diventa maggiorenne e si porta dietro le conseguenze di una vicenda trascinata nei complicati meandri del codice e di una giurisprudenza mai a lui favorevole, anche se attivata nel suo interesse.

Se invece leggiamo con attenzione ciò che ha detto il legislatore, troviamo la chiave di una volontà che tende invece a salvaguardare e tutelare il valore della famiglia e soprattutto la dignità del diritto della persona del minore.

Si separano i genitori, ma non i diritti del minore, specie quando questi sono connessi e collegati a chi lo ha generato.

Le istituzioni devono soltanto imporne il rispetto, specialmente quando le questioni incidono sui sentimenti.

Le istituzioni della P.A e la giustizia camminano per strade separate, mentre il fine e gli obbiettivi sono uno solo: il superiore interesse del minore, così si dice.

Stiamo sostenendo da oltre tre anni che i servizi sociali degli Enti territoriali sono tenuti ad osservare la legge sul procedimento amministrativo nella fase di sua competenza e che l'inosservanza produce la nullità di tutto quanto dichiarato e documentato; che gli effetti si riverberano poi negli atti giudiziari.

Quanto accaduto ad Aosta costituisce l'esempio più evidente di come le questioni si svolgono e degli effetti che ne derivano.

Partiamo dalle leggi dello Stato per comprendere cosa invece è accaduto a livello territoriale.

Le funzioni sulla materia dell'assistenza dei minori (artt. 22 e 23 lett. C D.P.R 616/77) risultano trasferite agli Enti territoriali, a cui sono state trasferiti anche i poteri legislativi con la riforma costituzionale del titolo V del 2001.

Con la legge 241/90 il legislatore, riprendendo la riforma della P.A, ha emanato norme di disciplina del procedimento amministrativo e accesso agli atti al fine di vietare di produrre attività e decisioni secondo il vecchio schema della discrezionalità amministrativa.

Dal 1990 è stato posto l'obbligo a Regione, comuni e province di regolamentare la vita amministrativa, ancorandola ai principi, di correttezza, trasparenza, pubblicità, efficienza, efficacia ed economicità.

Dal 1990 è vietato a qualsiasi funzionario pubblico ragionare in termini di: (considerato, ritenuto e valutato); gli atti vanno istruiti secondo un previsto procedimento e fondati su normativa di legge.

Le pubbliche amministrazioni, nella generalità della casistica, hanno provveduto a regolamentare le materie secondo i dettami della legge, dimenticando, stranamente, quella dell'assistenza sociale riguardante le separazioni e i minori.

Gli operatori hanno continuato a comportarsi secondo una vecchia prassi, senza alcuna garanzia del principio di cui all'art. 97 della Costit. (Buon andamento e imparzialità).

La giustizia minorile ha continuato a delegare ai servizi sociali dei comuni i singoli casi con diciture generiche e vaghe, senza disporre il rispetto della normativa di cui alla legge 241/90, la quale ha fissato il percorso di diritto entro cui il funzionario deve muoversi.

Sono venute meno le garanzie costituzionali e l'attività svolta dagli operatori dei Comuni è avvenuta in violazione sia dei principi costituzionali che della normativa statale.

Le conseguenze e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Gli atti amministrativi, come confezionati, carichi di vizi e irregolarità sono confluiti in quelli del giudice minorile, per formare la decisione provvisoria o definitiva.

La gravità della problematica si evidenzia maggiormente in considerazione del fatto che molti genitori, specialmente padri, vittime di sì eclatanti decisioni, hanno commesso reati e qualcuno come ad Aosta si è tolto la vita davanti al Tribunale per essere stato impedito di vedere il figlio.

La Giustizia ritiene di aver percorso correttamente il suo corso, mentre le assistenti sociali hanno relazionato secondo una cultura più di tenuta personale che di sostegno scientifico.

Vediamo come hanno funzionato le leggi nella Regione Valle d’Aosta!

Con la legge regionale n.4 del 1948 il Consiglio ha approvato lo Statuto, secondo i principi di autonomia accordati alle Regioni a Statuto speciale.

All'art. 3, dello Statuto, lett i-titolo II-, è prevista la potestà della Regione di emanare norme legislative in materia di assistenza e beneficenza.

Con la legge regionale n.19 del 2007, sono state emanate nuove disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, in applicazione della legge 241/90, portando a compimento un obbligo che si pensava decisivo nella vita degli Enti territoriali.

