Stampa
Lunedì 29 Ottobre 2018 09:41

L. 54/2006 e DDL. 735/2018


La legge 54 sull’affido condiviso

va applicata e non annullata!


di Ubaldo Valentini *

Il d.d.l. Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità“, a firma di alcuni senatori della Lega e del M5S, ha il preciso intento - poco attinente alla riforma della L.54/2006 che ha introdotto l’affido condiviso -:

  1. di eliminare alcune iniziative facoltative, riportandole in quelle obbligatorie a pagamento da parte dei genitori che intendono separarsi e divorziare, senza preoccuparsi di fissare le regole di comportamento agli attori (mediatori) che hanno operato per anni con risultati scadenti e spesso nocivi per i minori e per i loro genitori;
  2. di ridurre l’accesso all’istituto del divorzio alla maggior parte dei genitori, poiché solo coloro che hanno un discreto reddito possono accedere alla separazione/divorzio e pagarsi le spese per la mediazione obbligatoria e per  il coordinatore familiare, considerato che – come la storia giudiziaria ci insegna – la conflittualità nella coppia ha radici profonde che la mediazione non riesce mai a risolvere e che può essere contenuta solo con provvedimenti equi e vincolanti per ambedue i genitori;
  3. di prospettare un condiviso incentrato solo sulle esigenze degli adulti, considerando marginali quelle del minore. Il Parlamento - consapevole che i minori di età inferiore ai dodici anni possono già avere una capacità valutativa e, quindi, possono esprimere le loro esigenze e le loro aspettative nell’affido che li riguarda - ha abbassato l’età in cui il giudice ha il “dovere” di ascoltarli quando il loro parere può essere importante per un affido sereno e rispettoso, in primo luogo, della sua persona.
  4. di introdurre altre figure professionali, che possono essere recuperate nel vasto pantano della funzione pubblica. Nella proposta di legge non esiste alcuna garanzia sulla loro (mediatori e coordinatori familiari) reale professionalità e nemmeno sono previsti periodici controlli con personale terzo e specializzato per verificarne competenza e validità della loro attività.

Il nostro diritto è fondato sui diritti della persona e quindi sull’obbligo dello Stato di assicurarne l’esercizio attraverso le rappresentanze istituzionali.

Non occorre, pertanto, limitare la libertà del cittadino ed estromettere ulteriormente il minore da un processo che lo riguarda in prima persona facendo ricorso ad espedienti di dubbia natura etica.

Vanno disciplinati, invece, due momenti cardini della “questione Separazione”: la discrezionalità dei servizi e dei tribunali e il potere facoltativo attribuito agli stessi.

E’ fondamentale che i procedimenti amministrativi e civili si svolgano attraverso un percorso ben definito, individuato non solo dagli “addetti ai lavori” ma anche con i loro utenti (i genitori che hanno il dovere di tutelare i propri figli e se stessi) a garanzia in primo luogo del minore, assicurando, così, al figlio e ad ambedue i genitori, il pieno rispetto del diritto alla bigenitorialità.

La mediazione

Il sen. Pillon, che rivendica la paternità del ddl, enfatizza l’istituto della mediazione come la panacea di tutti i mali della separazione della coppia. Si preoccupa dell’albo dei mediatori, delle figure che dovranno svolgere la funzione, senza toccare ciò che è stato fatto finora, anzi recuperandolo nelle sue criticità e negatività. Per la stessa funzione ha accomunato figure professionali di cultura, competenze e capacità diverse.

Gli avvocati (art 1, c. 2, lett. c) possono avere la qualifica di mediatore familiare purché iscritti all’ordine professionale da almeno cinque anni ed abbiano trattato almeno dieci nuovi procedimenti in diritto di famiglia e dei minori per ogni anno.  La loro possibilità di iscrizione all’albo, pertanto, è subordinata a condizioni diverse da tutte le altre figure che hanno acquisito il titolo nei vari “diplomifici” italiani. Tutti insieme: diplomati da terza media, laureati e specializzati.

Il d.d.l. non dice alcunché sul ruolo, sulla funzione, sugli obiettivi di queste figure “terze”, obbligatorie per poter accedere alla separazione. Non prevede un Regolamento, vincolante, per evitare che il mediatore esca fuori dal seminato con un accordo negoziato che potrebbe non essere convalidato dal Tribunale. Ai punti 8 e 9 dell’art. 3 la palla giocata dal mediatore passa in mano al tribunale che ne verifica la conformità alla legge. A quale legge e con quale contenuto formale?

Qui si apre un altro varco di discussioni e di contenziosi.

L’istituto della mediazione è tratto dalla vigente legge 54/2006 che dice: Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli” (C.C. Art. 155-sexies (Poteri del giudice e ascolto del minore).

Già nella vigente normativa la pace sociale è messa genericamente nelle mani di “esperti”, senza specificarne titoli, esperienze e altre qualità. Tutto è rimesso alla cultura del tribunale che può approvare anche un accordo concluso da un barbiere divenuto esperto nel tempo.

