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... Altrimenti ci arrabbiamo ...

 

Il giornale Gazzetta Matin, a seguito di un nostro comunicato stampa, aveva dato notizia di una petizione popolare a favore di una bambina della Bassa Valle che, dopo aver vissuto nove anni con la nonna paterna e il padre prima e con la sola nonna dopo la morte del padre, veniva tolta alla nonna per riconsegnarla alla madre che, di fatto, l’aveva abbandonata al padre dopo la nascita.

La dirigente regionali dei servizi sociali convocò il giornalista per sostenere che la decisione era stata presa dal Tribunale dei Minori di Torino e che loro si erano limitati solo ad eseguire le decisioni dell’autorità giudiziaria.

In realtà, il Tribunale aveva deciso in base alle relazioni dei servizi sociali del comune della bambina che ribadivano sempre l’urgenza di ridare la figlia alla madre che, nel frattempo, aveva compreso il proprio ruolo genitoriale e che non frequentava più il Sert.

Il centro di neuropsichiatria infantile, la pediatra della bambina (anch’essa neuropsichiatra infantile) e la psichiatra che seguiva la madre non erano concordi sul trasferimento della minore senza il suo consenso e senza averla preparata a questo profondo cambiamento di stile di vita, di amici, di figura di riferimento e della zona in cui era sempre vissuta e dove ora frequentava la scuola elementare.

Il consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta ha inviato la seguente lettera alla redazione del giornale per contestare il loro operato informativo e per insegnare loro il mestiere di giornalisti. La presunzione, indubbiamente, non ha limiti.

 

Lettera del Consiglio regionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali alla redazione della Gazzetta Matin


In riferimento agli articoli pubblicati dalla Gazzetta Matin inerenti alla vicenda di una minore contesa dai familiari l’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta intende far presente alcune considerazioni.

Innanzitutto dispiace ancora una volta constatare in merito, lo scatenarsi da parte di alcuni mass-media, che con il loro atteggiamento non fanno che acuire ulteriormente i livelli di conflittualità già presenti tra i diversi soggetti coinvolti nelle delicate situazioni che interessano i minori e le loro famiglie.

Le situazioni suddette infatti, proprio in considerazione della loro complessità, sono prese in carico da più operatori che hanno compiti di analisi e comprensione delle difficoltà dei minori, aiuto e sostegno, valutazione complessiva “dell’interesse del minore”interesse che non coincide spesso con quello dei suoi familiari e per tale ragione fonte di conflitto.

 

Sembra importante inoltre far presente che l’equipe che segue la situazione di un minore è tenuta a riferire il suo operato all’Organo giudiziario competente (Tribunale Ordinario, Tribunale per i Minorenni, Corte d’Appello), che “sentiti direttamente i familiari” e/o altri soggetti ritenuti interessati, in “piena autonomia”, assume le decisioni ritenute più idonee a tutelare il minore stesso.

All’interno della procedura descritta risulta pertanto evidente che il potere decisionale spetta esclusivamente all’Organo Giudiziario e che risultano pertanto scorrette e squalificanti tutte le attribuzioni fatte alla figura dell’assistente sociale che “deciderebbe” in ordine ad aspetti delicatissimi della vita dei minori.

Questa precisazione vuole ribadire la posizione professionale dell’assistente sociale che è figura che

offre, insieme ad altri operatori pubblici, prestazioni di aiuto e sostegno ai nuclei in difficoltà nell’ottica del miglioramento delle condizioni generali di vita dei bambini, al mantenimento ed al miglioramento delle relazioni interfamiliari presenti.

Nelle situazioni conflittuali di cui sopra (presenti in tutte le fasce sociali e sempre meno correlate alle difficoltà economiche delle persone), il suo compito si estende ad interventi di supporto e di sostegno alla genitorialità e ad interventi di mediazione nella gestione delle relazioni, spesso molto tese tra adulti e adulti e minori. Va precisato ancora che tali interventi sono erogati in collaborazione con altri operatori (in modo particolare psicologo ed educatore), nell’ambito di un

mandato specifico emesso dall’Autorità Giudiziaria.

