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La riforma della procedura di affido:

tante parole senza risolutive risposte!


L’entrata in vigore, parziale, della riforma della procedura civile per l’affido dei minori e per le separazioni e divorzi ha evidenziato l’importanza che avrebbe potuto avere ma anche la strategica scarsa chiarezza dei legislatori che, ovviamente, non vogliono prendere posizioni inequivocabili sugli abusi legati agli affidi dei figli quando i genitori non sono più conviventi.

Sarebbe stato fondamentale, prima di rivedere il codice di procedura civile, riformare il codice civile per renderlo rispondente al nuovo contesto sociale e culturale e, nei tribunali, porre fine a quelle discrezionalità che, fino ad oggi e in troppi casi, si sono rivelate, purtroppo, discriminatorie, prima dei minori poiché, di fatto, negano loro la vera bigenitorialità e non li mettono al centro dei procedimenti di affido e, poi, costituiscono un abuso istituzionale poiché non garantiscono le pari opportunità negando il diritto alla cogenitorialità al genitore non collocatario.

I vari protocolli, soprattutto quello sulle spese straordinarie, che i tribunali si sono dati in sintonia o combutta con il locale ordine degli avvocati per modificare a loro discrezione, in concreto, quanto prevede il codice sull’affido e mantenimento dei figli minori o economicamente non autosufficienti, potrebbero rasentano un vero e proprio abuso d’ufficio.

I giudici non sono legislatori e amministrano la giustizia in base al codice civile disposto dal Parlamento, i legali non possono sostituire i genitori (sono incaricati, a pagamento, solo per curare la loro difesa legale) su provvedimenti impropri – perché le decisioni devono essere prese caso per caso e non in modo meccanico. I genitori, volutamente e strategicamente, sono stati esclusi da giudici e avvocati – sono gli unici deputati a decidere per i propri figli.

Il protocollo per le spese straordinarie, applicato indiscretamente a tutti i casi, oltre ad essere generico e in contrasto con i codici civili che si occupano dell’affido e del mantenimento dei figli con genitori non più conviventi, è contraddittorio e considera – abusivamente - tante spese ordinarie come straordinarie quando in realtà sono tutte coperte dall’assegno di mantenimento. Era ed è indispensabile ed urgente che il legislatore prenda i dovuti provvedimenti in merito.

 

Quando si parla di affido condiviso non si può eludere il tema dell’affido paritario che dovrebbe imporre ai genitori il rispetto della personalità del minore con l’ubicazione della propria abitazione nella stessa zona di residenza del figlio, di modo che il minore possa spostarsi agevolmente tra le due abitazioni dei genitori e mantenere i consolidati rapporti con il contesto parentale, scolastico, amicale e sociale in cui è sempre vissuto. In tribunale si parla solo dei diritti dei genitori e non di quelli del minori e il conseguenziale dovere di non stravolgere la vita del figlio non è mai previsto, soprattutto per il genitore collocatario.

L’invocata conflittualità dei genitori non è una malattia inevitabile o irreversibile ma una inevitabile conseguenza di provvedimenti ingiusti. Inoltre, chiedere il rispetto dei diritti negati è un dovere inalienabile per il genitore non collocatario e non può essere arbitrariamente considerata una conflittualità verso il genitore che, di fatto, detiene un potere esclusivo sui figli.

I servizi sociali, nelle relazioni ai giudici, giustificano tutto, compreso il divieto ai minori di avere rapporti significativi con ambedue i genitori e per farlo si ricorre alla gratuita penalizzazione di quello non convivente con i propri figli ed arrivano addirittura a manomettere le informazioni non funzionali all’immagine del genitore collocatario, cioè, al 94%, la madre. La riforma della procedura civile impone al giudice, però come al solito in modo generico, di predisporre, contemporaneamente all’incarico, la regolamentazione dettagliata (data………….) dell’attività del servizio sociale chiamato a fornire informazioni al tribunale. Asserzione, questa, che dovrebbe prevenire il diffuso abuso del servizio sociale che antepone le logiche di genere ai fatti reali.

L’articolo 473 bis 12 c.p.c. dispone che il ricorso di affido dei figli (sia consensuale che giudiziale) debba contenere un piano genitoriale che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godutea cui, in caso di discordanza tra i due piani, il giudice, in sede di adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti “può formulare una proposta di piano genitoriale tenendo conto di quelli allegati dalle parti.” (art. 473bis 50).

Stiamo certi che verrà proposto o meglio imposto, da giudici e avvocati con la categorica e consueta esclusione dei genitori e delle loro rappresentanze, un nuovo protocollo di intesa, generico e valido per ogni stagione, per regolamentare ogni aspetto della vita dei minori con l’illusione sia che sia possibile predisporre, in anticipo, anche i più piccoli bisogni dei minori sia che le discordanze sui diritti dei figli siano solo discordanze accademiche e non sostanziali.

Ma non è così poiché certi provvedimenti non tutelano affatto i diritti reali dei minori e non possono essere sottaciuti per rincorrere una concertazione che tale non può essere. I professionisti, coerentemente con la propria etica professionale, non sono propensi a provvedimenti penalizzanti prima di tutto i minori e per farlo si rende necessario rendere palesi torti e ragioni. E’ una questione di giustizia e non è v  ero che ciò non migliorerà le cose poiché la condivisione, prima culturale e poi nella quotidianità, si costruisce solo mettendo al bando la non verità dei fatti che alimenta sempre la conflittualità genitoriale.

Tutto ciò sarebbe stato possibile con l’applicazione della legge vigente in modo oggettivo e non per confermare discriminazioni deleterie di un genitore. Il c.d. bonismo non aiuta i minori a crescere in un contesto familiare sereno e, di conseguenza, costruttivo. I protocolli sono funzionali a quei avvocati poco attenti ai diritti minorili e genitoriali e ai giudici che, così, non devono impegnarsi in scelte che richiedono una scrupolosa lettura degli atti per decidere, poi, caso per caso, così come stabilisce il codice civile.

Si riduce il tempo dei procedimenti con la sinteticità degli atti, anche quando la sinteticità va contro la completezza dell’informazione da fornire al giudice, potrebbe servire per giustificare, poi, provvedimenti che non sono rispondenti al superiore interesse dei minori.

C’è da chiedersi che senso abbia la presentazione congiunta della separazione e del divorzio che, comunque, verrà analizzato solo una volta che sarà passata ingiudicata la sentenza di separazione. Anche con la precedente procedura in tutti i tribunali italiani quasi mai, salvo casi eccezionali, venivano modificati i provvedimenti della separazione emessi sei mesi o un anno prima. Tanto rumore per niente!

Chiuderanno i tribunali per i minorenni e verrà istituito il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie che, di fatto, sarà solo il cambio del nome e non della sostanza, su cui, assieme al nuovo ruolo del servizio sociale, in modo specifico interverremo nei prossimi giorni.

Non basta cambiare i nomi, ma occorre che i giudici che non funzionano vengano rimossi da questo particolare settore della giustizia perché il diffuso disastro esistente oggi nell’affido dei minori in molti tribunali italiani, nelle separazioni e nei divorzi è dovuto proprio dall’inadeguatezza e/o impreparazione di chi amministra il diritto di famiglia e il diritto minorile.

Resta indiscutibile che alla richiesta professionalità deve anche corrispondere la possibilità di poter contare anche su un adeguato numero di giudici, preparati e selezionati in base alle loro effettive competenze.

 

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