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Mercoledì 21 Novembre 2018 17:21

In Valle d’Aosta


Il cittadino non deve partecipare

alle questioni che lo riguardano


L’intervento dell’avv. Spira, noto esperto di diritto amministrativo e dei diritti dei cittadini, è una doverosa riflessione sull’inaccettabile atteggiamento delle istituzioni valdostane (regione, Ausl, dirigenza servizi sociali, altri) che si rifiutano di applicare la legge 241/1990 e s.s.m. sostenendo tesi che non hanno alcun riscontro nel diritto italiano e nella giurisprudenza vigente e lo fanno per motivazioni lobbystiche e, forse, per scarsa domestichezza con il diritto amministrativo. Ciò li porta a negare i diritti fondamentali dei cittadini, quali la trasparenza e la regolamentazione delle strutture dell’apparato amministrativo.

Le linee guida non è un “affaire” dei diretti interessati cioè i servii sociali e dell’assessorato regionale alle Politiche sociali, e non possono essere deliberate dalla giunta regionale per lasciare fuori le commissioni consiliari, l’assemblea consiliare e i genitori, cioè i diretti interessati. I giudici, facenti anche loro parte della pubblica amministrazione, in merito, devono applicare la leggi e non esprimere valutazioni di merito per giustificare linee guida che tutelano solo i servizi sociali e non i minori e i loro genitori. Il controllato non può fare il controllore di sé stesso!  Ben vengano i commenti dei lettori e gli interventi dei diretti interessati (uv).

avv. Gerardo Spira*

Ricordate la questione dei Servizi sociosanitari in Valle d’Aosta? E il problema della mancanza di regolamentazione, dei rapporti tra genitori e tra questi e i figli durante la separazione?

I recenti eventi, sempre più crescenti, riaprono ferite di episodi finiti nel tunnel della disperazione senza soluzione. Intanto studiosi e stampa si affannano dietro teorie, le più astruse che non trovano rispondenza e collegamenti con la realtà ambientale. Vero è che le cause possono essere tante, ma certamente tutte prodotte da una società in cui i cittadini vivono condizioni di disagio, di diversa natura, non approfondito e quasi sempre male interpretato.

Ricorderete anche che la nostra Associazione, da moltissimi anni ha puntato l’indice su uno dei problemi che toccano i genitori separati, costretti e soffocati da provvedimenti ingiusti e intollerabili? Abbiamo segnalato la gravità della situazione, riconducibile, per quanto ci riguarda, alla protervia istituzionale di andare per una strada isolata e senza argini di prevenzione, sconnessa e contraria a facilitare la vita comunitaria.

Il cittadino è solo, senza alcuna protezione legale o di giustizia. Piani e programmi diventano un adempimento istituzionale, imposti dall’alto senza il coinvolgimento e la partecipazione del cittadino.  Questo è incanalato in un percorso imposto contro le sue ragioni e diritti. Corsi, incontri e convegni servono e sono utili a chi li promuove ed organizza, ma non al cittadino, soggetto-vittima del problema.

I progetti e i programmi vengono studiati e stesi a tavolino e poi calati nella realtà. I problemi della famiglia nascono nella vita di tutti i giorni, maturano in silenzio (per dignità) tra vicoli, strade, piazze e nel chiuso delle ville. E da qui deve cominciare la ricerca, lo studio, tra la gente e nel silenzio premonitore di eventi imprevedibili. Qui si scoprono motivi e cause del malessere.

Una decisione o sentenza espressa con le carte e sulle carte, senza alcuna verifica ambientale risulta sempre lo stravolgimento della verità. La Giustizia e la verità sono diversamente sinonimi, ma con lo stesso significato e valore. Capire la verità significa penetrare nei problemi dell’uomo, nella sua vita reale, nel mondo in cui egli progetta il suo futuro con gli altri, insieme alla sua famiglia. Qui si misura la capacità istituzionale di organizzare un mondo sociale possibile, aperto e affrancato, senza divisioni o persecuzioni, un mondo di diritti riconosciuti e sostenuti, un mondo in cui il tanto decantato principio di sussidiarietà ha pervaso ogni angolo e spazio di vita del singolo cittadino. Lo Stato, le regioni e i comuni sono stati chiamati dalla legge a garantire questo mondo.

Abbiamo insistito perché le attività dei servizi sociali, posti all’avanguardia dei problemi sociali venissero regolamentate e disciplinate, in un processo di collaborazione partecipativa dei genitori messi in difficoltà, spesso da una cultura risentitiva, quasi vendicativa in nome di diritti interpretati e applicati contro l’altro. I preconcetti culturali, trovano ancora una inaudita resistenza e contrarietà. Forse per non ammettere di avere sbagliato si continua a sbagliare. E intanto i fatti, come le alluvioni, lasciano lungo il percorso danni e vittime. Disfunzioni e irregolarità procedurali accrescono il malessere. Il patto istituzionale, firmato una specie di protocollo assume più valore e forza della vita e dei diritti della persona umana, della famiglia e dei figli.

