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Venerdì 08 Maggio 2015 09:07

incredibile ma vero!

Centri antiviolenza per le madri

e/o violenza legalizzata sui padri?

 

di Ubaldo Valentini *

Occorre premettere che la violenza  non ha ragione d’esistere in nessun caso e che deve essere combattuta con tutti i mezzi. Ciò, però, non ci esime dal sottolineare che la violenza spesso viene invocata a sproposito e che dietro a certe battaglie si nascondono interessi non sempre solari. La violenza fisica è con maggior frequenza di genere ma non va sottovalutata quella psicologica, sociale, culturale che l’alimenta o che – come troppo spesso avviene – la subisce l’uomo e per questo troppi contesti sociali continuano a negala.

Il binomio che vuole la donna sempre vittima e l’uomo sempre carnefice è fuorviante.

 

Il fatto

Un uomo, divorziato e con un figlio maggiorenne cresciuto in collaborazione con la madre, diviene nuovamente padre a seguito di una relazione con una straniera. Solo ora viene a sapere che questa donna era stata “deferita all’autorità giudiziaria per molestie e disturbi alle persone, per stupefacenti ed era stata denunciata per lesioni personali e per violazione di domicilio a scopo di furto” e, a causa della sua “pericolosità sociale” gli veniva negato il permesso di soggiorno.

La nascita di un figlio in Italia le aveva assicurato il permesso di soggiorno pur restando in piedi tutti i provvedimenti giudiziari. Da quel momento, lei, aveva risolto i propri problemi di soggiorno e pensò bene di far fruttare economicamente la nascita di un figlio concepito con un uomo italiano.

Ha incominciato a contestare la convivenza, a rendere impossibile la vita al compagno, a rifiutare il lavoro  e a trascorrere gran parte del giorno al bar. Ma non si era fermata a ciò. Lo offendeva continuamente anche in presenza degli amici, lo accusava di essere sempre ubriaco (perché una volta, dopo una cena con amici, era risultato positivo al test etilico) e di essere un cocainomane (circa trent’anni fa un coetaneo  con  problemi di droga aveva riferito alle forze dell’ordine che lui, giovanissimo, gli aveva fornito uno spinello. Fu indagato e assolto perché estraneo ai fatti).

Col passare dei mesi la signora intensificò le aggressioni verbali e non solo contro il compagno, chiedendo continuamente soldi a tutti per inviarli, a suo dire, alla madre malata, incominciò  a chiamare continuamente i carabinieri per ogni discussione con il padre di suo figlio che, la sera, al rientro dal lavoro chiedeva informazioni sul bambino. Arrivò ad accusarlo di violenza e stalking su di lei e sul figlio stesso, di maltrattalo mentre, in realtà, il piccolo era legatissimo al padre che, nel tempo libero, stava sempre con lui.

Nelle denunce ha indicato una serie di testimoni suoi amici che, interrogati dai carabinieri, hanno messo in evidenza la pazienza del compagno, le sue capacità genitoriali ed invece hanno evidenziato il carattere difficile e violento della signora che l’umiliava ed offendeva continuamente e senza alcun motivo, che era sempre alla ricerca di soldi tra i conoscenti e i parenti dell’uomo. Arrivò a chiedere soldi anche su internet.

Gli stessi carabinieri hanno segnalato alla Procura della Repubblica competente che quanto denunciato dalla signora era in netto contrasto con quanto affermato dai testimoni da lei indicati che, al contrario, negavano la violenza del compagno che, secondo loro, era la vera vittima del comportamento della signora.

Una bella sera la signora ha chiamato i carabinieri per presunte violenze del compagno ed ha dichiarato che voleva andarsene da casa con il figlio per andare a vivere altrove, nonostante il compagno le avesse prospettato, dinnanzi alle forze dell’ordine, di restare lei in casa perché se ne sarebbe andato lui.  In realtà era già pronta l’amica della signora – anch’essa con problemi con la giustizia – che li ha prelevati per portarli a dormire a casa sua.

Il giorno dopo si è rivolta ad un centro antiviolenza per chiedere protezione e ad una casa protetta in un comune vicino per essere ospitata. Il genitore solo ora è venuto a conoscenza dove si trovi suo figlio che da oltre cinque mesi non vede e non sente. Il bambino ora ha  due anni e mezzo ed ancora non sa perché il padre – che continua disperatamente a cercare -  sia “sparito nel nulla”.

 

Il centro antiviolenza

ubicato in una grossa città umbra, è finanziato dagli enti pubblici, rientra nei progetti a difesa della donna che, a loro dire, è l’esclusiva vittima della violenza dell’uomo. Le istituzioni finanziano strutture senza il minimo riscontro oggettivo sul loro operare e sulle competenze scientifiche degli operatori. Il dinamismo – meglio sarebbe dire la interessata presunzione e il fanatismo settario e qualunquista – ha indotto la responsabile del  centro a scrivere al tribunale per i minori affinché venisse tolta al padre la responsabilità genitoriale, invitandolo a tenergli nascosta la località dell’attuale residenza della madre e del figlio e, cosa ancor più grave, chiedendo di secretare la lettera per garantire la tutela della signora e del minore.

