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Giovedì 30 Novembre 2023 09:57

A Natale la povertà è anche umiliazione


Le festività natalizie e di fine anno sono il simbolo della festa in famiglia, la festa dei bambini, dell’attesa per la sorpresa del regalo, dello scambio gioioso degli auguri, dell’albero di Natale con tante luci, del presepe che ricorda la ricorrenza religiosa e della presenza gioiosa dei figli, soprattutto se minori, con ambedue i genitori. Le cose, però, lentamente sono cambiate e per i poveri – e sono tanti soprattutto tra i separati con figli - l’emozione di queste feste è stata sostituita da un profondo senso di umiliazione per l’impossibilità di frequentarli liberamente e di manifestare loro il proprio affetto accompagnato da regali così come avviene tra la maggioranza di genitori non più conviventi.

Le feste natalizie si sono trasformate in un business economico sostenuto da una falsa cultura che pone al centro di tutto non la gioia del Natale ma il possesso di regali importanti, viaggi costosi e uno stile di vita che i genitori poveri e i loro figli percepiscono come umiliazione poiché il genitore non può permettersi regali impegnativi a livello economico e non può soddisfare le pilotate esigenze dei propri figli. E’ una umiliazione anche per i loro figli che si sentono privati di quelle cose che gli altri bambini hanno.

 

Le manifestazioni di affetto del genitore vanno bene, ma secondo la società attuale, il bambino non può competere – sì, perché anche i regali sono una competizione che in modo più o meno consapevole esprimo lo stato sociale di chi li ricevi e di chi li fa – con gli amichetti che, invece, possono diffondere, con orgoglio non sempre contenuto, le immagini dei regali ricevuti e che li fanno sentire importanti.

Per i poveri non c’è il ricercato pranzo di Natale e tanto meno il concitato cenone di fine anno, dove anche in quella occasione ci sono regali che accompagnano la cena arricchita da botti e da pensierini spacciati come propiziatori del ben augurante anno che arriva. Formalità e simbolo di una società artefatta che fonda la propria rilevanza sociale in riti magici, spesso retaggio di una arcaica cultura del dominio delle forze occulte responsabili del destino del singolo uomo e dell’umanità. Civiltà laica o civiltà succube di principi irrazionali? La risposta potrebbe essere complessa anche se resta la certezza che i tempi sono cambiati e chi non riesce a competere economicamente con gli altri il futuro è sempre più povero e ricco di incognite esistenziali.

A Natale la povertà dei separati e dei loro figli diviene, dunque, una umiliazione che porta i poveri a chiudersi sempre più in sé stessi e ad essere emarginati da una società frettolosa e competitiva dove solo a parole parla degli altri, della libertà e della solidarietà. La libertà è soprattutto libertà dalla miseria e dalla emarginazione; è uguaglianza e pari opportunità; è mancanza di discriminazione e difesa dei diritti inalienabili della bi-genitorialità e della cogenitorialità; è dovere di rimuovere tutti gli ostacoli o abusi sociali da parte di chi dovrebbe fare sì che la legge sia uguale per tutti e che la giustizia sia giusta. La solidarietà esiste nei fatti e non nelle parole e presuppone, prima di tutto, la rimozione delle ingiustizie e delle discriminazioni sociali. Per farlo, però, occorre una costante e ferma volontà di riaffermare la cultura delle persone e non delle cose.

E’ alquanto superfluo continuare a sostenere -  come fanno i benestanti che sono anche ben pensanti - che una festa è tale anche quando si è poveri perché la discriminazione sociale emargina ed umilia le persone. I genitori separati vengono continuamente umiliati dalla ingiustizia sociale e i loro figli, quasi sempre, si sentono bambini estromessi dal contesto sociale in cui vivono con il conseguente isolamento sociale e, purtroppo, anche con la pericolosa emarginazione che avrà, comunque, sempre pesanti risvolti sociali.

 

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