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Venerdì 04 Novembre 2016 19:14

La sentenza della Cassazione sulla “maternal preference”

Cancellata dal Tribunale di Milano


Avv. Gerardo Spira

Su questo sito subito dopo la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n.18087/2016 del 14 settembre pubblicammo un articolo dal titolo “il coraggio di rottamare e non riciclare”, in cui ci permettemmo di evidenziare tutte le criticità della decisione degli ermellini, prime fra tutto l’interesse del minore e la parità genitoriale.

I supremi giudici con la sentenza del 14 settembre avevano riportato il diritto indietro di oltre 30 anni, negando due principi ormai affermati in tutto il mondo giuridico internazionale appunto: il superiore interesse del minore e la parità genitoriale.

Non a caso nel sottotitolo ricordavamo provocatoriamente che i Giudici della Cassazione nella fretta della decisione (il caso riguardava due loro colleghi) avevano smarrito la toga e il diritto.

Decisione aberrante che mette in evidenza la necessità primaria di intervenire e subito in modo definitivo nel diritto di famiglia.

Meno male che in mezzo a tanto disastro compare una rondine a preannunciare una primavera diversa e nuova.

La nona sezione del Tribunale di Milano, relatore il Giudice dott. Giuseppe Buffone, con decreto del 19 ottobre ha cancellato l'obbrobrio giuridico dei colleghi ermellini, restituendo alla Giustizia dignità e credibilità.

La Cassazione, forzando la razionalità giuridica, aveva deciso che la figlia dovesse essere assegnata di preferenza alla madre trasferita in altro luogo di lavoro e non al padre col quale invece manteneva relazione nello stesso ambiente di vita di tutto il nucleo familiare.

Secondo i supremi giudici il padre poteva continuare ad esercitare il diritto di visita nella località di nuova residenza della madre non essendo rilevanti le abitudini di vita e i rapporti consolidati con la scuola, gli ascendenti, in quanto il nuovo ambiente avrebbe compensato e arricchito conoscenza e cultura.

Il tribunale di Milano invece, in caso analogo, è stato invece di avviso diverso.

Il giudice di Milano, relatore l’illuminato giudice dott. Buffone, ha sostenuto che la collocazione del minore presso la madre non comporta automaticamente un diritto acquisto trasferibile in qualsiasi luogo. Ha valore l'ambiente di relazioni e familiari che non si possono sostituire a piacimento.

Il tribunale si è soffermato anche sul concetto di collocazione, diverso da quello di affidamento.

 

La collocazione deve intendersi il luogo di residenza, la casa in cui il minore vive stabilmente e rientra per dormire.

 

Dunque per il Tribunale di Milano il collocamento deve essere valutato caso per caso rispettando il principio di parità della condivisione genitoriale, guardando soprattutto all’interesse del minore che non può essere considerato un” pacco postale”.

Il Giudice di Milano ha ripreso e riaffermato il principio della parità dei genitori nella situazione di separazione. Entrambi i genitori decidono e condividono la responsabilità di fronte all'interesse del minore senza alcuna preferenza.

Secondo il tribunale di Milano, un genitore deve essere preferito rispetto all'altro perché più adeguato, ma non perché ritenuto superiore. Non esiste nel diritto un ordine naturale che attribuisce ad un genitore un valore superiore.

Il Tribunale di Milano insiste ancora sulla teoria ricordando che in caso di conflitto il criterio guida è e resta sempre il superiore interesse del minore. Il criterio della “maternal preference” non può trovare applicazione nel nostro Ordinamento in quanto criterio interpretativo non previsto dagli artt.337 ter e ss cod. civ, e in contrasto con la stessa ratio ispiratrice della legge 54 del 2006 sull'affidamento condiviso.

Il diritto internazionale in sostegno del principio della parità genitoriale ha superato il criterio della preferenza materna in favore di norme che rivalutano il criterio della neutralità del genitore affidatario, che può essere sia il padre che la madre.

La materia affonda sempre più nel baratro della confusione giurisdizionale da cui nasce l'incertezza da parte degli operatori e la sfiducia da parte dei cittadini.

Intanto dobbiamo sperare che la buona scuola del diritto prenda nota della lezione del Tribunale di Milano che non ha fatto altro che ragionare come l’avvocatura italiana, da anni impegnata a difendere il diritto di famiglia nella logica dell’interesse dei minori, distratti e bistrattati dalla cultura di genere.

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