Le motivazioni di tale richiesta  erano le seguenti: la madre aveva  subito gravi e ripetute violenze fisiche, psicologiche e minacce da parte del compagno – che l’accusante si sarebbe riservata di specificare dettagliatamente in seguito -  ed era stata costretta ad allontanarsi dall’abitazione familiare  a causa dei maltrattamenti subiti e a tutela della incolumità psico-fisica propria e del figlio minore. In seguito all’ultimo ed ennesimo episodio di maltrattamento e minacce da parte del compagno - che non appaiono nemmeno negli atti dei  carabinieri intervenuti -  a dire di questo centro che ha come finalità quello di  liberare tutte le donne -  la signora si era vista costretta a  rivolgersi a loro  per richiedere ospitalità  “protetta” per sé e per il figlio minore.

 

Cosa pretendere

Quanto sopra esposto è eloquente. Restano solo alcuni interrogativi:

  1. a quale titolo e con quale competenza scientifica questo centro, avendo ascoltato solo la donna, denuncia e convalida le sue accuse contro il compagno, contribuendo a tener lontano il figlio dal padre e pretendendo che al genitore gli venga tolta la facoltà genitoriale
  2. quali sono i rapporti tra il centro antiviolenza e le strutture protette, pagate salatamente dagli enti locali, e i servizi sociali che dovrebbero controllare ma che, notoriamente, non controllano
  3. i servizi sociali convalidano quasi sempre i “pareri” strettamente personali di queste strutture - per la mancanza del contraddittorio - senza segnalarne le contraddizioni alle autorità di competenza o, talvolta, mistificando le loro contraddizioni
  4. tali strutture per operare devono sottoscrivere un protocollo d’intesa che regolamenti i loro rapporti con le istituzioni pubbliche, con le strutture private a tutela di tutti, ripeto tutti, i cittadini e non solo della donna e che preveda anche competenze e retribuzioni
  5. i tribunali devono verificare l’oggettività delle asserzioni e le lettere-relazioni non richieste  a firma di responsabili di questi centri che influenzano le sentenze dei giudici
  6. non è giusto che le infinite strutture – dalle pari opportunità ai centri antiviolenza, alle case protette, alle cooperative sociali, alle varie organizzazioni di volontariato che gestiscono soldi pubblici - operino senza un rigoroso monitoraggio esterno alle strutture e alla politica
  7. chi amministra, a qualsiasi titolo, soldi pubblici deve operare con i titoli professionali e garantire la massima trasparenza per tutti e su tutto: l’improvvisazione e la presunzione non giovano ai minori in difficoltà o da loro ritenuti tali.

 

Cosa fare

Questo rinomato  centro antiviolenza umbro sta arrecando gravi danni ad un bambino a cui da mesi è stato vietato di vedere il padre perché qualcuno ha creduto alla gratuite accuse della madre, convalidate da persone ideologicamente schierate o, sarebbe meglio dire, pervase da ansia di protagonismo.

I servizi sociali interpellati ci hanno risposto che questi centri difendono solo le donne e non sono tenuti a verificare la veridicità delle asserzione delle donne che si rivolgono a loro. Nessuno si pone il problema delle pesanti conseguenze sui minori derivanti da accuse false.

A questo padre non resta che denunciare penalmente questo centro e chi ha sottoscritto certe lettere calunniose, fortemente dannose per il figlio minore che, a parole, affermano di voler difendere. Consequenziale sarà la richiesta di risarcimento economico che, speriamo almeno questa volta, non venga pagato da noi cittadini!

Tutti coloro che vengono discriminati per l’operare di strutture para-pubbliche, pubbliche e private devono rivolgersi alla magistratura e pretendere giustizia per i propri figli e per sé.

 

Cosa pensare

Gli slogan non servono a cambiare una mentalità che divide rigorosamente la società in buoni e cattivi, in vittime e carnefici. C’è del vero negli uni e negli altri poiché nessuno può ritenersi innocente e quindi scagliare per primo la pietra contro la vittima designata. Anche nei gesti più esasperati, talvolta ci sono concause da ricercarsi anche nei comportamenti esasperanti della vittima verso l’artefice del gesto.

Certi movimenti sfruttano alcune situazioni estreme per generalizzare un vittimismo per cui, secondo loro, sono autorizzati a sostenere di tutto e di più contro la controparte  sempre colpevole,  se non altro per il fatto di esistere e di essere di genere maschile. In una società, complessa e articolata come la nostra, certe ideologie, arcaiche e strumentali, non hanno più ragione di esistere e devono essere smascherate e combattute con ogni mezzo dalle istituzioni, dalle forze politiche e dalla società. Questi invocati movimenti sono sostenuti da una certa cultura partitica perché costituiscono una inesauribili fonte di voti che noi cittadini, però, dobbiamo economicamente pagare.

Si rende urgente e non più rinviabile un monitoraggio serio di una miriade di movimenti, associazioni, cooperative sociali, case protette, centri di mediazione familiare e culturale, organismi a tutela di questa o quella vittima del maschilismo, di certe istituzioni di volontariato o socio-assistenziali che finiscono per speculare, economicamente e non solo, sulle disgrazie altrui.

Per tutti, infine, dovrebbe essere fermo il principio che il volontariato non si fa pagare!

Per intervenire nel dibattito scrivere a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , fax. 075.8557250 o telefonare al n. 3476504095

* presidente Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori

 

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