E’ nel nostro paese ce ne sono figure con “i calzari rossi”.

Nella pagina ufficiale dei Mediatori familiari troviamo indicazioni ben precise sulla preparazione e sul ruolo del mediatore più o meno condivisibili, che, però, le istituzioni attualmente in atto hanno ignorato e che contraddicono, però, anche quanto affermato nella proposta di legge. Forse è proprio questo che Pillon vuole?

La mediazione familiare – si legge - è un modo civile e consapevole di affrontare e risolvere in prima persona i conflitti familiari con l’aiuto di un terzo neutrale, il mediatore (…) è un professionista altamente qualificato che ha competenze di tipo sia giuridico che psicologico ed è inoltre esperto nelle tecniche di negoziazione. Normalmente si tratta di un avvocato, di uno psicologo o di un operatore del sociale che si è poi ulteriormente specializzato attraverso appositi corsi post laurea. (…); non parteggia per nessuno perché è un soggetto terzo che ha una posizione imparziale rispetto agli interessi in gioco (…) non giudica l’operato delle parti perché il suo compito è accogliere e consigliare, non esprimere valutazioni; (…) non impone soluzioni pre-confezionate perché il suo obiettivo è ascoltare le parti ed aiutarle a trovare una soluzione personalizzata, giusta per le loro specifiche esigenze; non tenta di riconciliare né di separare i coniugi ma li stimola a capire ciò che realmente vogliono per se stessi e per la loro famiglia ; - non fa’ terapia di coppia ma aiuta le parti a riorganizzare le loro relazioni. (…)

Gli obiettivi della mediazione familiare sono: accogliere il dolore delle parti prescindendo da qualsiasi giudizio; - promuovere un dialogo sincero e rispettoso tra esse; analizzare i bisogni di ciascuno; aiutare le parti a trovare un accordo personalizzato che soddisfi tutti (tenendo conto degli interessi prevalenti dei figli). (…). Generalmente il percorso di mediazione familiare si conclude con un accordo tra le parti che risolve la controversia. I costi variano a seconda del professionista al quale ci si rivolge ma, in generale, si aggirano in un ranger che va dai 50,00 ai 100,00 Euro a seduta”.

Come si può notare, l’istituto della mediazione assume un ruolo ed una funzione determinante ai fini della negoziazione, per cui la sua introduzione obbligatoria va pensata anche nel contenuto e nel metodo regolamentato o segnato con linee ben precise, come decalogo allegato, al fine di evitare abusi e soprusi. Ci pare, dunque, molto complicata la funzione di questa figura, specialmente se attivata senza regolamentazione.

Ma torniamo al ddl.

Il procedimento di mediazione è informale e riservato. Partecipano al procedimento di mediazione familiare le parti e i rispettivi legali; i minori di età superiore a 12 anni ammessi solo con il consenso di tutti e, comunque, di entrambi i genitori. (art.3) E’ come dire vediamoci, incontriamoci, ma tutto informalmente, senza alcuna traccia di verbalizzazione lungo il percorso. Come si fa al mercato degli animali. Raggiunto l’accordo si stampa il verbale del negoziato definitivo e si manda al tribunale. Quale valore assume il negoziato, anche ai fini dei ricorsi, non supportato dal contenuto dei verbali? Come si giustifica la spesa? I tribunali gli daranno la conformità giuridica?

La spesa per le figure previste obbligatoriamente è a carico di litiganti(!!). (art.4)

Coordinatore familiare

Vien introdotta un’altra figura chiamata “coordinatore genitoriale”, sempre a pagamento. Vengono specificate le sue funzioni, secondo un piano genitoriale, che (eventualmente) può essere fatto in sede di mediazione. “I genitori devono redigere, eventualmente con l’aiuto del mediatore familiare e dei rispettivi legali, un piano genitoriale come previsto dall’articolo 337-ter del codice civile”. (art.5)

La contraddizione.

Le figure previste sono obbligatorie, il piano genitoriale può anche essere eventualmente redatto.  Si insinua la premeditazione al concetto clientelare.

Il meglio della proposta è la parità di tempi di permanenza dei figli con i genitori previsti per esercitare i diritti di cui all’art 147 del cc e finalmente il mantenimento dei figli in modo diretto, così come l’hanno percepita “vecchie” associazioni che da decenni si preoccupavano di boicottare il divorzio ed alcune “fanatiche” associazioni di recente costituzione per volontà del partito di appartenenza del promotore del ddl o quelle già note da decenni per essere sorte a tutela del business di professionisti che hanno sempre venduto molto bene la loro consulenza sia professionale che ideologica.

La bontà del disegno di legge cozza palesemente con quanto al suo interno viene asserito.

Pillon ha dimenticato (?) troppi aspetti del condiviso.

