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Venerdì 16 Settembre 2016 16:03

Una sentenza che offende i padri separati, i loro figli e la società civile


La cassazione svuota l’affido condiviso

 

di Ubaldo Valentini *

Non si comprende con quali motivazioni giuridiche la suprema corte di cassazione, con la sentenza n. 18087/16 del 14.9.2016, I sez. civ., abbia potuto sentenziare che durante l’età scolastica i figli debbano essere collocati presso la madre e che gli stessi la debbano seguire quando si trasferisce altrove – anche distante migliaia di km. dalla abituale residenza familiare e del loro padre - per lavoro e, si sottintende, per esigenze personali.

Il diritto alla carriera della donna non può essere condizionato, dunque, dalle esigenze psico-affettive e sociali dei figli e dal loro diritto alla bigenitorialità e, di conseguenza, sarà il padre a doversi fare carico dei viaggi se vorrà vedere e stare pochi minuti con i propri figli.

Altra pillola di saggezza della sentenza, si sostiene che i minori anche quando sradicati dal loro contesto sociale si adeguano benissimo ai nuovi ambienti, anche completamente diversi da quelli dove sono nati e vissuti, e - altra bufala -, il pendolarismo per frequentare il padre, per poco tempo, tra città distanti non costituisce per loro un problema.

Questi giudici - detti ermellini per la pelliccia di noti carnivori che indossano nell’esercizio del loro mandato - non devono tener conto della psicologia e pertanto è supponibile che non la conoscano. C’è da chiedersi, però, come possano sentenziare senza tener conto che i diritti della madre trovano un limite nei diritti dei figli e che i minori sono persone con i loro diritti e con le loro aspettative. Non da ultimo non si può dimenticare che i figli sono stati chiamati alla vita dai genitori e non viceversa.

La tutela del contesto sociale dei minori (relazioni familiari, l’inalienabile bigenitorialità, ambiente in cui sono nati e vissuti, le relazioni affettive e amicali, la scuola frequentata, la presenza in tempo reale di ambedue i genitori, ecc.) è quanto mai indispensabile per una reale tutela dei minori. Il resto è solo paranoia e sudditanza a stereotipi socio-culturali di altri tempi, quando gli ermellini portavano anche la parrucca e il loro procedere lento e difficoltoso per l’età incuteva nel povero suddito non rispetto ma timore e tremore.

Le cose oggi sono cambiate?

No, anche perché i giudici dovrebbero sentenziare in nome del popolo italiano e in base al diritto e alle leggi che il parlamento si è dato nel corso degli anni. Le pari opportunità genitoriali sono garantite dal diritto e una casta che pretende autonomia ed indipendenza di fatto nega proprio questo fondamentale diritto.

C’è da chiedere agli estensori di questa sentenza cosa hanno sentenziato o sentenzieranno quando una madre non fa vedere i figli al padre, quando lavora a nero per avere l’assegno di mantenimento per sé e più alto per i figli, quando procura l’alienazione parentale nei figli presso di lei collocati o a lei affidati per indurli a rifiutare il padre e i suoi parenti, quando si trasferisce con falsi pretesti in città lontane, magari per seguire la nuova fiamma affettiva del momento, quando accoglie nella casa del marito o da lui pagata il proprio amante con pretestuose coperture, quando il padre deve vivere con pochi spiccioli, talvolta mangiando nelle mense pubbliche, quando lo stesso non è in grado di pagare l’assegno di mantenimento, quando subisce, dal tribunale, un danno economico e psicologico, quando nei fatti ha perso i propri figli.

 

Questi giudici si pongono il problema che i provvedimenti iniqui danneggiano ed annullano la figura paterna ma soprattutto disorientamento e alimentano nei minori le devianze, il bullismo e l’inquietudine dei giovani che, di certo, non si sentono tutelati dalle istituzioni che poi, una volta adulti, finiscono per rifiutare.

 

Questi ermellini ignorano che i padri vogliono fare, fanno e sanno fare i genitori e talvolta con più competenza della madre. Non serve emettere sentenze come se la società sia rimasta ai tempi delle parrucche, prigioniera di pregiudizi culturali e religiosi che consideravano la donna l’angelo del focolare.

I tempi sono cambiati e sarebbe opportuno cambiare, con la massima sollecitudine, queste variegate caste che amministrano la giustizia senza nessun controllo. Le riforme della giustizia del diritto di famiglia, della magistratura e della giustizia spetta ai politici che, ovviamente, devono formulare leggi chiare che non permettano l’ambigua discrezionalità.

Siamo abituati ai balletti delle sezioni della suprema corte di cassazione che spesso si pronunciano in modo contraddittorio sugli stessi argomenti inerenti le separazioni e l’affido dei figli. Ora, gli ermellini hanno sancito la fine dell’affido condiviso e si sono allineati con una cultura di genere, molto cara a certi ambienti politici, che ha ridotto sul lastrico molti padri separati ai quali è stato negato il diritto alla genitorialità. Questa sentenza è uno schiaffo anche ai figli minori a cui, di fatto, si nega l’inalienabile diritto alla bigenitorialità.

La stragrande maggioranza dei padri separati subisce le ingiuste sentenze della Giustizia italiana e sono estromessi dalla vita dei loro figli. Tutto ciò alimenta sfiducia nelle istituzioni - che nessuno controlla – e spinge molti di loro ad abbandonare i figli e, purtroppo, a farsi giustizia da soli.

Queste situazioni sono riconducibili, purtroppo, alla mala giustizia italiana, alla scarsa considerazione verso i padri e i figli, ai “dolosi” silenzi di molti politici e di alcuni media pronti sempre allo scoop giornalistico sulle disgrazie altrui ma poco inclini a denunciare le discriminazioni esistenziali subite da oltre il 60% dei padri separati.

Si può ancora avere fiducia nella imparzialità delle istituzioni, dei tribunali e della suprema corte di cassazione? Certamente no!

* presidente “Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori”

 

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