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Una società che si rinnova ha bisogno di soggetti nuovi


Il coraggio di rottamare e non riciclare!

 

Avv. Gerardo Spira*

I giudici della 1 sezione civile della suprema corte di cassazione con la sentenza n.18087/16 del 14.9.2016 hanno smarrito la toga e nella fretta anche il diritto. Secondo gli ermellini la famiglia non esiste.

 

Il caso.

Una donna separata con affidamento condiviso, decide, per ragioni di carriera di trasferirsi in altra località, portando con sé il figlio collocato presso di lei.

Il genitore solleva le normali eccezione di garanzia per l'esercizio della responsabilità genitoriale e dei diritti del figlio ad avere rapporti equilibrati e continuativi col padre.

La questione finisce davanti alla Corte di Cassazione.

Niente da fare! i supremi giudici della prima sezione sentenziano che nel rispetto del diritto del lavoro la donna può trasferirsi per migliorare la carriera e che può portare con sé il figlio, già collocato presso di lei.

E i diritti del padre? Quelli secondo gli ermellini, passano in secondo ordine, mentre restano a suo carico tutti i doveri conseguenti alla sua responsabilità di genitore.

Il teorema è sempre lo stesso: la madre è primo genitore e il padre viene dopo e i figli restano affidati a lei. Poi non importa che il minore porterà nella società tutte le conseguenze negative della decisione. Non importa che cresce il bullismo.

Non importa che i figli continuano a vivere disturbati, additati ed emarginati.

La carriera della donna è più importante della serenità del figlio  e non importa che il minore perde il padre e dimentica le radici familiari.

I giudici della 1 sezione della Cassazione hanno smarrito la legge e il diritto e hanno deciso in nome del potere inviolabile di intoccabili.

Le sentenze vanno rispettate, quando sono giuste. E quando sono ingiuste?

Alla psicologia l'ardua decisione di valutare cosa accade nella mente di un essere umano offuscata dal tarlo della ingiustizia subita.

Ragioniamo senza i fronzoli colorati, superati da una cultura sbiadita tra i banchi del supremo diritto, sulle leggi attuali e in vigore messe a disposizione del popolo italiano e cerchiamo di capire in che modo il legislatore ha dettato nel diritto di famiglia.

Partiamo dalla legge costituzionale.

Agli artt 29-31 il costituente, superando la vecchia visione etica della famiglia, pensando al suo ruolo fondamentale nella società la definì una “società naturale “  fondata sul matrimonio,  centrata su  due aspetti, della persona e della reciprocità.

In buona sostanza il costituente ha riconosciuto alla persona la responsabilità del sua funzione e al secondo elemento (reciprocità) il valore dell'essere umano che può esistere soltanto in relazione con gli altri.

Secondo la Costituzione infatti non può esistere famiglia se questa non è fondata sul matrimonio tra uomo e donna. A questa si riferisce la normativa del c.c. La legge sull'unione civile detta anche lege Cirinnà, disciplina i reciproci diritti ed obblighi, tra persone dello stesso sesso o conviventi che decidono di vivere insieme. derivano diritti e doveri.

Questo principio è sostenuto fortemente dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Giustizia europea.

 

Leggiamo ora la normativa intervenuta con la legge 54/2006 e con le modifiche successive.

Art.155. Come sostituito con D.lgs n.154 del 28 dic. 2013 detta Anche dopo la separazione personale dei genitori, il minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, ha diritto di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi ed ha diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la sentenza di separazione personale dei coniugi dispone, salvo quanto previsto dall'articolo 155-ter, che i figli restino affidati a entrambi i genitori e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa quale risulta dal citato primo comma. In particolare il giudice prende atto degli accordi intercorsi tra i genitori sulla residenza dei figli, ovvero stabilisce, in caso di disaccordo, i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, nonché fissa la misura ed il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli, secondo i criteri previsti dall'articolo 155-bis.

Nessuno dei genitori può rinunciare all'affidamento, ove il giudice abbia ritenuto che ne sussistono i requisiti, né sottrarsi agli obblighi da esso derivanti.

Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia attribuito ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto legale.

Il giudice può, per gravi motivi, in presenza di un pregiudizio per il minore riconducibile all'ipotesi di cui all'art. 333 cod. civ. e con il consenso degli affidatari, affidare la prole a terzi. In tal caso si applicano al rapporto le norme previste in tema di affidamento familiare, con attribuzione di ogni competenza al giudice ordinario.

Nella scelta dell'affidatario deve essere data preferenza ai parenti entro il terzo grado del minore. L'affidamento può essere disposto anche in favore di una comunità di tipo familiare.

Tralascio le altre integrazioni di cui agli artt.155 bis, ter, quater, quinques e sexies, perché norme complementari aggiuntive di disciplina dell'affidamento, molto chiare che non si prestano ad interpretazioni, se non conseguenziali a fatti certi ed improcrastinabili.

Torniamo sulla decisione della Cassazione alla luce delle norme ricordate.

La famiglia, anche come unione, si fonda sul corollario insopprimibile del valore della persona e del reciproco rapporto di doveri e di diritti.

Il novello articolo 155 c.c. dispone che il minore ha il diritto di mantenere il rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori separati, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi e di conservare....... omissis.

La norma è cogente e va applicata senza interpretazioni di genere.

La sequenza dei diritti del minore sono collegati al rapporto di equilibrio continuativo (attenzione il legislatore ha usato la “e” che lega, quindi non vi può essere equilibrio se non è continuativo).

Al giudice è consentito valutare la situazione, prima di decidere per l'affidamento separato, determinando tempi e modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando di conseguenza la misura di contribuzione al mantenimento.

Anche la decisione sui tempi e sulle modalità di affidamento e collegata al rapporto equilibrato e continuativo. Lo squilibrio costituisce violazione della norma.

Saltano tutti gli altri diritti collegati. Risultano violati di conseguenza i capisaldi della normativa costituzionale di cui all'art.97 Cost. (buon andamento e imparzialità) e agli artt. 29 e 30 della costituzione Sulla famiglia.

Cosa avrebbero dovuto fare i supremi giudici?

Nel riconoscere i diritti della donna avrebbero dovuto compensare il rapporto con l'altro genitore, mantenendo l'equilibrio in modo continuativo.

Di conseguenza andavano assicurati i diritti del minore di ricevere da ciascuno di essi, cura, educazione e istruzione da entrambi.

Il peso non può gravare tutto da una parte. Oppure si poteva disporre per tempi e modalità da disciplinare in accordo tra le parti.

Secondo l'art. 155 cc il diritto di uno trova il suo limite nel diritto dell'altro.

La norma è conseguenziale per ogni comportamento. La sua disapplicazione fa cadere tutti gli altri doveri segnati: il dovere di curare, istruire ed educare, nonché quello di contribuire al mantenimento. Viene svuotato il concetto di responsabilità genitoriale che vive e si esplica in presenza del rapporto con la persona del minore.

I Giudici della suprema Corte non hanno toccato questo aspetto, perché sanno bene che non esiste la responsabilità a distanza, come non è possibile educare un figlio per telefono. Né hanno dichiarato che la madre compensa tutti gli adempimenti in assenza del padre.

Dunque un obbrobrio giuridico ed etico, degno della peggiore giurisprudenza da rifiutare e se possibile da cancellare, chiamando il supremo giudice costituzionale per il giudizio di legittimità, prima che la C.E bastoni il popolo italiano.

L'indipendenza e l'autonomia, tanta rivendicata, non sono garanzia di giustizia. Necessita e con urgenza una riforma soprattutto culturale e professionale.

Nel diritto di famiglia si avverte sempre più l'esigenza di una riforma seria e adeguata ai tempi, con il contributo di tutto le parti sociali interessate, avendo il coraggio di rottamare senza possibilità di riciclaggio giudici e magistrati rimasti fermi nel tempo e nella storia del diritto.

 

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