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Riceviamo e pubblichiamo

Considerazioni sulla “Carta dei diritti nelle separazioni”,

formulata dalla nostra associazione nel 2000 (in diritto.it)

 

I figli da sempre “sò piezz e core” per i genitori

mentre per troppi giudici appartengo alla Società


Già nel 2000 venivano sollevati problemi di merito della Giustizia. La società allora era molto più avanti nell’interpretazione della problematica, manteneva i piedi del diritto nella problematica evolutiva della società. D’altra parte allora come oggi le critiche che si sollevano contro le Istituzioni in generale e la Giustizia in particolare riguardano la incapacità a risolvere le questioni, neppure secondo la normale cultura del buon senso.CARTA DEI DIRITTI NELLE SEPARAZIONI

La Vostra “Carta dei diritti nelle separazioni” del lontano 2000, redatta molto prima della legge 54 del 2006, aveva colto e riassunto tutti gli aspetti della questione che sorgevano con i conflitti di coppia.

Il documento, di particolare pregio, va riletto, si raccorda al protocollo che oggi si sollecita da parte nostra e condiviso, in quasi tutto il Paese. I minori innanzitutto e l’articolato si muove in questa direzione. Fu un intuito per sentito dire o lo spunto di vita vissuta? Penso che sia stata l’uno e l’altro. La crisi della famiglia è salita ancora più in cima, invadendo come un fiume in piena ogni casa. Nessuno può dirsi immune. La Giustizia che ha in mano il problema ha avuto a disposizione strumenti e organizzazione pubblica per incanalare la questione nell’alveo dei principi internazionali e in quello sempre ricordato dalla Carta costituzionale verso la tutela del concetto di famiglia. Invece la giustizia ha corso dietro ad un’altra teoria, quella, come panacea di tutti i mali, di far nascere le case famiglia ove dirottare “il frutto del fastidio” con la scusa della incapacità genitoriale. La soluzione mi richiama, anche se stranamente, quella abiurata di un’epoca di insana memoria, della cosiddetta e storica soluzione finale.

Ho timore che un giorno la nostra generazione vittima di tanta infamia, assunta col timbro della legalità, punterà il diritto contro tutti coloro che hanno segnato la loro rovina. Molti non ci saranno, e forse se ne andranno anche con la convinzione di aver fatto il proprio dovere. Come tanti gerarchi di quella infausta epoca. Dopo la legge 54 che avrebbe dovuto permettere il sereno raccordo verso il riconoscimento della potestà genitoriale per una pacifica convivenza dei rapporti dopo la separazione, soprattutto per la tutela del minore, spuntano e crescono come funghi le case “ricordo” di un’epoca maledetta.

Si sente dire – nelle istituzioni pubbliche che dovrebbero tutelare il superiore interesse dei minori - che i figli non appartengo ai genitori, ma alla società e che quindi questa glieli deve togliere quando il padre e la madre non sanno fare bene il loro mestiere. Ironia della questione è che a deciderlo non è la legge, ma persone che la rappresentano e che hanno alle spalle situazioni familiari di marcato esempio. Sostegno e collaborazione viene, inoltre, da istituzioni pubbliche le quali dicono che non c’entrano e non coinvolte nel corrotto sistema degli affari sociali, degli affidamenti fuori legge e delle amichevoli nomine. E c’è chi ancora continua a sostenere che la giustizia è organizzata secondo un sistema di vigilanza e di controlli garantisti. Anche le società massoniche, quelle criminali e quelle più strettamente segrete collegate sappiamo che lo fanno e garantiscono per scopi che non si conoscono e di cui non conosciamo bilanci e rendiconti.

La tutela dei minori o degli affari?  E non è più logica la legge orientata a salvaguardare il principio della famiglia? Perché sottrarre un figlio a due in lite e non disporre ad entrambi di esercitare il ruolo di genitori? Non costa meno allo Stato un provvedimento in tal senso? E se la piaga esiste, non è più semplice imporre un protocollo preliminare nella fase amministrativa, con regole precise, sottraendo la questione al Giudizio conflittualmente istituzionalizzato?

La società potrebbe vivere semplicemente con principi più sani e rivolti verso la tutela dei minori e non verso il danaro che circola nel grande affare. Basta ragionare con una cultura rivolta più al rispetto del danaro pubblico e degli altri. La società prima o poi, ne chiederà il conto e tutti siamo obbligati a renderlo. I figli non appartengono alla Società del mercato e del malaffare. E’ uno scivolone culturale di gravità inaudita.

I figli, dice una bellissima e antica canzone napoletana “ sò piezz e core”; i figli sono la genesi del cuore, dei sentimenti, del pensiero che sono nell’uomo.

La Società del “possesso” è un’altra cosa che se è rappresentata da questa cultura è una brutta società.

Lettera firmata

 

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