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La Cassazione stabilisce che


Le spese condominiali della casa familiare

non possono essere chieste all’assegnatario


A chi spetta pagare le spese condominiali nella casa familiare/coniugale di proprietà di ambedue i genitori o di uno, solo ma, dopo la fine della convivenza, assegnata a quello con cui stanno i figli? E se l’obbligato non paga, l’amministratore del condominio può richiederle al proprietario della casa che non vi abita?

La Cassazione Civile (VIa,, ord. n.16613/2022) ha chiarito che, nel caso di inadempienza del genitore che vi abita, l’amministratore, per la riscossione dei contributi e delle spese di manutenzione, le c.d. spese condominiali, non può agire in giudizio contro l’assegnatario della casa familiare, ma esclusivamente nei confronti del proprietario, che, a sua volta, potrà rivalersi nei confronti dell’altro genitore. L'assegnazione della casa familiare al coniuge o al convivente affidatario di figli minori o di maggiorenni non economicamente autosufficienti (per il 94% sempre alla madre), sottolinea la Suprema Corte, è un diritto personale di godimento sui generis e l’amministratore non può agire giudizialmente nei suoi confronti “l'amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l'esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioè dall'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, sicché è esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, configurandosi il diritto al godimento della casa familiare come diritto personale di godimento sui generis”.

“Sui generis” è la situazione che si viene a creare tra i genitori non più conviventi, di cui uno viene privato di un immobile (o di una sua parte), sul quale ha pagato o continua a pagare il mutuo (talvolta per intero), ed è costretto a sostenere anche le spese condominiali (fra l’altro, coperte dall’assegno di mantenimento) di una sua casa, familiare dove vive anche la madre dei suoi figli, titolari del beneficio dell’assegnazione. Ma c’è dell’altro. Spesso, quasi sempre purtroppo, l’assegnatario sfrutta la propria posizione di forza nei confronti dell’altro genitore e mette in atto una vera e propria persecuzione – di cui le spese condominiali ne sono un ‘aspetto - per “distruggerlo” e umiliarlo dinnanzi ai figli e alla società. Fatto, questo, devastante per i figli e per il genitore più debole, che non può essere tollerato, ed a cui il legislatore deve provvedere con una legge sull’affido paritario obbligatorio e se, in casi particolari, si prevede l’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario/affidatario, si dovrà stabilire chiaramente che le spese ordinarie dell’immobile sono esclusivamente a carico di chi realmente vi abita (e, qualora l’assegnatario dovesse scegliere arbitrariamente un domicilio diverso, dovrà essere revocata l’assegnazione a quello e/o dovrà essere rivisto il collocamento prevalente e, di conseguenza, il diritto di visita).

Tanti tribunali, da parte loro, contribuiscono ad alimentare il conflitto genitoriale, con affidi discutibili e di parte e con la ritrosia verso l’affido paritario, che, invece, garantisce le pari opportunità ad ambedue i genitori e la bigenitorialità – vera, ma non surrogata – ai loro figli. Con l’affido paritario c’è il mantenimento diretto dei figli, senza assegno di mantenimento e la casa familiare/coniugale resta nella totale disponibilità del suo legittimo proprietario (perché, in questo caso, non c’è l’assegnazione).

Perché i giudici non seguono l’esempio di molti tribunali, che, con la scelta dell’affido paritario, hanno quasi azzerato i procedimenti legati al conflitto genitoriale ad esclusivo vantaggio del rispetto del supremo interesse del minore?

 

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