L'art. 1 della legge regionale n.19 è il caposaldo di disciplina applicativa per la Regione, per gli Enti locali e per i soggetti privati preposti all'esercizio di attività pubbliche.

In caso di mancata regolamentazione tutti i soggetti interessati devono attenersi alla disciplina della predetta legge ed in mancanza alle norme di cui alla legge 241/90.

Orbene abbiamo accertato che nella Regione Valle di Aosta, come in quasi tutte le Regioni d'Italia non sono stati adottati i regolamenti specifici in questa materia.

Abbiamo accertato altresì che la casistica della materia assistenza minori. Giustizia minorile negli Enti locali della Regione Aosta non è stata svolta secondo il dettato della legge statale (assenza del procedimento secondo la disciplina, assenza del protocollo o di un programma partecipato e mancata previsione dei tempi di conclusione dell'attività).

Vi è di più. I servizi non hanno garantito la partecipazione delle parti, non hanno verbalizzato gli incontri, quando svolti e non hanno certificato la regolarità dei luoghi e la ripresa foto visiva degli incontri.

Il risultato delle attività, così svolto è stato riportato, in un una relazione, trascritta da un dipendente, senza alcuna individuazione della sua qualifica, come richiesto dalla legge, per formare il contenuto della decisione del Giudice.

La fase amministrativa risulta in tal modo chiaramente illegittima e pur contestata dalle parti, inserita nel provvedimento finale.

Né è accettabile il rilievo che al cittadino è consentito impugnare gli atti in via amministrativa, perché parliamo di diritti e di procedimento assicurato dal legislatore e sottoposto alla vigilanza del Giudice che ha emesso il provvedimento.

Orbene, oltre alle considerazioni di ordine procedurale, che vanno tutelate per il principio di cui all'art. 97 della Cost, si evidenziano conseguenze ed effetti che incidono pesantemente nella vita di relazioni e di rapporti dei soggetti coinvolti.

Il Comune di Aosta, in esecuzione della normativa statale ha approvato il Regolamento con la delibera di cc n319 del 22.12 93, integrata con modificazioni con delibera di cc n105 del 27.3 95. ma stranamente ha dimenticato(?!) di disciplinare la materia relativa alle questioni relative alle famiglie in conflitto. Distrazione o decisione politica di mantenere il controllo clientelare sulle famiglie, attraverso i servizi?

La regione sostiene di avere disciplinato la materia con il richiamo alla legge 241/90, mentre le ASL non hanno adottato alcun regolamento. I servizi sociali e psicoterapeutici agiscono secondo prassi e con criteri discrezionali.

Perché risulta importante e fondamentale la fase amministrativa!

Il percorso regolamentato garantisce il principio di legalità, di trasparenza e di partecipazione.

Il cittadino infatti non solo partecipa, ma contribuisce a formare l'azione della P.A in regime di lealtà e di chiarezza anche per la fase successiva.

Ritengo che il Giudice nel disporre il provvedimento di delega ai servizi, per assicurare il principio di cui all'art. 97 della Costit, debba meglio specificare il mandato, vincolandolo all'osservanza della legge sul procedimento.

Le due fasi sviluppate in coerenza di principi evitano discussioni e favoriscono lo snellimento del procedimento che comunque deve essere concluso antro i tempi prefissati.

E' dovere del giudice vigilare per il corretto svolgimento degli atti ed intervenire ai sensi dell'art.6 comma 10 della legge sul divorzio.

Soccorre a tal proposito il Protocollo, documento, previsto dalla normativa degli enti territoriali, nel quale possono essere previste tutte le modalità, i tempi e gli obiettivi, concordati con le parti in questione.

La situazione giuridica per la Valle di Aosta è pressoché identica in tutta l’Italia. I servizi sociali non applicano il procedimento amministrativo durante la fase di loro competenza e in pochi casi la materia è stata disciplinata con i piani di zona, senza comunque imporre l'attuazione nel rispetto della normativa richiamata.

La questione sollevata ripropone due problemi di particolare importanza: uno la legittimità degli atti adottati e compiuti nella fase amministrativa che complica la problematica e l'altro la necessità e il dovere del Giudice di tutelare la legalità delle procedure, intervenendo durante il procedimento per assicurare il rispetto del dettato di cui all'art. 97 Costit, e garantire che la decisione venga adottata nel rispetto dei diritti di tutte le parti in causa.

 

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