Stampa
Giovedì 24 Marzo 2016 20:08

In merito al Centro antiviolenza di Terni


La presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, nel rispondere alla interrogazione del consigliere regionale di opposizione Sergio De Vincenzi è colta da amnesia ed ignora che


Il danaro pubblico non è di genere e va rispettato!


Avv. Gerardo Spira

Quando si parla di vigilanza e di controlli nella Pubblica amministrazione si finisce per restare imbrogliati nella rete delle competenze, delle responsabilità e dello scarico barile, come se il danaro pubblico avesse la pece che lo tiene invischiato solo nelle mani di chi lo ha usato.

Tutti cercano di scappare, quando si richiama alle responsabilità del suo impiego e ogni soggetto finanziatore, anche da tramite, all'interpello risponde: io non c'entro”.  I politici, quelli orientati, invece fanno a gara ad assegnarlo e distribuirlo pensando poi alla rendita elettorale. Nessuno però vuole vigilare e controllare nella fase più delicata della spesa, quando le operazioni si fanno di politica certosina. Si preferisce disporre ed affidare agli altri compiti che invece spettano alla politica deliberante.

Veniamo al caso che riteniamo di particolare importanza per gli effetti e le considerazioni di affidabilità e credibilità.

Parliamo della vicenda di una separazione caduta sotto il regime dei tribunali di Terni e di Perugia, per i diversi aspetti giuridici, in cui un uomo rimane coinvolto in una strategia, bene orchestrata, messa a punto attraverso una vile e falsa accusa di violenza e di maltrattamenti denunciata dalla compagna convivente.

La donna subito dopo l'esposto, come era presumibile, lascia la casa in cui abitava per rifugiarsi col figlio minorenne di appena due anni in un centro antiviolenza, di Terni, uno dei tanti spuntato dopo l'entrata in vigore della legge 119/2013.

L'illusione dura poco perché il Tribunale in sede penale sbroglia subito la matassa, decidendo di prosciogliere il povero padre che intanto era stato messo nella gogna del percorso protetto.

Il Tribunale di Terni, chiamato sulla questione fa piena giustizia in via civile, dispone l'affidamento condiviso e prescrive le modalità dei rapporti tra padre e figlio.

Il Tribunale dei minori di Perugia, in perfetta linea con quello di Terni, respinge le istanze di affidamento esclusivo e la decadenza dalla responsabilità genitoriale del padre, come la signora aveva chiesto e continuava a chiedere in ogni sede giudiziaria, nonostante il suo proscioglimento penale.

Il Tribunale di Terni nel disporre la collocazione del minore, stabilisce che questi debba vivere con la madre. Non dice dove e non dispone diversamente.

Eppure siamo stati abituati a leggere nelle decisioni dei Tribunali dei minorenni soprattutto questa condizione di affidamento, il luogo di dimora o di residenza dell'affidataria. Invece il Tribunale di Terni non lo indica. Dimenticanza o sottigliezza giuridica?

La donna, da subito dopo la denuncia si è rifugiata in un noto centro antiviolenza di Terni.

Il Tribunale lo sapeva ma non ha disposto in merito. Non ha voluto riconoscerlo o è stata lasciata aperta la porta a presumibili conseguenze giuridiche?

Ma veniamo al caso. Il Tribunale di Terni, tra l'altro, ha affidato al Servizio sociale di Orvieto il compito di programmare per tre mesi (termine perentorio) il percorso tra padre e figlio per consentire ai due di riprendere il normale ed equilibrato rapporto preesistente. La cautela è d'obbligo!

I servizi sociali di Orvieto non hanno saputo gestire la situazione, perdendosi in una complessa corrispondenza di parte, venendo meno ad un dovere di ufficio e cioè quello di programmare la fase con un protocollo di apertura del percorso e di concludere nel termine (tre mesi) fissato dal Tribunale.

 

Nella questione si sono inserite diverse figure che a diverso titolo e per interessi di genere hanno azzannato la preda con una violenza inaudita ancor più pesante di quella descritta nella legge per la tutela della donna.

 

Intrighi, tagliole e artifici, i soliti, hanno impedito al padre di potere adempiere al dettato della decisione del Tribunale. Tutti si sono trovati d'accordo nel porre in essere gli stratagemmi più disumani e sprezzanti per portare il padre alla completa rovina.

Il filo delle congetture di genere tiene unite le istituzioni che agiscono usando mezzi, strumenti e risorse pubbliche.

La questione sfocia in altri aspetti che coinvolge responsabilità di chi ha promosso il progetto, lo ha sostenuto ed approvato, perché la donna, nonostante la decisione di falso accertata dalla magistratura, continua a restare rifugiata in un centro antiviolenza di Terni.

Non si comprende a quale titolo e come giustificata!!  Secondo qualcuno il danaro pubblico può essere usato anche per compiere illeciti amministrativi.

Da qui è sorta la delicata questione della spesa come rendicontata, se è stata rendicontata, dal momento che il predetto centro beneficia anche di finanziamenti pubblici.

