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A Milano un bambino risulta maltrattato in comunità

Il Tribunale dei Minorenni manda in Procura il fascicolo


La Procura lo spedisce in una nuova comunità

senza far rientrare in famiglia il piccolo, traumatizzato

 

Ha solo nove anni, ma una vita difficile: il padre è stato ucciso dal nonno, lui ha problemi comportamentali fin da piccolissimo. Il Tribunale dei minorenni ha ritenuto di affidarlo a una comunità terapeutica di Cremona, dove però viene trascurato e maltrattato dagli operatori e dagli altri ragazzi. Il tribunale crede a quanto riferisce il bambino, o per lo meno ritiene che debba essere ascoltato e preso in considerazione, e infatti manda il fascicolo alla Procura delle Repubblica.

«Ci si aspetterebbe che dopo tutto quello che ha passato questo bambino, venga rimandato a casa dalla mamma» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, «invece viene stabilito che venga trasferito in una nuova comunità. Il suo inserimento in una struttura ha già dato prove di fallimento, eppure il Tribunale persegue nella decisione di tenerlo lontano dalla famiglia. Decisione che di certo non è volta a garantire il benessere di questo ragazzino».

La storia di questo bambino è costellata da traumi ed episodi molto gravi: ha sempre avuto dei problemi comportamentali e di gestione delle emozioni, che hanno portato la madre, fin da quando il piccolo aveva sei anni, a cercare un aiuto da parte di specialisti che potessero aiutarla a superare le difficoltà con lui. Due anni fa la tragedia: il padre viene ucciso dal nonno nel corso di una lite. Tragedia che segna l’intera famiglia e soprattutto questo ragazzino già fragile, che viene quindi affidato a una comunità terapeutica di Cremona, dove però il suo comportamento peggiora notevolmente.

La mamma quando va a trovalo lo trova sempre in condizioni igieniche pessime, sporco e con addosso sempre gli stessi vestiti, nonostante lei assicuri periodicamente i cambi di abbigliamento. Il volto tumefatto da lividi, i denti rotti e il corpo ricoperto da punture di zanzare, cui il piccolo è allergico: chiaro segno che gli operatori non usano lo stick antizanzare fornito dalla mamma, che gli eviterebbe le punture degli insetti e i conseguenti attacchi di febbre.

Il bambino racconta, inoltre, di essere stato vittima di comportamenti sessualizzati da parte di un compagno di stanza e di essere stato minacciato e schiaffeggiato da un operatore (che infatti poco dopo venne licenziato).

Non solo: ha raccontato che in comunità, per calmarlo, usavano metodi molto aggressivi, come bloccarlo a terra premendogli un ginocchio sulla schiena e sollevargli la testa all'indietro; altrimenti erano minacce di somministrargli calmanti tramite iniezione oppure di non fargli più vedere la madre se le avesse raccontato tutto.

Da quando è in comunità gli episodi in cui il bambino esplode, sino a faticare a contenerlo, sono sempre più frequenti: i maltrattamenti quotidiani innescano – ovviamente – reazioni aggressive nel minore, già fortemente provato dagli avvenimenti famigliari.

Dopo un’iniziale diffidenza da parte dei Servizi sociali, che hanno liquidato le segnalazioni del bambino come una mancata fiducia nella comunità da parte della madre, alla fine il Tribunale ha scelto di dargli credito, inviando il fascicolo con le ipotesi di reato alla Procura della Repubblica.

«Ma inspiegabilmente, la decisione che poteva parere la più assennata, quella di farlo rientrare in casa dalla mamma, non viene assunta. Tutt’altro: decidono di mandarlo in una nuova struttura» prosegue l’avvocato Miraglia, a cui la madre si è rivolta. «La comunità terapeutica non è in grado di gestire il bambino nella sua quotidianità, né di assicurargli quella tutela necessaria al sano e corretto sviluppo psicofisico. Chiediamo quindi che gli ispettori vadano a controllare come funziona questa struttura. E soprattutto che il piccolo torni finalmente in un ambiente sereno, come quello assicurato dalla sua famiglia. Nel frattempo depositeremo querela nei confronti della comunità e dell’assistente sociale, che sapeva tutto, ma ha sempre ignorato quanto riportato dalla madre».

 

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