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Nove Magistrati del Tribunale di Aosta “censurano” i provvedimenti governativi e regionali “Covid 19”


Le passeggiate? Non è vero, sono vietate

perchè pericolose per la salute pubblica!


Avv. Gerardo Spira*

Il caso e la riflessione in diritto.


Sui quotidiani della Valle d’Aosta il 21 aprile sono comparsi sia la lettera aperta di 9 magistrati del tribunale di Aosta, compreso il presidente dott. Gramola con la quale i giudici valdostani esprimono il loro pensiero, “come cittadini” dicono, sostenuto da qualche spunto di diritto trascinato da considerazioni politiche molto pesanti, ma di fatto censurano i decreti governativi e regionali sul divieto di passeggiare liberamente.

In un Paese in cui la libertà di pensiero è costituzionalmente garantita, ogni cittadino ha il diritto di espressione critica. Non è la stessa cosa quando la riflessione proviene da operatori attivi del mondo della giurisprudenza, che, anche se come cittadini, ragionano secondo una formazione professionale propria di cultura giuridica del settore in cui lavorano Una rappresentanza dello Stato, competente ad applicare la legge ha messo in discussione il valore e la forza di provvedimenti straordinari in un momento di eccezionale emergenza, sollevando eccezioni di liceità degli interventi, ben configurati in diritto. La considerazione, per l’insinuazione giuridica, si sposta sull’operato delle forze dell’ordine e sul valore delle sanzioni applicate ai cittadini colti durante una passeggiata in prossimità, ma anche lontano, dalla propria abitazione. Il cittadino multato per una passeggiata, secondo i giudici della VDA, può far valere la loro teoria per farla franca in sede di decisione. Chissà quanti operatori del diritto sono stati colti in flagranza di reato! Che fine faranno le multe eventualmente impugnate davanti al loro giudizio?

Sono considerazioni non di poco conto, sia per la provenienza che per il ragionamento giuridico sostenuto.

I 9 magistrati, del confine, valdostani hanno scritto” Preoccupa nondimeno assistere in questi giorni ad interventi repressivi di condotte che solo in parte possono ritenersi conformi a quelle vietate con la normativa restrittiva adottata dal Governo e dalle Autorità regionali e che, talora, paiono in effetti prive di qualsiasi pericolosità per i beni della salute e dell’incolumità pubblica.”

Con la testa cosparsa di cenere, pur rispettando la libertà di pensiero, come cittadini, ci permettiamo di sollevare alcuni dubbi sulla logica giuridica del ragionamento, di esperti del diritto, in materia di così grande importanza per il valore, la portata e gli effetti. I provvedimenti emanati dal Governo, confermati a livello regionale, trovano la fonte di partenza in una dichiarazione dell’OMS che riportiamo: “L'Oms dopo rigorosa osservazione ha valutato il focolaio sviluppatosi in diverse parti del mondo di tale gravità da prendere in seria considerazione la dichiarazione ufficiale sia per i livelli allarmanti di diffusione, sia per livelli allarmanti di inazione. L’Oms ha quindi valutato che Covid-19 può essere caratterizzato come una pandemia. Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o disattenzione."

Di fronte a questo evento, l’Autorità di governo, con immediatezza, ha dovuto far ricorso ad interventi non normati da specifica legislazione, ma con gli effetti della urgenza e dell’eccezionalità. L’evento Covid 19 ha colto di sorpresa il mondo sanitario e politico i quali in stretta collaborazione hanno dovuto trovare una via di uscita non prevista e non collaudata in precedenza, unica a fermare la diffusione invasiva di un morbo invisibile. Studiosi e giuristi di spessore giuridico e scientifico, tutt’ora discutono del “fatto” e, anche se da punti di vista diversi, confermano la necessità e l’urgenza di provvedimenti drastici a tutela della salute pubblica.

I provvedimenti trovano la fonte nell’art. 32 della costituzione, che non consente deroghe o privilegi.” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Sulla natura del provvedimento è possibile dissertare, (legge ordinaria o decreto urgente), ma non sul contenuto e le finalità. I provvedimenti sono urgenti e indifferibili. Per tali aspetti la responsabilità di merito ricade sull’Autorità che li adotta.

Due principi rafforzano decreti ed ordinanze: diritto del singolo e interesse della collettività.  Il diritto alla salute pubblica viene prima di qualsiasi altro diritto. Gli altri diritti infatti pur di principio risultano condizionati nella Stessa Costituzione, a motivi di sicurezza e salute pubblica. (art 16 e 17 e 41 Cost.)

