Aosta Stampa

Sindrome della madre malevola:

casi concreti in Valle D’Aosta

 

Grande scalpore mediatico ha suscitato il bimbo conteso di Cittadella e, in certi ambienti, si fa strada l’idea di dover difendere ad oltranza la madre, che da anni non faceva vedere il figlio al padre e non collaborava le istituzioni. C’è una certa propensione a parlare della inesistenza della PAS ritenuta di scarsa rilevanza scientifica  e, soprattutto, di una “invenzione” dei padri e di alcuni psichiatri. In realtà, la quotidianità è ben diversa e continuamente  ci ricorda che i casi di figli “manipolati” ed indotti a rifiutare il padre sono tantissimi. Chiamiamola come vogliamo, ma la sindrome della alienazione parentale  colpisce molti bambini, esiste dunque  e come!

 

In Valle d’Aosta abbiamo situazione simili a quella di Padova e un diverso intervento dei servizi sociali e del magistrato sarebbe quanto mai urgente.

Voglio ricordare, tra i tanti casi a nostra conoscenza, quello di un padre, amorevole, che i figli adoravano fino a quando la madre non ha deciso di andarsene da casa, coinvolgendoli nel tenergli segreto sia il progetto materno e sia l’allestimento di un nuovo appartamento presso la casa dei nonni. Il padre aveva fatto sempre il padre a tempo pieno, stava quotidianamente con i figli (uno dei quali era molto piccolo), alla sera, nel metterli a letto provvedeva  a rimboccargli le coperte.

Il padre non era stato mai accettato dal suocero che era solito accusarlo di avergli “portato via la figlia” e ripeteva ai nipoti che avevano lui e potevano fare a meno dell’altro genitore. Poi c’era la famiglia delle cognate, soprattutto una che sostituisce la sorella nella gestione ed educazione dei figli, non suoi, in assenza della madre. Ed ora è lei, assieme al vecchio nonno materno, a gestire i nipoti – essendo spesso la madre assente per lavoro e per impegni - e ad incitarli a rifiutare il padre: li accompagna a scuola e se incontrano il padre non li invita nemmeno a salutarlo; anzi sembra gelosa che il padre possa riacquistare il ruolo genitoriale antecedente la separazione. I figli, se invitati dal nonno, restano a parlare con il padre senza difficoltà alcuna.

Il tribunale, durante la separazione, ha puntualizzato i termini del diritto di visita paterno. Lentamente i figli, una volta andati a vivere con la madre (o meglio con i nonni  e vicino alla zia materna), dopo un anno di regolari incontri non condivisi dalla madre e dai suoi parenti, hanno incominciato  a mostrare freddezza verso il padre, a chiedere di stare meno tempo con lui, di non voler più dormire a casa sua e, infine, a rifiutarlo e a scappare quando lui va loro incontro per salutarli o, nei giorni stabiliti, li aspetta al termine delle lezioni.

Il loro rifiuto - accompagnato con espressioni verbali inaccettabili sia per il contenuto che per la forma, pronunciate davanti alla scuola dove il padre va a salutarli o per strada  quando lo incontrano e alla presenza compiaciuta e soddisfatta della madre o della zia o del nonno che con sorriso sarcastico dicono al padre: “raccogli quello che hai seminato. Vedi come ti trattano?”. Ma cosa avrà mai fatto questo padre ai figli se da tre anni, di fatto, non li vede e quando li chiama al telefono lo trattano con disprezzo e arroganza? I minori gli ricordano che non vogliono parlare con lui, che lui deve solo pagare, deve solo acquistare loro le costose attrezzature sportive e, dinnanzi alla sua disponibilità a farlo purché vadano assieme a lui nel negozio o nella fabbrica, rifiutano la proposta e  chiudano bruscamente la comunicazione con frasi irripetibili.

I servizi sociali interessati tergiversano e non sembrano molto disponibili ad una diagnosi approfondita della situazione psicologica dei minori, forse temendo la madre per le sue amicizie influenti.

Non rassegnandosi a rinunciare al suo ruolo genitoriale, consapevole che il nonno non può sostituirlo come invece avviene,  il padre ha fatto ricorso al Tribunale ed ha denunciato la madre, come da codice. La madre, a sua volta, ha denunciato l’ex marito. Il nonno – fatto di inaudita gravità – ha portato i nipoti dalle forze dell’ordine locali per farli ascoltare sulle loro ragioni nel rifiutare il padre.  Non si parla di violenze fisiche o di altra natura e si evince che i minori sono stati costretti a fare valutazioni sul genitore non condivise. Esiste, in merito, il verbale inserito nei fascicoli e nessuno ha preso provvedimenti verso il nonno – che abusa di un ruolo non suo.

Le denunce del padre, come consuetudine, sono state immediatamente archiviate; quelle della madre nei suoi confronti, invece, vanno avanti e l’operato del nonno stranamente (ma non tanto) non viene perseguito a norma di legge. Il ricorso per la revisione del diritto di visita, come prevedibile, è stato respinto mentre quello della madre per l’aumento del 300% dell’assegno di mantenimento dei figli è stato accolto, nonostante la stessa ricopri incarichi dirigenziali ed abbia un reddito di gran lunga superiore a quello dell’altro genitore.

Gli altri genitori contestano il comportamento di questa madre, il modo con cui i figli vengono privati della figura paterna e, avendo l’età dei loro figli, notano come in realtà i figli vorrebbero stare col  padre, ma non possono dire nulla per i veti di madre e congiunti e perché il nonno li ha portati in caserma a dire cose  pesanti e non vere  nei confronti del padre.

Stessa situazione e stessi protagonisti di Padova: madre, nonno materno e sorella della madre, andamento scolastico dei figli alquanto buono, con la differenza che in Valle i servizi sociali tacciono le istituzioni ignorano la violenza fatta ai figli e al padre, persona molto educata e riservata, e non  si ha il coraggio di ammettere che ciò che il termine PAS rappresenta è un reato e che necessariamente deve essere sanzionato in modo credibile per ristabilire il rispetto del diritto e della genitorialità. Con il rispetto del diritto si porrebbe fine ad una manipolazione psicologica che avrà preoccupanti conseguenze nei figli ed umilia ingiustamente il ruolo genitoriale paterno, estromesso dalla loro vita da una madre malevola.

Ad Aosta la PAS è una parola bandita dal linguaggio delle istituzioni, per le quali i figli possono fare a meno del padre e tutti i conflitti genitoriali si risolvono con la mediazione familiare “pubblica”, tenendo sempre presente che “la madre è sempre la madre” oppure “chi ha la madre, mai non pianga”!

Aosta, 16 ottobre 2012

Ubaldo Valentini

 

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