Giovedì 12 Settembre 2024 16:57 |
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Curatore speciale: tutela per i minori
o solo aiuto al genitore collocatario?
La figura del curatore speciale del minore, nel procedimento di affido, diventa importante quando la conflittualità tra i due genitori non permette loro di garantirgli la serenità, la libertà, l’educazione, l’istruzione, il mantenimento e l’assistenza in genere. Le condizioni per la sono previste dall’art. 321 c.c. e cioè “in tutti i casi in cui i genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, non possono o non vogliono compiere uno o più atti di interesse del figlio, eccedente l’ordinaria amministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso, del pubblico ministero, o di uno dei parenti che vi abbia interesse, e sentiti i genitori, può nominare al figlio un curatore speciale, autorizzandolo al compimento di tali atti”.
La nomina del curatore speciale del minore diventa obbligatoria (art. 473 bis, nn. 7-8 c.p.c.) quando il p.m. chiede la decadenza della responsabilità genitoriale per ambedue i genitori oppure nel caso in cui un genitore chieda la decadenza dell’altro; se viene predisposto l’affido extrafamiliare del minore; se il minore sia moralmente o materialmente abbandonato o si trovi esposto, nell’ambiente familiare, a grave pregiudizio o pericolo per la sua incolumità psico-fisica; quando, durante il procedimento di affido, di separazione o divorzio, emerge il rischio di una inadeguata rappresentanza del minore da parte di entrambi i genitori; quando lo richiede espressamente il minore stesso che ha compiuto 14 anni; quando il giudice constata l’inadeguatezza dei genitori a tutelare gli interessi del minore.
“L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al conciliatore o al presidente dell'ufficio giudiziario davanti al quale s'intende proporre la causa. Se la necessità di nominare un curatore speciale sorge nel corso di un procedimento, anche di natura cautelare, alla nomina provvede, d'ufficio, il giudice che procede” (art. 80 c.p.c.).
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Giovedì 05 Settembre 2024 18:24 |
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L’ascolto del minore nell’affido dei figli
I minori, nel procedimento di affido, vanno ascoltati direttamente dal giudice, che non può delegare altri a farlo in sua vece, cioè delegando i servizi sociali e/o le strutture socio-sanitarie del posto. Poiché i bambini hanno idee chiare sulla loro situazione e sul mondo degli adulti che li circonda, possono (noi diciamo devono) essere ascoltati per conoscere le loro esigenze e le loro aspettative, anche in età inferiore ai dodici anni. “Il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal giudice nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità. Il giudice non procede all'ascolto, dandone atto con provvedimento motivato, se esso è in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo, in caso di impossibilità fisica o psichica del minore o se quest'ultimo manifesta la volontà di non essere ascoltato (art. 473 bis 4, c.p.c.). Si riafferma, in modo chiaro, il principio secondo cui il minore deve poter esprimere direttamente al giudice le proprie esigenze e le proprie aspettative su tutti gli aspetti che incidono sulla sua sfera personale.
Il giudice, prima di procedere all’ascolto, “indica i temi oggetto dell’adempimento ai genitori, agli esercenti la responsabilità genitoriale, ai rispettivi difensori e al curatore speciale, i quali possono proporre argomenti e temi di approfondimento e, su autorizzazione del giudice, partecipare all’ascolto” (art. 473bis 5, c. 3, c.p.c.).
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Giovedì 05 Settembre 2024 18:15 |
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La giustizia al tribunale di Padova
Espropriata la casa ad un padre cieco totale
per assegnarla ai figli e alla madre vagadonda
Sfrattato dalla casa coniugale (acquistata da lui, con mutuo che scade nel 2045) un padre non vedente per assegnarla ai figli e alla moglie, per anni nullafacente, che ha percepito, tra mantenimenti e sussidi, oltre 2.500 euro al mese nell’ultimo anno e mezzo.
Un padre, non vedente, dopo anni di matrimonio, viene accusato di maltrattamenti in famiglia dalla moglie, consigliata (o forse suggestionata) da un centro antiviolenza veneto, suggeritole dai servizi sociali, che, con i loro interventi a favore della madre, senza che esistesse la pur minima prova della violenza (tentativo di strangolamento), poiché il referto del pronto soccorso parla di ematomi nonvisibili ad occhio sul collo, che ognuno si potrebbe procurare da solo, hanno condizionato, senza alcun specifico riscontro, il tribunale che, comunque, dovrebbe essere autonomo nelle sue scelte sui minori. La vera violenza l’ha subita il marito poiché la signora è stata sempre violenta e irascibile col marito e con i figli, come dagli stessi dichiarato. Il marito solo dopo alcuni giorni è andato al pronto soccorso erano ancora visibili i segni della violenza della moglie.
Parte la denuncia e la sig.ra viene accolta in un centro protetto e, partendo la fase cautelare della procedura, al padre non viene permesso di sapere dove si trovino i figli e di avvicinarsi a loro, se non con incontri protetti, presieduti da una educatrice che non esita ad offendere il padre, ricordandogli bruscamente che lui è cieco e non può chiedere di andare con i figli, durante gli incontri, nel parco, come sempre faceva quando viveva con loro.
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Lunedì 02 Settembre 2024 09:32 |
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Grazie ai servizi sociali impreparati
Emergenza Minori in Valle d’Aosta.
Chiediamo un pubblico confronto tra
genitori separati e Regione
Il tempo vacanziero ha portato a sottovalutare il fatto che, con la riapertura della scuola e con la ripresa dell’attività cittadina, l’emergenza minori, nella nostra Valle, è più che mai evidente a tutti, eccezion fatta per gli amministratori regionali, che continuano a recitare la solita litania, secondo cui va tutto bene, e che attaccare l’assessorato alle politiche sociali e gli operatori che gestisce (o, meglio, che non è in grado di gestire) è solo invidia di chi non vuole riconoscere le bontà dei servizi sociali, smentite quotidianamente, però, dai fatti. Le baby-gang sono una devastante realtà giovanile, la microcriminalità in Valle esiste ed è palesemente preoccupante per chiunque abbia a cuore il futuro della società valdostana, indipendentemente dalle sue simpatie o tendenze politiche, tanto è vero che il malessere sociale serpeggia ovunque ed è sotto gli occhi di tutti.
Possiamo parlare, ancora, di una amministrazione regionale attenta alle problematiche sociali e impegnata a dare risposte proporzionate ed attinenti alle emergenze che un amministratore responsabile non può ignorare, anche se ciò potrebbe rimettere in discussione le sue certezze di rielezione, con il godimento di una lauta pensione a spese dei cittadini.
A certe fonti di informazione viene chiesto, con metodi presumibili, di non parlare dei suicidi in Valle, soprattutto di quelli relativi ai padri separati, di non riportare i numerosissimi episodi di devianza giovanile, di non parlare di droga e di abbandono scolastico. Problematiche, tutte, che dovrebbero costituire la prima preoccupazione di un amministratore pubblico, ma che, invece, vengono celate dimenticando che la Valle d’Aosta è una regione piccola e, di fatto, tutti i cittadini si “conoscono” e i segreti voluti dal potere politico è difficile farli restare tali. Da qui la necessità di smascherare le bugie del potere e richiamarlo, come dovere di ciascun cittadino, al rispetto delle regole e della trasparenza.
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