Il Consigliere regionale Sergio De Vincenzi, molto puntualmente e correttamente ha posto interpellanza che è stata discussa il 15 marzo, in question time, la cui seduta risulta pubblicata il 16 marzo.

Dal video abbiamo avuto la possibilità di ascoltare la risposta data personalmente dalla presidente della Giunta regionale Catiuscia Marini.

La Presidente, rispondendo al Consigliere De Vincenzi ha dichiarato che la Giunta regionale non ha accesso specifico agli atti; che questi sono di competenza della magistratura. Si è soffermata sull'organizzazione dei centri e sulle modalità di funzionamento, sugli impegni che coinvolgono anche la polizia di stato nei corsi di formazione, sugli interventi fatti e su dati che all'ascolto danno subito l'immagine di strutture che funzionano e anche bene, sul giro di persone e professionisti che ruotano intorno. Ma di vigilanza e controllo non se ne parla, perché secondo la Presidente il controllo sui finanziamenti è di esclusiva competenza dei Comuni.

Il pensiero corre subito sul filo dei conti pubblici, nella normativa di riferimento, sulle responsabilità dei riparti, dei controlli e sull'obbligo di intervenire, in via cautelare in caso di distrazione di fondi o di uso del danaro pubblico in modo diverso contrastante con gli obiettivi del progetto.

Secondo la Presidente se un centro accoglie e tutela persone ricoverate che hanno reso false dichiarazioni o false accuse, la spesa, i costi sono legittimamente riconosciuti. Quanti di quei dati dichiarati sono veri?

La Presidente in buona sostanza ha dichiarato che se vi è una illeceità, spetta alla magistratura accertarlo. Alla Regione non compete intervenire amministrativamente. Pur sapendo che ha prodotto una denuncia falsa la signora può continuare a restare rifugiata nel famoso centro e ad essere mantenuta con danaro pubblico e magari continuare a tenere innescata la miccia per altri possibili reati.

Vediamo allora come stanno le cose dal punto di vista amministrativo, soprattutto per chiarire ai cittadini italiani che pagano le tasse che il danaro pubblico è soggetto a vigilanza e controllo in tutte le fasi di trasferimento.  E per queste finalità non esiste alcuna norma che vieta al pubblico amministratore di chiedere gli atti, tanto più quando ciò risulta da specifica disposizione deliberativa (vedi punto 8 del deliberato)

La Corte dei Conti ha fermato questo corollario attraverso l'istituto della vigilanza, prima ancora del controllo, che fa carico a tutti i soggetti rappresentanti Enti pubblici (tra cui la Regione). Una cosa è la regola pubblica e il suo rispetto e altra cosa finanziare progetti pubblici con finalità politico-clientelari.

Vediamo di chiarire meglio la questione alla luce delle disposizioni di leggi e degli atti adottati.

Il Parlamento italiano, con decreto legge n.93 del 14 agosto 2013, sotto la calura estiva, ha emana disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere. Il Decreto è stato convertito in legge n.119 in data 15 ottobre 2013.

In sede di conversione viene inserito, con un colpo di mano all'ultima ora, l.'art.5bis, recante  “Azioni per i centri antiviolenza e le case di rifugio”, col quale si è provveduto  al potenziamento delle strutture esistenti.

Il legislatore, con questa norma, ha inteso rafforzare quelle strutture che già avevano maturato esperienza di impegno sul campo da tempo.

Il ministero sulla base di progetti presentati ha provveduto al riparto delle risorse alle Regioni e queste poi al successivo riparto ai Comuni.

Per far fronte urgente alle necessità emergenti la normativa consente al Ministero dell'interno di avvalersi del fondo di rotazione per anticipazioni in attesa del finanziamento dei progetti anche da parte dell'Europa.

La Giunta regionale dell'Umbria con deliberazione n.1542 dell'1.12.2014 ha provveduto all'assegnazione e concessione dei finanziamenti ai Comuni, sedi di centri antiviolenza e di case di rifugio (art.19, comma 3 del D.L4 luglio 2016 n.223 convertito con modificazione dalla legge 4 agosto 2006 n.248 (stranamente sempre sotto l'effetto della calura estiva).

Con il predetto provvedimento è stata approvata la proposta della Presidente Marini, sono state assegnate le risorse disposte con DPCM 24 luglio 2014 per: finanziamento aggiuntivo degli interventi regionali già operativi e per l'ampliamento dell'offerta dei centri antiviolenza e case di rifugio (qui è compresa l'associazione Liberetutte, trasformata da Libera..mente..Donna). E ancora è stato deciso di definire il protocollo di intesa per la realizzazione del progetto Servizio codice Rosa con i comuni dei centri (Perugia, Terni, Orvieto)... Segue il riparto dei finanziamenti  e così il deliberato:

6)     di dare atto che i Comuni destinatari delle risorse hanno la responsabilità e l'obbligo del rispetto della destinazione delle risorse citate, e che compete agli stessi l’adempimento degli eventuali obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui alla Legge 13 agosto 2010 n. 136 e s. m.;