L’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta con queste precisazioni intende pertanto (ha inteso) invitare i mass media interessati:

a) a prendere in maggiore considerazione la delicatezza delle questioni affrontate;

b) ad assicurare la riservatezza della vita dei minori (nel “caso” trattato i dati emersi consentono purtroppo facilmente l’individuazione della minore);

c) a considerare la complessità delle situazioni nelle quali intervengono diverse professionalità evitando di estrapolare la figura dell’assistente sociale assegnandole funzioni decisionali non previste dalle normative vigenti;

d) a separare eventuali responsabilità personali nell’agire dell’assistente sociale da generalizzazioni offensive del ruolo e dell’operato di tale figura professionale.

L’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta s’impegna, infine, ad aprire un tavolo di confronto con tutti i soggetti che si occupano di tutela dei minori e di informazione, al fine di riflettere sui diversi ruoli e doveri delle figure professionali con particolare riferimento ai rispettivi codici deontologici.

 

Il consiglio dell’ordine professionale degli Assistenti Sociali

– Regione Autonoma Valle d’Aosta


*


Risposta della Redazione della Gazzetta Matin

 

Spettabile Ordine,

Gazzetta Matin ha riferito sulla vicenda, raccogliendo l’implorante appello di una nonna e un’amica, senza mai entrare nel merito dell’operato degli assistenti sociali.

La bambina non era facilmente individuabile, perché ci siamo limitati a scrivere di «una bambina di nove anni della media Valle» e abbiamo fotografato la nonna e l’amica di schiena. Solo chi era già a conoscenza della vicenda poteva, leggendo gli articoli, risalire all’identità della minore, identità peraltro mai tenuta nascosta a scuola. Addirittura, c’è stata una raccolta di firme e molte persone ci hanno contattato per sapere dove poter manifestare il loro sostegno (ovviamente, non abbiamo fornito indicazioni). Se la bambina fosse stata riconoscibile come da voi sostenuto, queste persone non ci avrebbero contattato, ma si sarebbero rivolte direttamente alla nonna.

Cordiali saluti.

 

Nostra risposta al Consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta

 

La lettera inviata alla Redazione della Gazzetta Matin (pubblicata nell’edizione del 6 u.s.) dal Consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta è una ulteriore conferma di quanto sostengono tantissimi padri separati valdostani che hanno sperimentato sulla propria pelle e sulla pelle dei propri figli l’operato di questa lobby incontrollata e plenipotenziaria che fa il bello e brutto tempo nella tutela dei minori in Valle.

Da anni sollecitiamo il rispetto del diritto alla trasparenza da parte dei servizi sociali, chiediamo l’accesso agli atti, la registrazione delle loro consulenze a tutela del genitore non affidatario o collocatario (quasi sempre il padre) le cui testimonianze e richieste non trovano quasi mai spazio nelle relazioni che gli assistenti sociali inviano al Tribunale ordinario di Aosta e a quello per i Minori di Torino.

Da un anno sollecitiamo un monitoraggio sul loro operato effettuato da professionisti di fuori regione e un Protocollo d’intesa tra Tribunali e i Servizi sociali valdostani che garantisca reale trasparenza ed efficienza negli interventi specifici di “indagine” psico-sociologica sui minori e sui loro genitori non più conviventi.

Abbiamo chiesto un intervento diretto al dirigente della sanità sull’operato dei responsabili dei vari settori dei servizi sociali in riferimento a casi concreti, ma ci è stato fatto intendere “che certi dirigenti di grado inferiore” non possono essere sottoposti a verifica e/o ripresi perché altrimenti “si arrabbiano”. Ad una nostra precisa contestazione dell’operato dei servizi sociali, la dirigente ha rimesso la nostra lettera all’autorità giudiziaria per procedere nei confronti dell’associazione. E’ indiscutibile il fallimento del potere politico dinnanzi allo strapotere di alcuni dirigenti o facenti funzioni. I dirigenti restano tali a vita e ciò succede solo ad Aosta!

Fallimento o tacita intesa?

La lettera dell’Ordine alla redazione della Gazzetta Matin si muove su questa linea e non è sicuramente una “concessione” di trasparenza e disponibilità a confrontarsi sull’operato dei propri iscritti ma è una lezione di bon ton tenuta da “maestrine/i” che non ammettono contraddittorio perché spesso non sanno rispondere alle giuste osservazioni dei genitori (gli unici titolati a decidere abitualmente dei propri figli), delle associazioni di categoria e dei professionisti esterni alla struttura. Non è un caso, infine, che gli assistenti sociali con laurea breve (tre anni) – a differenza dei laureati o plurilaureati - fanno precedere magistralmente il loro cognome dal titolo accademico “dott./dott.ssa.

