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Basta alla assurda sottrazione dei figli

per affidarli a comunità e case famiglia


La regione Piemonte ha approvato una propria legge, cd. Allontanamento Zero, che pone fine all’affido etero-familiare dei minori che vivono in una famiglia con difficoltà esistenziali ed economiche e stanzia una cifra annuale - di gran lunga inferiore a quella pagata attualmente – per assistere queste famiglie e i loro figli. La situazione minorile in Umbria è ancora peggiore, ma i politici e gli amministratori degli enti da cui dipendono questi “chiacchierati” servizi sociali, collettori di voti, non osano opporsi alle lobby che gestiscono il business dei minori in difficoltà e degli affidi nelle separazioni.

Occorre dire basta a questo abuso istituzionale poiché, invece di aiutare i genitori in difficoltà, garantire serenità ai minori e giustizia al genitore separato più debole, le istituzioni umbre preposte alla tutela dei minori rischiano di operare, di fatto, al di fuori della legge. La situazione sta peggiorando con la crescita del potere politico e “culturale” delle associazioni di genere e dei centri antiviolenza, con la conseguenza che sempre più diminuiscono i controlli – dovuti, per legge, da parte da parte degli enti locali, delle forze dell’ordine, della magistratura e delle Asl - sull’operato delle comunità e delle case famiglie, in cui vengono collocati i minori sottratti alla famiglia d’origine e sulla professionalità degli educatori. I sindaci, i dirigenti e tutti coloro a cui compete il controllo, infrangono la legge e nessuno li chiama, anche penalmente e disciplinarmente (quando previsto), alle loro responsabilità istituzionali.

Occorre una radicale trasformazione dell’ovattato e inquietante mondo minorile, gestito da servizi sociali, spesso incompetenti, arroganti, presuntuosi e perfino ostativi dei diritti costituzionali dei minori e dei loro genitori. Questi servizi sono pagati con soldi pubblici, ma non rispettano la legge che regola la pubblica amministrazione e, spesso, gestiscono i minori (anche nelle separazioni), arrogandosi competenze che appartengono solo alla magistratura italiana, come più volte ha sottolineato la Corte Europea per i Diritti Umani nel condannare, con pesanti sanzioni, il funzionamento della giustizia italiana.

Occorre farla finita con elitari e costosi convegni, conferenze (sempre accedendo ai soldi pubblici) e proclami sui minori, a cui partecipano anche allineati magistrati che, spesso, sono anche solerti nel rigettare l’opposizione formulata dal genitore discriminato a tutela dei propri figli. Parole, ancora parole e i diritti dei minori e dei loro genitori sono, di fatto, ignorati.

Le comunità e le case famiglia notoriamente non funzionano, non educano i bambini a loro affidati e il personale che vi lavora non sempre è in grado di assolvere all’impegnativo compito di crescita e formazione dei minori. La parte economica, però, è curata con molta attenzione e queste strutture arrivano addirittura a percepire dalle casse pubbliche, cioè con i nostri soldi, anche €. 300 al giorno per ciascun minore. Non esiste trasparenza e i servizi sociali disconoscono le denunce degli stessi minori e dei loro genitori; l’informazione cerca lo scoop e non da spazio al diffuso malessere della maggior parte dei minori, “ostaggi” in strutture che ignorano il loro diritto a vivere in famiglia e ad essere sereni; i controllori non esistono e gli amministratori disattendono la legge e, nelle poche occasioni in cui effettuano verifiche, ricorrono allo stesso personale del servizio pubblico: controllori e controllati coincidono nelle stesse persone.

Non si può più attendere e la nostra proposta è quella di aprire un dibattito sull’affido etero-familiare per arrivare in tempi rapidi ad una diversa gestione dei minori con famiglia in difficoltà esistenziale. Una legge regionale sulla delicata materia è possibile e, come in Piemonte, anche in Umbria occorrerà fermezza nel portarla avanti e una rapida indagine regionale sul malessere e i traumi psico-affettivi dei minori, costretti, contro la loro volontà, a vivere in strutture non sempre raccomandabili.

Allontanamento Zero (eccezion fatta dei casi, purché documentati, in cui i minori subiscono violenza sessuale e maltrattamenti fisici in famiglia) non solo è possibile, ma è doveroso anche in Umbria. La regione e l’assessore alla salute e alle politiche sociali non possono ignorare quanto accaduto in una regione molto vicina politicamente alla giunta umbra, con i due assessori provenienti dallo stesso partito. Oggi si paga, economicamente, il disservizio sociale e, ogni anno, si sprecano milioni di euro di denaro pubblico per strutture clientelari e, in alcuni casi, anche devastanti l’esistenza dei minori. Sarebbe sufficiente, invece, impiegare solo una parte di tali somme per proteggere i minori e aiutare le loro famiglie in difficoltà. Basterebbe solo volerlo.

Anche in Umbria scenderanno in piazza alcuni sindaci e il Pd, come in Piemonte, per difendere acriticamente l’operato dei servizi sociali e gli affidi etero-familiari, perché non sempre comprendono che le riforme sociali vanno fatte e con urgenza, indipendentemente da chi le propone. E’ una questione di correttezza e di democrazia. Non più discriminazione ed isolamento dei minori e dei loro genitori, ma programmi regionali, concreti ed efficaci, per prevenire l’abbandono di cittadini con difficoltà esistenziali e per aiutarli a gestire la famiglia, al cui interno i figli devono crescere e vivere sereni e felici, come ci ricorda la psicologia dell’età evolutiva. Il resto sono solo parole inutili.

Ubaldo Valentini, presidente Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)

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Vorremmo aprire una rubrica su questa vitale problematica e invitiamo i cittadini ad esprimere il loro parere e i genitori espropriati dei propri figli a raccontare la loro disavventura. Manterremo l’anonimato se richiesto. Potete contattarci al 347.6504095 e su Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. . Grazie.

 

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