Il cittadino, si dice, non deve partecipare alle questioni che lo riguardano.

Egli deve subire le disposizioni, anche se sbagliate, firmare le carte senza contestare, come gli vengono proposte; non deve manifestare sentimenti di contrarietà. Queste sono le decisioni e le sentenze! Pena la possibilità di perdere la patria potestà (ora responsabilità genitoriale) e non vedere più il figlio. Assurdità che non trovano collocazione nel nostro Ordinamento Giuridico. Nella maggior parte dei casi (oltre il 95%) la mannaia si abbatte solo sui padri. I padri sono quasi tutti colpevoli di situazioni in cui la donna ha solo e sempre subito, non ha mai contestato, ha avuto cura ed educato i figli.

E il padre?  La linea condivisa dai Servizi e Tribunali produce, effetti il cui clamore, spesso lascia atterrito chiunque. Coperti e allineati è la regola imposta.

E la Giustizia? E la legge? Sono due valori estranei a cui si accede col ”cappello in mano e la testa abbassata”. Tutto va avanti secondo “prassi consolidata” e secondo criteri evanescenti, vuoti e discrezionali (personali). Eppure secondo il Nostro Ordinamento Costituzionale i poteri dello Stato hanno ambiti ben definiti. I poteri devono svolgersi in modo autonomo ed indipendente, senza invasione di campo o di influenza. Ogni istituzione ha le sue regole e queste si fermano sul confine dell’altro. Vuol dire che l’Autorità che ha il caso, segue procedure e leggi che la riguardano, rispettando le regole esistenti nel territorio dell’altra, incaricata di svolgere la propria competenza.

Dunque il Tribunale deve fermarsi sulla soglia della P.A quando richiede l’intervento dei servizi sociali. Quando un responsabile di servizio sostiene che egli risponde al Tribunale per l’incarico delegato, mostra sicurezza protetta e va oltre, sicuro di non pagare per abusi e sanzioni.

Nel gennaio del 2018 i dirigenti della Regione dott. Alfredo Mattioni e dott.ssa Patrizia Scaglia, contravvenendo alla decisione Consiliare, emanano le seguenti disposizioni dirette ai servizi:

“a. dare lettura agli utenti interessati delle relazioni di valutazione, tenendo presenti i limiti imposti dalla normativa vigente in materia di riservatezza (es. non si possono leggere parti riferite a soggetti diversi dal richiedente ovvero: sì le parti relative al richiedente e ai figli no al coniuge /convivente /altri…); b. far sottoscrivere all’utente di aver preso visione della relazione; c.  verbalizzare e far sottoscrivere le dichiarazioni dell’utente in merito alla comprensione dei contenuti e alla condivisione o meno degli stessi; d. verbalizzare e far sottoscrivere gli eventuali elementi di contrarietà espressi e motivati dall’utente; e. dichiarare il rifiuto della firma, qualora l’utente rispetto alle azioni di cui ai punti precedenti si rifiuti di firmare, posto che quanto sopra va comunque sempre formalmente riportato; f. redigere e far firmare all’utente il verbale dei colloqui considerati particolarmente significativi e in caso di rifiuto dichiarare il rifiuto alla firma; h. essere almeno due operatori a condurre colloqui di questo tipo”.

La disposizione dirigenziale, come impostata, appare fuorviante e limitativa del diritto del cittadino a partecipare con pienezza all’attività sorta di ufficio o delegata.

La stessa non si richiama ad alcuna normativa di legge o regolamentare. Con motu proprio e con iniziativa personale, i dirigenti(?!), assumono, nella funzione pubblica, una responsabilità che nessuna legge della Stato italiano o regionale ha conferito in via autonoma. Il funzionario, come l’Organo collegiale parla attraverso un provvedimento con valore giuridico. La disposizione oltre che illegittima risulta irrispettosa dei principi di cui all’art. 97 Cost. In questo clima dispositivo, si sviluppano gli eventi della famiglia separata e dei minori.

Con la nuova legislatura nella Valle di Aosta, l’Associazione, affrancata dal provvedimento approvato dal precedente consiglio regionale, ha ripreso le iniziative e i contatti istituzionali, sollecitati soprattutto dalle situazioni sempre più marcatamente avvertite nelle aule giudiziarie e negli uffici pubblici.

Il 19 novembre apprendiamo la notizia riportata da “Aostacronaca.it” secondo cui l’assessore regionale Certan, dimissionaria, ha assunto l’iniziativa nella controversa materia con l’annuncio che sono pronte le linee guida regionali di assistenza ai minori, in attesa di confronto con Organi di Giustizia, e che “prima di essere approvate dalla Giunta regionale, devono ancora essere discusse con i referenti valdostani degli organi giudiziari (procura, tribunale dei minori, camera penale), le linee guida per lo svolgimento da parte di enti pubblici o privati di servizi di assistenza in favore di minori residenti in Valle. L'impegno di predisporre regole di condotta nella gestione di assistenza ai minori con problemi di disagio familiare e sociale fu assunto un anno fa dall’allora Giunta Vierin e successivamente tradotto, nel gennaio 2018, in un obiettivo assegnato alle strutture preposte, con scadenza fissata al 30 novembre di quest'anno.