L’assegno al coniuge. Quello resta. Un segnale alla donna “ribelle” ed organizzata nelle intransigenti associazioni e movimenti di genere oggi imperanti in Italia, strizzando l’occhio per dire” non fatevi sentire, tanto il vostro assegno non lo tocco. La perequazione compensa ogni differenza”. Ma tale auspicio sembra caduto nel vuoto, leggendo le loro prese di posizione.

L’art. 24 del decreto suggella la verità: “alcun onere deve ricadere sulle finanze pubbliche”.

Resta in vigore il sistema di allontanamento del minore (ex art 403 del c.c.) con carattere di urgenza e per gravi motivi di pericolo. E i motivi rientrano nella competenza, non controllata, dell’Autorità pubblica (magistratura e servizi sociali). L’allarme si è fatto sentire in questi giorni sul caso di Cremona. Un minore, con il metodo del TSO è stato violentemente strappato durante le ore di lezioni in una scuola, provocando la reazione dei compagni. Quel minore con un provvedimento del tribunale di Cremona, è stato segnato dalla barbaria istituzionale rappresentata da uomini togati che parlano in nome del popolo Italiano. La nostra associazione si dissocia a queste decisioni e a tutte quelle che usano la violenza e la forza sui sentimenti e sui diritti dei minori. Non esiste Giustizia senza il DIRITTO ed entrambi costruiscono la civiltà di una società. La misura è colma e tutti lo hanno capito!

Restano in piedi, inoltre, con il DDl 735, case protette, comunità e luoghi a cui si affidano i minori.

I servizi sociali restano al loro posto senza alcuna disciplina delle loro attività.

Manca la disciplina degli interventi ora affidati ad associazioni e società occulte in collegamento con i diversi telefoni dello Stato.

Il mantenimento diretto viene annullato dall’assegno perequativo poiché i figli restano 12 giorni con un genitore e 18 con l’altro. E, pertanto, il mantenimento diretto è solo la vittoria di Pirro!

La situazione economica del genitore che tiene con sé il figlio per meno tempo, in concreto, poi, si trova a pagare come oggi, con la gravante che la casa familiare, prima, se di proprietà di uno (non affidatario) o ambedue i genitori, veniva assegnata al genitore affidatario e comportava una riduzione dell’assegno di mantenimento!

La soluzione per il mantenimento diretto è e resta solo quella dell’affido condiviso alternato e tutto ciò che ne segue, cioè stessi tempi di permanenza dei minori con ambedue i genitori, così come viene proposto nelle linee guida di Brindisi, fatte proprie da un numero sempre crescente di tribunali italiani.

Le modifiche delle norme di procedura sono la conseguenza del progetto di riforma. Cambia l’istituto e cambiano le norme, si apre il fronte dei ricorsi.

La proposta di legge Pillon, dunque, risulta confusa e foriera di aperture e aggravio dei conflitti.  Allunga i tempi e allontana la soluzione.

Oserei dire che Pillon abbia voluto tranquillizzare il potere associato che campa del grande fenomeno della questione Separazione o divorzio, che è e resta ancora una questione irrisolta.

Le spese per le figure introdotte, sempre più elevate, sono a carico delle parti in conflitto (come dire: voi rompete il giocattolo e voi lo pagate).

Invece.

Da oltre 20 anni, la nostra associazione sostiene che legislazione e regole devono essere pensate nella direzione a favore del cittadino e quindi per risolvere il problema sociale. La Carta costituzionale afferma i diritti delle persone, della famiglia e dei minori innanzitutto. Lo Stato predispone strumenti e armamentario per risolvere, semplificare e ridurre i costi.

Vanno cancellate dal nostro diritto le parole “a discrezione, facoltà di agire”.

Ai diritti si risponde con gli obblighi delle funzioni e con la responsabilità delle decisioni secondo la legge.

I servizi sociali degli Enti territoriali non sono una famiglia speciale, ma una struttura inserita nella organizzazione pubblica dove si opera secondo la disciplina dei procedimenti amministrativi.

I Tribunali devono amministrare secondo corrette procedure, che in assenza vanno specificate secondo un percorso chiaro nel tempo, nelle modalità e gli obiettivi.

Le istituzioni dello Stato devono garantire l’osservanza dell’art. 97 della costituzione (buon andamento e imparzialità). In tutte le fasi sia civile che amministrativa, in materia va garantito il principio del giusto processo, con il sostegno del contraddittorio.

La figura del mediatore, può anche restare, ma con facoltà di esercizio, E’ sufficiente regolamentare l’istituto e affidarlo a figure di certa cultura giuridica e psicologica (parliamo di un atto del valore giuridico del negoziato)

E’ condivisibile la proposta sul mantenimento diretto, con la specificazione sul diritto di proprietà, ma vanno cancellate tutte le forme di contribuzioni al coniuge. Qui la disciplina paritaria può soccorrere per eliminare ogni possibile artificio.

La legge 54/2006 va soltanto regolamentata e disciplinata nei vuoti.

* presidente dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei minori.

 

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information