7)     di autorizzare il Dirigente del Servizio Affari generali della Presidenza e delle politiche di genere a trasferire le risorse di cui ai punti 4 e 5 ad avvenuta esecutività del presente atto rinviando il trasferimento delle risorse pari a 105.243,52 ad avvenuta sottoscrizione del Protocollo d’Intesa;

8)     di stabilire che i soggetti beneficiari devono far pervenire al Servizio Affari generali della Presidenza e delle politiche di genere la documentazione utile per il monitoraggio ai fini delle rendicontazioni previste dal DPCM 24 luglio 2014;

9)     di incaricare il Dirigente del Servizio Affari generali della Presidenza e delle politiche di genere competente in materia a dare attuazione al presente atto ivi compresa l’assunzione degli impegni contabili delle risorse assegnate e la predisposizione del Protocollo d’Intesa;

10)  di dare atto che l’assegnazione in oggetto è motivata dalle circostanze che le azioni indicate sono urgenti e indifferibili al fine di non incorrere nella revoca del finanziamento qualora non utilizzate entro l’esercizio 2014 ai sensi del DPCM 24 luglio 2014;

11)  di dare atto che il presente provvedimento è soggetto a pubblicazione ai sensi dell’art. 26 comma 2 del D.Lgs. n. 33/2013.

Il documento istruttorio allegato, si dilunga nella complessa giustificazione del riparto ai Comuni, richiamando in buona sostanza il deliberato nelle finalità progettuali. Ottimo lo studio dell'istruttore. Seguono i pareri di tutte le figure tecniche.

La Stampa del 26 marzo 2014 inneggia alla notizia” Terni, il centro antiviolenza ora è una realtà e si chiama ”Liberetutte” . Inaugurazione il 3 aprile.

La Regione Umbria bisogna riconoscerlo, appare una delle regioni più efficienti d'Italia. Dopo solo pochi mesi, il tempo di mettere a posto le carte da parte dell'associazione Libera...mente Donna, più precisamente Liberetutte, provvede con la delibera di Giunta n.1542 del 1.12.2014 ad assegnare e concedere i finanziamenti ai comuni sedi di centri antiviolenza.

I protocolli tra i Comuni e i predetti centri stabiliscono finalità ed obiettivi, ma non si parla di controlli e vigilanza sui finanziamenti, che è bene ricordare, sono pubblici.

La Presidente della Giunta regionale dell'Umbria, nel rispondere alla interrogazione del Consigliere De Vincenzi, forse ha dimenticato i punti dal 6 all'11 del deliberato, che fanno parte di una sua proposta.

E valga il vero: al punto 6 si richiama la responsabilità dei Comuni; al punto 7 si autorizza il dirigente ed i servizi degli affari generali della Presidenza e delle politiche di genere a trasferire i finanziamenti; al punto 8 si stabilisce che i soggetti beneficiari (le associazioni) devono far pervenire al Servizio degli affari generali della Presidenza (cioè della Marini) la documentazione utile per il monitoraggio ai fini delle rendicontazioni previste dal DPCM 24 luglio 2014;

I punti 9,10 ed 11 sono disposizioni di servizio conseguenti.

La Presidente Marini nella question-time del 15 marzo ha dichiarato con altezzosa sicurezza che la responsabilità del controllo sui finanziamenti assegnati spetta ai Comuni. E' anche questa una tutela, a tutti i costi, della questione che ostinatamente si continua a sostenere solo di genere femminile?

Il danaro pubblico non è di genere e va rispettato soprattutto quando usato per tutelare i diritti di tutti i cittadini, senza discriminazioni di sesso o di genere.

La Signora, rifugiata, assurta all'onore della cronaca, va tutelata e difesa quando vi sono le condizioni di legge, ma non usata contro la legge e la dignità dell'uomo. Anche questo principio è ben fermo nelle convenzioni nazionali e internazionali.

E' violenza stravolgere la legge; è altresì violenza difendere persone che si sono rese responsabili di grave reato, come la falsa accusa; è ancora violenza alla fede pubblica affermare che del danaro pubblico risponde soltanto chi ne ha beneficiato;

La risposta all'interrogazione del Consigliere De Vincenzi è un'offesa al principio delle pari opportunità, ma soprattutto una mancanza di rispetto verso la magistratura che già si è espressa e molto chiaramente.

Sul caso si appunta un turbinio di congetture e di considerazioni che la P.A non può consentire in nome del principio della libertà democratica, della trasparenza e soprattutto di quello previsto dall'art. 97 della Costituzione. Il pubblico amministratore vestito dei sacri principi costituzionali non può scaricare sulle altre Istituzioni pubbliche responsabilità che sono ben ferme nel diritto pubblico.

Le conseguenze di questo eclatante caso portano a molte considerazioni e soprattutto aprono la via alle responsabilità che tutti, ma proprio tutti, ci permettiamo di approfondire per il rispetto di quel danaro che proviene dalle tasse di tanti onesti lavoratori, tra cui anche quelle del malcapitato genitore perseguitato da gravosi e scorretti procedimenti.

 

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information