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Venerdì 17 Dicembre 2021 16:34

In Umbria


Servizi sociali e case di accoglienza:

la politica non vede e non controlla!


Ancora una pagina nera sui servizi sociali e sulle case di accoglienza per madri e figli umbri (di Orvieto e Terni per l’esattezza), che, invece di tutelare il minore e il padre, hanno penalizzato ambedue. Un padre ha un figlio da una compagna caraibica convivente e dalla stessa querelato, anche presso i servizi sociali orvietani, per maltrattamenti del compagno su di lei e sul figlio di pochi anni. Gli assistenti diventano subito “partigiani” della donna e, senza minimamente fare accertamenti sui suoi trascorsi/precedenti penali e precedenti a rilevanza penale, l’accolgono in una struttura protetta di Orvieto per poi trasferirla, con il figlio, presso il centro antiviolenza di Terni, Liberetutte, gestita dall’Associazione Libera…mente donna (con sede a Terni), dove vi resteranno per tanti mesi.

Il padre, rientrando a casa dal lavoro, vi trova la compagna (che, poco dopo, chiama i carabinieri e si fa portare via unitamente al minore) e il figlio, a cui era particolarmente legato. Inutili le ricerche e le azioni giudiziali per conoscere dove si trovassero, temendo che fosse portato al paese di origine della signora. Dalle misteriose frasi degli assistenti sociali intuisce che il figlio era stato “sequestrato” e collocato con la madre in una struttura di accoglienza per proteggerlo dai maltrattamenti paterni, il cui indirizzo non poteva essere rivelato durante le indagini preliminari e gli accertamenti vari, come prevede la legge, preoccupati di tutelare il minore e sua madre dai maltrattamenti paterni, dopo esser stato dipinto come un “mostro”, figura molto cara ai centri antiviolenza e ai politici che proteggono queste strutture. Maltrattamenti mai avvenuti, ma le proteste paterne per un approfondito accertamento sulle accuse della ex compagna restano inascoltate.

L’impotente genitore, dopo alcuni mesi che non riusciva a rivedere il figlio, si rivolge all’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps), che, in breve tempo, ponendo in essere le dovute azioni giudiziali, riesce a scoprire dove si trovasse il figlio anche grazie all’ assistenza di un legale convenzionato, avv. Francesco Valentini, che inizia e porta avanti tutto l’iter per far riottenere l’affido congiunto ed il diritto di visita del figlio al padre. Si scoprono le varie condanne penali della madre – che non potevano non essere note ai giudici e ai servizi sociali. Dopo mesi di battaglie giudiziarie, il padre riesce a rivedere il figlio in modalità protetta sotto la arrogante e pressapochista sorveglianza degli operatori della comunità.

Siamo in presenza di una vera e propria sottrazione di persona incapace da parte della madre? Il tutto con la ovvia protezione dei servizi incaricati.

Da subito emergono problemi sulla gestione della comunità, dove i dovuti controlli pubblici erano e, forse, sono ancora inesistenti. La madre, durante il giorno, andava addirittura a lavorare in nero con la copertura della casa famiglia. Interviene la stampa, ma nessuno cerca di vederci chiaro. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni assolve il padre perché “… non sussistono pertanto elementi per … sostenere l’accusa in giudizio”. Nonostante ciò, passeranno altri mesi prima che il minore esca dalla comunità, che, ogni mese, percepiva svariate migliaia di euro dagli enti locali per ospitare madre e figlio.

La madre, per la quale il figlio era un peso, lo lascia al padre per la maggior parte del tempo. Il padre, per non rompere i legami madre-figlio, accoglie nuovamente la signora a casa sua. Dopo poco tempo, però, la stessa riprende ad ubriacarsi e ad aggredire verbalmente e fisicamente il disponibile genitore. Durante una sua violenta aggressione al padre, presente il figlio, vengono chiamati i Carabinieri e la signora aggredisce pure loro, con la conseguenza che viene anche denunciata per minaccia di morte e per resistenza a pubblico ufficiale (dal fascicolo delle indagini preliminari emergerà anche che la famiglia – amica dell’ex compagno – presso la quale faceva la badante ha querelato, nello stesso periodo, la stessa per furto della carta di credito). A ciò si aggiunga anche la querela dell’ex compagno per maltrattamenti ai danni suoi e del figlio, come era già accaduto a decorrere dal lontano 2014/2015.

Il figlio viene lasciato al padre (quello che qualche anno fa era ritenuto pericoloso per il figlio dai servizi sociali di Orvieto e dal Tribunale per i minorenni di Perugia, basandosi sulle relazioni “fasulle” della casa famiglia, convalidate dagli assistenti sociali!), visto che lo stesso tribunale per i minorenni emette il decreto che dispone l’allontanamento della signora dall’ex compagno, da figlio e dalla casa familiare (sospendendole d’urgenza anche la responsabilità genitoriale), ed inizia la procedura per la decadenza della responsabilità genitoriale della madre, contumace, che viene dichiarata dal tribunale minorile nel mese di novembre.

Il fatto è assai eloquente e preoccupante, poiché conferma che non c’è stata alcuna tutela per questo minore, che oggi ha nove anni. Ma non è l’unico caso in Umbria. Il comportamento di alcuni magistrati, sia del Tribunale minorile che di quello civile, è censurabile e degno accertamenti sia da parte degli organi di controllo romani che dai gestori della politica comunale, provinciale e regionale. I deputati regionali perché non sollecitano l’intervento degli organi di controllo competenti?

Chi rimborserà, moralmente ed economicamente, questo minore e questo padre che mantiene da solo il figlio? Perché, come avviene in altri casi, non si perseguita la madre per i mancati alimenti al figlio?

Siamo all’assurdo. Ancor più grave è il fatto che se un avvocato osa criticare, nell’esercizio del diritto di difesa, l’operato dei Ctu, dei servizi sociali, della gestione delle case di accoglienza, dei centri antiviolenza, delle cooperative sociosanitarie, degli educatori e delle variegate strutture che affiancano l’ambiguo mondo dei servizi sociali e che si occupano a vario titolo dei minori, viene minacciato di essere sottoposto a processo disciplinare per “attività ostruzionistica” della giustizia.

Queste lobby non amano il controllo pubblico, indipendente e professionalmente competente, sul loro operato. Sono organismi mantenuti con i cospicui finanziamenti pubblici che, spesso, invece di tutelare “il superiore interesse dei minori”, contrariamente a quanto affermano, finiscono per essere i loro carnefici.

Anche in Umbria accade tutto ciò con la complicità delle istituzioni politiche, con la benevolenza della magistratura e con il silenzio degli organismi culturali e religiosi locali. Tutti conoscono le problematiche legate agli affidi dei minori, alla loro sottrazione ai legittimi genitori, ma nessuno osa parlarne.

Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)

 

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