Come possiamo credere che la stragrande maggioranza dei genitori e tanti legali riportino sempre le stesse valutazioni sulla loro esperienza con i servizi sociali, talvolta traumatica per genitori e figli? Questa lobby – fatta eccezioni per i pochi (purtroppo!) assistenti competenti e rispettosi delle persone che hanno davanti – è vittima di una congiura socio-politica oppure è espressione di un potere che nasconde incertezze e lacune professionali, oltre ad una consolidata arroganza istituzionale?

L’intento della lettera è quello di non far emergere - portandolo a conoscenza dell’opinione pubblica - il disservizio della struttura pubblica, gli atteggiamenti, le incongruenze e l’arroganza di istituzioni preposte alla tutela dei minori che, di fatto, non li tutelano affatto.

La bambina tolta alla nonna dopo 9 anni per riconsegnarla alla madre che in passato aveva evidenziato criticità e non si era dedicata alla figlia, rifiutando persino certi accertamenti sanitari richiesti dal tribunale per i minori di Torino, è un esempio di come hanno funzionato e continuano a funzionare i servizi sociali valdostani. In contrasto con le altre professionalità coinvolte che sconsigliavano di trasferire la figlia a casa del nonno materno senza un percorso psicologico preparatorio, l’assistente sociale e la psicologa del comune di residenza della minore hanno sollecitato ripetutamente il Tribunale per i minori di togliere la nipote a quella nonna che aveva contestato ed ottenuto il trasferimento di una assistente sociale vicina alla famiglia materna per mancanza di oggettività nelle relazioni.

E’ una brutta storia per la bambina e per una nonna che dalla nascita fino ad oggi ha allevato ed educato la nipote senza il minimo contributo della madre – nemmeno economico sebbene lavorasse - e senza nessun intervento economico pubblico, nemmeno dopo la morte del padre della piccola.

Ci deve essere spiegato come mai la madre abbia dato ai servizi e alla nonna l’indirizzo della casa del nonno materno quale residenza della minore, mentre invece la fa abitare altrove, in un mini appartamento con l’amante (i servizi hanno indagato su di lui?

) dove la bambina è costretta a dormire in un divano nel piccolo locale adibito a soggiorno-cucina-ingresso. Ci deve essere spiegato come mai l’ispezione - senza preavviso - dei servizi sia avvenuta, come sembra, a casa del nonno e la madre, per l’occasione, sia restata per tutto il giorno in quella abitazione per far poi subito ritorno dal compagno. Sarebbe interessare sapere chi l’aveva informata.

E’ facile parlare di tutela dei minori quando poi sovente prevalgono altre logiche di strutture pubbliche a nostro parere non adeguatamente preparate a svolgere delicate professionalità. Che dire poi delle assistenti sociali che non presentano mai le relazioni entro i termini stabiliti dal giudice, rendendo vana l’udienza convocata, costringendo il padre a pagare il legale per udienze supplementari? Che dire delle relazioni-fotocopia dove spesso non si provvede nemmeno a sostituire i nomi dei minori? Infine perché le madri vengono sempre privilegiate anche in presenza di padri attenti e competenti?

Sarebbe più onesto parlare di mala gestione di un servizio strategico, di negazione dei diritti genitoriali e dei minori, di arroganza istituzionale.

Noi siamo disponibili a partecipare ad un tavolo di confronto, avendone titolo poiché rappresentiamo tanti separati valdostani, ma a condizione che certi argomenti siano dibattuti, senza censure, e che il confronto venga fatto a tutto campo e in nome di una vera tutela dei minori.

La stampa poi fa il proprio mestiere che è quello di informare e di denunciare le incongruenze o deficienze delle strutture pubbliche. Ai dirigenti delle politiche sociali e ai politici, invece, spetta il dovere del controllo e della sostituzione di chi è di ostacolo alla trasparenza e alle pari opportunità genitoriali. E’ questione di volontà e di stile! ( Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. 347.6504095347.6504095 )

Perugia, 12 gennaio 2014

Il Presidente

Ubaldo Valentini

 

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