La Valle d’Aosta, dai dati statistici e dalle informazioni ufficiali, pare che sia stata colpita dall’evento, in rapporto alla popolazione, con una gravità che la pone in graduatoria subito dopo la Lombardia.

Non è dunque condivisibile il ragionamento sugli effetti illeciti delle passeggiate, in quanto non tiene conto della straordinarietà del momento e dei motivi che ne rafforzano la decisione di prevalente interesse pubblico.

Giova a tal proposito ricorrere al conforto che proviene dalla stessa giurisprudenza amministrativa. Una per tutte, TAR Sardegna, 7 aprile n.122. Nel dettaglio, i Giudici amministrativi  hanno trovato riscontro in un recente pronunciamento del Consiglio di Stato che, sempre in sede cautelare monocratica aveva affermato quanto segue: “per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente compressive di diritti anche fondamentali della persona - dal libero movimento, al lavoro, alla privacy - in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’Ordinamento, ma) potenzialmente tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del periodo” (Consiglio di Stato, Sez. III, decreto n. 1553 del 30 marzo 2020);

Le preoccupazioni dei nove magistrati non trovano riscontro giurisprudenziale, ma sollecitano il nostro interesse a porre altri interrogativi.

Come mai la stessa sensibilità, “giuridica”, sui diritti non traspare nelle questioni di separazione, di quel tribunale, nei confronti di genitori pesantemente colpiti da provvedimenti limitativi di diritti ed interessi di genitori e di figli? Il cosiddetto diritto alla passeggiata, non è uguale al diritto rivendicato dai genitori, separati, di vedere e frequentare i propri figli? Quale differenza di valore giuridico esiste, in linea di principio, tra l’interesse superiore dei minori separati e quello della salute pubblica?

La legge e il diritto, quando riguardano la vita dell’uomo, non possono essere confusi con le ragioni e gli interessi personali e particolari del singolo cittadino. I principi, lo abbiamo appreso agli albori dello studio del diritto costituzionale sono uguali per tutti i cittadini, magistrati compresi, in ugual modo e valore, sempre.

La lettera dei Magistrati della Valle d’Aosta ci ha insinuato dubbi di rilevante portata istituzionale. E meno male che questo pensiero non ha trovato consenso.

I nove magistrati si addentrano inoltre, nella lettera, nel terreno molto sentito oggi della importanza della spesa pubblica, operando la critica politica della scelta di priorità. Essi rilevano “è difficile non chiedersi se davvero non si sappia immaginare un modo più utile per spendere il danaro pubblico, in settori ove ce n’è ben più bisogno per le tante necessità urgenti delle strutture sanitarie o per più seri interventi di prevenzione e protezione degli anziani in strutture di accoglienza

A prescindere dalla considerazione politica sollevata, che riteniamo di grande importanza, per noi diventa difficile immaginare che chi ritiene lecite le passeggiate in montagna non si sia adoperato, con lo stesso impegno culturale per garantire i diritti dei genitori rivendicati durante le questioni di separazione. E i diritti della famiglia sono molti, come la limitazione del diritto di frequenza tra padre e figlio, la disparità di trattamento del rapporto familiare, gli obblighi di mantenimento, le condanne a carico del genitore che ha mancato, anche in via precaria e temporanea di adempiere al contributo, le aperte e giustificate inadempienze od omissioni del genitore che impedisce al figlio di vedere o frequentare l’altro genitore, secondo quanto disposto dallo stesso tribunale nell’accordo omologato o deciso.

Sorge anche qui spontanea la domanda: come mai negli interventi di prevenzione e protezione degli anziani, rilevato dai magistrati nella lettera, non sono stati indicati anche gli interventi di minori chiusi in case famiglia o case protette? Forse risulta che in Valle d’Aosta siano stati garantiti azioni di vigilanza e di controllo in questo particolare momento? E se ciò è avvenuto perché non è stata data assicurazione dell’adempimento alle famiglie interessate e preoccupate?

La spesa pubblica, ricordata dai giudici valdostani, con dovizia di particolare, non è soltanto un loro cruccio, ma un peso dell’intera società, costretta a sopportare il pesante fardello, con grave risentimento, per i costi sostenuti anche per le inattività, non vigilate e non controllate. La comunità paga per il lavoro svolto, quando è svolto, non per le divagazioni. La Comunità, rispettosa del diritto e della legge, ha pagato e paga questo costo in nome del principio di cui all’art.32 della Costituzione, in forza del quale la salute pubblica viene sempre e prima di qualsiasi altro diritto. Avv. Gerardo spira.

* presidente onorario Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (onlus) - Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. – tel. 348.4088690 - Gerardo Spira blog

 

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