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Venerdì 21 Dicembre 2018 10:57

Lettera aperta agli amministratori


La drammatica situazione dei genitori separati

Nostre richieste alla Regione Valle d’Aosta


La politica non può continuare ad ignorare: la drammatica situazione dei minori di famiglie separate che, per la colpevole indifferenza delle istituzioni, vivono in una condizione di ricatto perenne materiale e psicologico; padri che vengono estromessi dalla vita dei figli a causa di preconcetti ideologici di genere (i dati e le statistiche parlano chiaro); che i servizi sociali non funzionano e si rendono compartecipi delle discriminazioni nei confronti del genitore non collocatario con relazioni (tutte identiche contro la figura del padre, superficiali e generiche, ma con chiaro scopo di imporre le loro conclusioni) che enfatizzano le “lagnanze” materne, strategicamente orientate ad offuscare il diritto del padre a stare con i propri figli.

Ne consegue la frettolosa e solita decisione di affido a senso unico che penalizza solo e sempre il padre, con gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti: padri ridotti in miseria, a limite di equilibrio; madri che, con la connivenza istituzionale, sfruttano contribuzioni pubbliche e redditi nascosti o prodotti in nero e non dichiarati (permessi e tollerati da un sistema volutamente inefficiente). Modulo molto diffuso in Valle d’Aosta che consente alla madre favorita e privilegiata di condurre una “tranquilla” esistenza. Il genitore, privato delle risorse economiche per soddisfare il fazioso assegno di mantenimento, se non paga l’intero assegno di mantenimento e le spese straordinarie viene subito condannato “pesantemente” dal tribunale, con tanti dubbi applicativi della legge e senza le dovute verifiche tributarie (chi le richiede viene colpito da fulmini e saette). In qualche caso la richiesta di un padre è stata sonoramente redarguita, con avvertimento a “futura memoria”. Condanne penali, multe e quant’altro non solo mortificano il genitore già penalizzato, ma lo avviliscono nel bene più alto come cittadino, quello della fiducia e della credibilità nel diritto. Eppure a scuola, quella seria, ci è stato insegnato che il Tribunale è una Istituzione autonoma ed indipendente e che il Giudice è terzo, non di parte; che nei giudizi non può intimidire con il preavvertimento di un provvedimento conseguenziale. Il Giudizio non è il risultato di un pensiero di parte, bensì la conclusione di atti e fatti che trovano supporto nella legge.  Quello che accade da decenni in questa piccola Regione (dove c’è stato il primo padre separato suicida e dove molti padri separati, anche recentemente, continuano a togliersi la vita) è il segno del fallimento istituzionale e un monito per tutti coloro che coprono responsabilità pubbliche. I politici non possono dichiararsi esclusi e non affrontare il problema, divenuto una pericolosa piaga sociale. Essi hanno la responsabilità del funzionamento della macchina amministrativa. Il cittadino va sempre salvaguardato e accompagnato con la legge dinnanzi ai servizi sociali e alla giustizia. Riteniamo che i fatti della famiglia sono fatti dell’intera comunità e questi, per i diversi aspetti di danno, non esimono la P.A dal valutare la possibilità di attivare le dovute azioni nei confronti di responsabili. La Giustizia Europea ci ricorda che gli errori devono pagarli chi li ha commessi e non il cittadino. Anzi i responsabili, perché non ne commettano altri impunemente, vanno allontanati.

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A nome mio personale, dell’Associazione che rappresento e, in particolare, della sede regionale VDA, porgo alla nuova Giunta regionale l’augurio di una proficua attività a favore della comunità valdostana. Spero che tra gli impegni politico-amministrativi trovino priorità anche i problemi da noi sollevati sui minori e sulle separazioni e sui genitori vittime delle disfunzioni del sistema. Problema questo che non può essere nascosto in una società che rivendica particolare attenzione ai diritti delle persone disagiate.

La Regione Valle d’Aosta conosce bene le drammatiche conseguenze della famiglia separata e non può consentire che la sua organizzazione amministrativa si renda complice responsabile della gestione del problema corrosivo dei pilastri della società. I minori e la famiglia innanzitutto.

