Venerdì 17 Novembre 2023 09:53 |
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Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo
Adolescenza ed infanzia negate dagli adulti
La Dichiarazione dei Diritti del Fanciulloè stata approvata a New Yorkdall’Assemblea Generale Nazioni Unite il 20 novembre 1959, integrata il 20 Novembre 1989; èentrata in vigore il 2 settembre 1990: è stataratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991.
La Convenzione,nell’intenzione dei rappresentanti delle nazioni,avrebbe dovuto tutelare i diritti inalienabili dell’infanzia e dell’adolescenza in tutto il mondo. Non è stato e non è così perché la convenzione, da tutti citata e invocata, di fatto, non ha unapreminenza nelle istituzioni preposte alla tutela dell’infanzia e si invoca solo formalmente, ma, nei fatti, coscientemente non si applica.
Riportiamo solo alcuni articoli per sottolineare la responsabilità delle istituzioni nella tutela del superiore interesse del minore quando decidono il suo futuro, spesso senza nessuna garanzia per il fanciullo e per i suoi genitori, agenzia previlegiata per la sua formazione e per la sua crescita.
E’ scritto nella Convenzione del 1989, che aggiorna quella del 1959:
“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private diassistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interessesuperiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.” (art. 3, c.1);
“Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimereliberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendodebitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni proceduragiudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o unorgano appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale. (art. 12);
“Gli Stati parti faranno del loro meglio per garantire il riconoscimento del principio comune secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo ed il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori oppure, se del caso ai suoi rappresentanti legali i quali devono essere guidati principalmente dall’interesse preminente del fanciullo. Al fine di garantire e di promuovere i diritti enunciati nella presente Convenzione, gli Stati parti accordano gli aiuti appropriati ai genitori ed ai rappresentanti legali del fanciullo nell’esercizio dellaresponsabilità che incombe loro di allevare il fanciullo e provvedono alla creazione di istituzioni,istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo.Gli Stati parti adottano ogni appropriato provvedimento per garantire ai fanciulli i cui genitorilavorano, il diritto di beneficiare dei servizi e degli istituti di assistenza all’infanzia, per i quali essiabbiano i requisiti necessari.” (art.18); “Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all’uno o all’altro, o ad entrambi, i suoi genitori, al suo rappresentante legale (o rappresentanti legali), oppure ad ogni altra persona che ha il suo affidamento”(art. 19, c.1).
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Giovedì 09 Novembre 2023 12:51 |
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Violenza in famiglia: realtà e tanta speculazione
Ubaldo Valentini *
Non è facile, a prima vista, valutare e condannare la violenza familiare quando, nelle separazioni, sovente l’accusa non corrisponde alla verità e diviene uno strumento, un subdolo strumento, che, sull’onda dell’emozione collettiva e sociale, coniugi e genitori sfruttano per sopraffare la controparte. Per loro, la verità non vincola il comportamento di ciascuno di noi, ma è una vuota parola da invocare per avvalorare le loro menzogne.
Solo la pronuncia, magica, di questa parola evoca, soprattutto negli sprovveduti, una solidarietà sul nulla, poiché nulla è la veridicità della maggior parte delle denunce di violenza all’interno della famiglia, spesso non verificate, ma foriere di provvedimenti che limitano la libertà dell’accusato e gettano pubblico discredito sul malcapitato (talvolta accusato perfino di violenza sessuale sui propri figli), privandolo della dignità umana, della presenza dei figli e, quasi sempre, provocando in lui uno squilibrio psico-sociale ed economico nella generale indifferenza.
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Giovedì 02 Novembre 2023 09:28 |
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Patrocinio a spese dello Stato senza controlli
avv. Francesco Valentini *
Il patrocinio a spese dello Stato è una garanzia di difesa per coloro che non hanno un reddito (dichiarato) tale da permettere la possibilità di difendersi dinnanzi all’autorità giudiziaria civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e nonché nelle procedure di mediazione civile. L’avvocato viene pagato dallo Stato e non può chiedere compensi o rimborsi al cliente ammesso al gratuito patrocinio. Non sarebbe superfluo, però, un più attento controllo su mascherate richieste pecuniarie extra, da parte di alcuni legali, che costituiscono un illecito disciplinare deontologico (art. 85, c. 3, D.P.R. 115/2002 e art. 29, c. 8, Codice deontologico forense).
In caso di condanna al pagamento di somme a favore della controparte da parte del beneficiario del c.d. gratuito patrocinio, queste non sono a carico dello Stato. Infatti, il beneficio riguarda solo gli onorari e le spese dovuti al difensore.
Il limite massimo del reddito lordo per accedere al beneficio è di €. 12.838,01 e deve calcolare tutti redditi di ciascun componente del nucleo familiare (eccezione fatta per le indennità di accompagnamento), compresi quelli non sottoposti a tassazione, quelli percepito “in nero” e/o quelli provenienti da attività illecite (Cass. Pen. 23223/2016; Cass. Ord . 24378/2019; Cass. Civ. n. 46159/2021). Tra i familiari, sono compresi il convivente more uxorio, nonché tutte le persone che coabitano, anche se non legati da vincoli di parentela e affinità, con il richiedente e contribuiscono alla vita in comune.
Rientrano, indicativamente, nel calcolo del reddito imponibile per l’accesso al beneficio: le pensioni, l’assegno di separazione o divorzio a favore del coniuge, l’assegno a favore dei figli, benché non costituisca reddito (cfr. Cass. Pen. 18818/2016), gli interessi dei conti correnti e i proventi da fondi di investimento, gli interessi di Bot, Cct e Btp ed il reddito di cittadinanza.
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Giovedì 26 Ottobre 2023 10:36 |
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Fermiamo i soliti e protetti furbetti
Un Registro unico regionale dei contributi
a difesa dei cittadini in difficoltà economica
Le regioni e gli enti locali dispongono di ingenti somme e benefici vari da elargire a cittadini bisognosi, ma anche a quelli (numerosi) che non ne hanno diritto. La raccomandazione fa chiudere un occhio agli amministratori, mentre il clientelismo li chiude tutti e due e, soprattutto, gli amministratori non amano essere denunciati pubblicamente.
Assistiamo allo sperpero del danaro pubblico per assistere persone che non ne hanno diritto – e tutti lo sanno – a scapito degli anziani e di coloro che non riescono ad arrivare alla fine del mese a causa di evenienze sociali, spesso non preventivate, per sopraggiunta malattia, per perdita di lavoro e per una vecchiaia con una pensione ridicola al termine di un lavoro logorante.
Il genitore separato, se padre, viene discriminato non solo nella concessione dei contributi, negli esoneri fiscali per i servizi previsti per i figli, nel diritto alla casa popolare, locata (cioè, data in affitto) gratuitamente o a cifre irrisorie, e in tante altre agevolazioni che i politici elargiscono, perché percepiti dalla madre collocataria, compreso il patrocinio a spese dello Stato, alla quale va anche l’assegno per i figli (spesso eccessivamente sproporzionato rispetto ai giorni che il genitore non collocatario tiene i figli sull’arco temporale di 14 giorni), che il padre mensilmente versa, senza che vengano verificate le somme effettivamente percepite dalla genitrice (poiché i figli continuano ad essere collocati presso la madre anche dopo 17 anni dall’entrata in vigore della l. 54 che istituiva l’affido condiviso), sia dai vari enti pubblici e privati, che dai redditi percepiti, ma non dichiarati, cioè dal lavoro a nero (questi principi valgono anche per la verifica che il giudice ha l’obbligo di fare per la conferma dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato).
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