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La nomina dell’amministratore di sostegno

non può essere solo un business economico


La Cassazione annulla il provvedimento con una sentenza che diventa giurisprudenza. L’avvocato Miraglia, difensore della signora, ha così commentato la vittoria: «da mesi sostengo che siamo di fronte a un nuovo business sulla pelle dei più fragili»

Ha fatto giurisprudenza, entrando tra le massime di Cassazione civile, la sentenza con la quale la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Miraglia in difesa della sua assistita, una docente e artista di Parma: per gestire da sola l’ingente patrimonio di famiglia, la sorella aveva chiesto per lei un amministratore di sostegno. La Cassazione ha ribaltato la sentenza del Tribunale di Parma emanata nel 2019, confermata l’anno successivo dalla Corte d’Appello di Bologna, affermando che il ricorso all’amministratore di sostegno non può essere usato per dirimere conflitti familiari, specialmente laddove nella cerchia familiare ci sia qualcuno che possa supportare le persone nella gestione del proprio patrimonio. «Tra l’altro le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello si basano su “sensazioni” e non su prove concrete – afferma l’avv. Miraglia – formulate esclusivamente su ipotesi e presunte diagnosi senza che alcun professionista abbia mai visitato la mia assistita».

Si legge infatti che la donna «seppur non affetta da una patologia nosograficamente accertata, manifesta comportamenti che fanno esistere il "fondato sospetto" e inadeguatezza della beneficiaria ad occuparsi dei propri interessi, e di riflesso anche di quelli della sorella» essendo il patrimonio di famiglia, ereditato dai genitori, ancora non diviso.

Proprio per confutare questa mancanza di prove concrete la donna, attraverso l’avv. Miraglia, ha presentato ricorso alla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha recepito le osservazioni presentate, ritenendo che tale situazione potrebbe essere risolta anche verificando la possibilità di reperire nella cerchia familiare il supporto eventualmente necessario (in questo caso il marito) e che l’amministrazione di sostegno non può essere un rimedio alternativo per la risoluzione di conflitti endofamiliari di natura patrimoniale, che possono essere risolti agendo secondo le specifiche azioni di tutela della proprietà.

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