Non possiamo continuare a nascondere il dramma che ha portato (anche recentemente) molti genitori al suicidio a seguito di una disattenta gestione della separazione e dell’affido dei figli. Non possiamo dimenticare che ad Aosta il primo padre alienato dalla propria figlia si è tolto la vita, dandosi fuoco, dinnanzi al tribunale. Quella data, il 7 aprile, come segno di responsabilità passiva, viene ricordata ogni anno in tutto il mondo. Mentre, sappiano, che la responsabilità di quel gesto ha nomi e cognomi, tra le carte infarcite di una rozza cultura. Questa cultura ancora serpeggia tra aule, saloni, uffici e corridoi. Abbiamo bisogno del coraggio di abbassare la testa in segno di riconoscimento di tanti errori commessi sulla vita che hanno indotto tanti padri alla disperazione del gesto estremo. Abbiamo bisogno di una società rispettata nella dignità dei suoi cittadini, ordinata verso gli equilibri istituzionali, tesi alla convivenza pacifica della famiglia, anche se separata, ma sempre con il pensiero, la mente e il cuore rivolto ai figli e agli ultimi dimenticati.

Anche quest’anno, come in quelli precedenti, siamo stati spettatori inermi di tristi fatti conclusivi di vita. E non possiamo tenere la testa sotto la sabbia, come qualcuno consigliava di fare, per rispettare il gesto di quelle persone, dei loro figli e delle famiglie, che si portano dietro il dramma, in silenzio, nella convinzione che qualcuno ha saltato il fosso, con responsabilità colpevole, restando al suo posto nella ipocrisia generale. E’ questa cultura che va assolutamente messa al bando.  Il mondo politico valdostano non può ignorare questa situazione, concorrendo con altre istituzioni, a supplicare la stampa di non parlarne, per timore del cosiddetto esempio. La vita di una persona è un esempio che esiste, che non si cancella col silenzio del ricordo. La causa della tragedia umana è facilmente ritrovabile nella società che non ha saputo comprendere, o meglio aggrappare il caso e riportarlo in un clima di pace ricercata e condivisa. L’estromissione del genitore dalla vita di un figlio porta inevitabilmente alla morte, morale e fisica e la società al fallimento della sua funzione.

Le istituzioni, delegate dalla legge a qualsiasi livello sono responsabili, quando un padre si toglie la vita per i figli.

Il malfunzionamento delle istituzioni che si occupano dei minori coinvolti nelle separazioni dei genitori non può essere sottovalutato o, ancor peggio, compreso-condiviso perché è compito della politica lavorare, pensare nell’interesse generale dei cittadini e garantire trasparenza, partecipazione ed equità.

Due anni or sono la nostra Associazione ha assunto iniziativa di primo piano nella problematica, parlandone pubblicamente e promuovendo incontri regionali, a livello politico e burocratico. Pur nelle comprensibili difficoltà, abbiamo riscontrato molta disponibilità da parte dei rappresentanti politici, i quali hanno tenuto aperta e accesa la discussione sul problema.

L’attenzione ha permesso di evidenziare i nodi della questione che, a nostro avviso, sono nella gestione della problematica da parte dei servizi sociali, troppo inchinati a seguire, contravvenendo ai doveri funzionali, direttive giudiziarie in aperta contraddizione dei valori e dei principi del nostro Ordinamento giuridico. Il Tribunale opera e giudica secondo leggi e procedure codificate, nel suo terreno di appartenenza. Gli Enti territoriali hanno il dovere di muoversi secondo le sue regole, non sconfinabili, specialmente in una materia che comporta risvolti sociali.