Gli uffici della Sanità hanno già concluso la redazione delle linee guida, insieme agli altri soggetti istituzionali coinvolti, in particolare con il Servizio di Psicologia dell'Usl VdA, ma "l'Amministrazione  - sottolinea l'assessore regionale alla Sanità, Chantal Certan - non può licenziare norme a che non siano in linea con quelle degli organi giudiziari; nel caso in questione le linee guida sono riferite ai due ambiti di intervento relativi all’area della tutela dei minori, cui sono chiamati gli operatori dei servizi socio-sanitari nelle situazioni interessate dalla Giustizia".

"Tengo a precisare -  spiega Certan - che il lavoro è risultato complesso e delicato: allo stato attuale, siamo giunti alla definizione dell’attività del nucleo prisco-sociale di valutazione la cui fase iniziale sarà a breve proposta tramite deliberazione di Giunta regionale e sono state già avanzate le richieste per allocare il servizio in spazi riservati già a disposizione dell’Amministrazione regionale".

Si tratta della valutazione delle situazioni familiari in riscontro alle richieste di indagine prisco-sociale e del trattamento delle situazioni familiari in ottemperanza ai diversi mandati disposti a tutela dei minori (es. monitoraggio, sostegno e controllo, affido ai servizi…).”

Se la notizia è vera, vuol dire che l’assessore regionale non ha seguito gli atti oppure intende muoversi in modo diverso da ciò che è stato deciso dal Consiglio.

Per memoria ricordiamo che Il Consiglio regionale del 7 e 8 novembre 2017 ha approvato all’unanimità la mozione Cognetta che cosi conclude: Il Consiglio impegna la Giunta regionale

“1 .a emanare, con urgenza, delle linee guida affinché soggetti esterni pubblici o privati delegati, svolgano i servizi di assistenza e di incontri protetti in favore di minori e delle loro famiglie nel rispetto della normativa di cui all’art. 1 comma 4 del Regolamento regionale n. 19, al fine di perseguire il dettato di cui all’art. 97 della Costituzione;

2. a disporre affinché la competente struttura regionale, deputata alla vigilanza e al controllo, garantisca la effettiva attuazione delle linee guida, da parte degli enti - soprattutto quelli che su incarico dei Tribunali svolgono i servizi di assistenza e di incontri protetti in favore di minori e delle loro famiglie - e da parte delle strutture preposte all’esercizio delle attività amministrative, come previste dal Regolamento citato,  con l’avvio del procedimento, la partecipazione dei genitori e loro delegati, la semplificazione dell’accesso agli atti, la verbalizzazione e la redazione dei programmi e dei protocolli, la registrazione degli incontri tra strutture sociali e minori e tra strutture sociali e genitori e tra genitori e figli in presenza di assistenti sociali, psicologi ed educatori”.

Ne consegue che la competenza resta, nel caso specifico esclusiva della Giunta che, per l’urgenza, dopo, l’emanazione, le linee guida, devono essere rimesse al Consiglio regionale per la ratifica (art. 36 comma 2 Statuto).

Trattandosi di attività di regolamentazione dei servizi, questa rientra nelle competenze degli Organi di Consiglio e di Giunta (art.9 legge regionale n.3 del 28.2. 2011. I servizi possono provvedere a promuovere e intervenire nella regolamentazione delle attività di gestione, ma soltanto in riferimento alla conformità tecnica- amministrativa. La normativa prevede che i responsabili dei servizi devono astenersi dalle funzioni nei casi in cui emerge conflitto o incompatibilità.

Violazione della legge n.241/90 e conseguente regionale n.2 del 28 febb. 2008 (assenza del procedimento amministrativo, trasparenza, disciplina)

Incompetenza dell’Autorità giudiziaria in materia di esclusiva attribuzione della P.A. (i procedimenti e la materia sono previsti da normativa di diritto pubblico). Il placet giudiziario, proposto, appare di sollecito consenso su attività che influisce sul principio di autonomia dell’Ente. Gli atti così formati ed emanati intaccano il principio di legittimità che possono essere impugnati davanti all’Autorità amministrativa. L’indifferenza favorisce l’iniziativa, anche se illegittima. Il Tar costa e soprattutto a chi già sopporta i costi della giustizia ordinaria. Ciò che secondo legge non è legittimo, lo diventa per il trascorso del tempo. La giustizia e la legge si contrappongono per risultati e finalità. L’annuncio dell’assessore porta il presagio a tempi ancora più bui. Si rafforza la cosiddetta “prassi” sulla pelle del cittadino, della famiglia e dei minori. Ma la prassi, è bene ricordarlo ai cultori del diritto, non sostituisce la legge, quando questa esiste.

*  esperto di diritto minorile e di diritto amministrativo - Contatti: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. – tel. +39.348.4088690

 

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