Abbiamo incontrato esponenti politici regionali e locali per sottoporre loro il gravoso problema, chiedendo interventi per una gestione corretta dei servizi sociali che, anche quando incaricati dal tribunale di relazionare sui minori e sulla famiglia separata, sono vincolati all’obbligo del procedimento amministrativo previsto dalla legge 241/1990. Abbiamo sollecitato incontri programmati, regolati e disciplinati con la partecipazione degli interessati. A tal fine abbiamo proposto un Regolamento – che alleghiamo nuovamente – presentato poi agli Organi regionali al fine di disciplinare in modo corretto e trasparente l’attività dei servizi sociali. Il confronto conclusosi con una prima condivisione del Consiglio regionale nella riunione del’8 novembre 2017 si è purtroppo arenato sulla proposta di linee guida demandate per la stesura alla Giunta.

La brevità della giunta di ultima nomina ha mostrato il vulnus della questione rimbalzata nella confusa discussione delle competenze istituzionali (giunta e burocrazia).

Si è compreso che le linee guida non possano garantire forza applicata nella disciplina della materia, stante la condizione ostativa di alcune figure apicali.

Alcuni consiglieri hanno condiviso le nostre preoccupazioni e il consigliere Cognetta, per la verità sensibile al problema, ha concretamente portato all’attenzione del consiglio regionale le richieste dei padri separati valdostani. Parliamo di padri poiché nonostante l’affido condiviso, sancito nel 2006, sono quelli che sistematicamente vengono esclusi dall’affido dei propri figli anche dinnanzi a palesate pericolosità di un affido alla madre e sono quelli che vengono ignorati dalle istituzioni. Non esprimiamo giudizio sulle decisioni, ma non ne condividiamo modalità e metodi. Pensiamo che il legislatore sia rimasto coerente con i principi della cultura e del diritto costituzionale.

Non solo. Gli uffici regionali competenti, falsamente interpretando il concetto di privacy, non permettono ai padri di conoscere l’entità dei contributi che la stragrande maggioranza delle madri percepisce per i figli e per il nucleo familiare. Somme che aggiunte al lavoro in nero costituiscono la “mano nera” gravitante sul regime reddituale, unico peso solo per il padre. E di ciò i servizi sociali sono a conoscenza, ma non ne parlano con gli organi competenti di controllo e nemmeno nelle loro relazioni, deviando il senso ed il contenuto delle decisioni, sia nell’affido che nella determinazione dell’assegno di mantenimento.

La trasparenza obbliga tutte le istituzioni, a qualsia livello, di garantire la corretta applicazione dei principi costituzionali. E’ diritto del padre separato, conoscere quanti soldi entrano nella famiglia in cui vivono i propri figli.

Preferiamo, poi, mantenere nell’ombra l’istituto della mediazione, affidato ad un sistema di esigenza politica, piuttosto che funzionale di capacità professionali inserite in una riforma organica di tutta la materia.

Le Linee guida che il consiglio è chiamato ad approvare sono state compilate dai servizi sociali stessi e sottoposte al parere del tribunale(!?), violando il principio delle competenze, della incompatibilità e del conflitto di interessi. Controllori e controllati uniti per imporre un regime nemico del principio della funzione della famiglia, deprimente e pregiudizievole ai figli e alla società. Il “superiore interesse dei minori” è una prerogativa pretesa da sempre dai genitori e non può essere delegata in bianco a nessuno.

Il Regolamento che disciplina l’attività dei servizi sociali in presenza di minori figli di separati, va redatto dalla Regione e non dai servizi sociali, concordato con i genitori e confrontato con la realtà sociale locale.

Trasparenza, tempi brevi e diritto al contraddittorio nella P.A e nei tribunali sono la garanzia di azioni e procedimenti corretti, in perfetta armonia col dettato di cui all’art. 97 della Costituzione.  Chiediamo di ripartire dalla nostra proposta e dichiariamo la nostra disponibilità a discutere con tutti, perché i diritti dei minori non hanno configurazione di appartenenze politiche.

Il presidente – Ubaldo Valentini

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La presente lettera è stata inviata al presidente della giunta regionale, Antonio Fosson, al presidente del consiglio regionale, Emily Rini, all’assessore alla sanità, salute e politiche sociali, Mauro Baccega, e a tutti i consiglieri regionali.

 

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