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Il Tribunale per i minorenni di Genova, dopo ben 11 anni ha emesso la peggiore decisione della storia del nostro diritto.

Tanto tuonò che piovve!


Avv. Gerardo Spira*

Con una decisione definitiva, dopo 11 anni di martirio, il Tribunale per i minorenni di Genova ha chiuso il caso di una madre francese e della figlia, nata da padre italiano, nel modo peggiore. Con PQM del 14 giugno 2017 il collegio, riunito in camera di consiglio ha dichiarato la madre decaduta dai diritti, poteri e facoltà inerenti la responsabilità genitoriale sulla figlia; ha disposto la interruzione dei contatti tra madre e figlia; ha disposto altresì che in caso la minore ne esprima il desiderio o ne manifesti l’esigenza, il servizio sociale di un noto comune vicino al confine francese, in collaborazione con il consultorio familiare, consultato il padre, provvederà ad organizzare incontri in forma assistita, semi assistita o libera, con le modalità, tempi e cadenze che saranno confacenti all’età, condizione ed esigenze della minore; ha fatto divieto alla madre di cercare contatti con la figlia diversi da quelli organizzati dal servizio sociale; ha condannato infine la madre a tutte le spese nonché al mantenimento della figlia in casa d’altri e al risarcimento danni in favore dei nonni paterni.

Sarebbe stato meglio condannarla a morte. Neppure nei confronti del più pericoloso criminale è stata emessa una sentenza così devastante.

In nessun altro tribunale per i minori d’Italia si è sviluppato tanto accanimento e con tanta cattiveria. Il giudice relatore, famoso per certe decisioni, dopo aver immotivatamente trattenuto il caso per oltre 10 anni, ha dato una sonora lezione ad una madre che ha insistito per aver preteso di voler vivere con la figlia ed ha avuto il coraggio di denunciare il caso al CSM e alla stampa.

Per oltre 10 anni il giudice di Genova ha inventato un percorso protetto, a tempo indeterminato, senza regola e senza obbiettivo. Mai è stato fissato un programma o un protocollo, affidando il caso alla discrezione più ampia di assistenti sociali, che hanno avuto il merito di affidarsi agli umori e sensibilità di quel giudice.

Quel Giudice, non ha accettato che un’altra donna forte dei principi della rivoluzione francese si è permessa di rivendicare parità di diritti con un uomo italiano.

Il collegio, costituito dal Presidente e dai soliti giudici onorari, ha condiviso il ragionamento trascinato dalla collega, per oltre 10 anni, su di un piano completamente estraneo alla legge e al diritto, sigillando una decisione, dal sapore di vendetta e di umore proprio di ben altra cultura.  Giustizia è stata fatta! La donna francese che ha rincorso invano per oltre dieci anni il diritto di madre si è vista umiliata e mortificata nella sua dignità, nel peggiore dei modi che la giustizia possa manifestarsi.

Mentre la vendetta ha appagato il giudice, la rabbia e la ribellione, purtroppo, mettono a dura prova la vittima la quale è costretta a rispettare la decisione e affrontare l’appello con grande dispendio di risorse finanziarie e psicologiche.

 

Nella Liguria rinomata per la particolarità dei fiori non si tocca nulla, specialmente l’ambiente. Qui ogni cosa deve stare al suo posto. A nessuno è permesso di chiedere o contestare contro l’ordine costituito. Qui la Giustizia minorile segue un altro equilibrio e obiettivi diversi dalla ricorrente giurisprudenza italiana e dalla legge. Anzi la legge 54/2006 è rimasta ancora una bozza in discussione.

 

Ma veniamo al contenuto della decisione.

Il Tribunale di Genova ha costruito il provvedimento con il solo fine di giustificare l’enorme ritardo (oltre 10 anni) in cui il caso è stato trattato con una procedura scollata, sospesa, ingarbugliata e confusa. La madre invece non ha mai perduto la testa; ha sempre rivendicato il suo diritto, ha presentato prove e perizie di elevato valore scientifico, ha contestato quel giudice nei suoi doveri funzionali ed ha denunciato con prove, collusioni ed altro tra le istituzioni e personaggi interessati.

Il Tribunale messo alla gogna mediatica ha dovuto affrettarsi a chiudere la vicenda e nella fretta lo ha fatto nel peggiore dei modi, quello di dichiarare la donna decaduta dalla responsabilità genitoriale, senza che questa avesse avuto mai la possibilità di esercitarla. Il Giudice si è guardato bene dal citare relazioni di CTU i quali sono giunti a conclusioni contrarie. Secondo questi professionisti le cause del conflitto tra i genitori, trovano origine nella condizione ambientale della famiglia paterna e nel comportamento del padre sostenuto dall’amichevole rapporto tra lui e soggetti presenti nella struttura comunale. Insomma la donna si è trovata di fronte un muro impenetrabile.

Ha disposto, inoltre il tribunale, il divieto alla madre di incontrare la figlia fuori dal controllo dei servizi sociali del comune in cui vive la minore. Cosa succede se la madre, incontra per strada la figlia? Può avvicinarsi, trascinata dall’istinto materno o deve frenare ogni sensibilità e magari scappare di corsa per evitare di incontrarla? E che succede se la donna si avvicina alla figlia o lo fa la figlia?

I Servizi sociali di questo comune sono stati, per la condizione ambientale, il supporto tecnico di questa decisione. In che modo il tribunale ha vigilato sui suoi provvedimenti?

Risulta e si legge negli atti del lungo processo che i servizi sociali hanno svolto la funzione senza un protocollo, senza un programma in violazione dell’art. 97 della Costituzione e della legge 241/90, la quale obbliga gli enti territoriali ad attivare il procedimento amministrativo in tutte le azioni regolamentate. Il giudice del Tribunale di Genova ha mancato di vigilare come detta l’art 6, comma 10 della legge sul divorzio e come dispone l’art. 92 delle disposizioni di attuazione del c.p.c.

Insomma, questo caso, almeno questo, risulta pregiudicato dal controllo formale e dal corretto procedimento che hanno prodotto questa clamorosa e vergognosa decisione.

Giustizia è stata fatta e l’ambiente con tutti i personaggi coinvolti è stato preservato.

Le difese legali della donna francese, fuori “dal giro forense e giudiziario, hanno dovuto subire una decisione smaturata e confezionata in 10 anni, tempo che è occorso alla famiglia calabrese radicata in quella zona per modellare la bambina in tutti i suoi aspetti di sviluppo.

In questo clima si è sviluppata la vicenda contro una madre che secondo il Giudice e i servizi sociali non riusciva a relazionare con la figlia per ragioni di lingua e le veniva vietato di parlare in francese con la figlia. Un’assurdità che svergogna l’alto valore della Giustizia, indipendente ed imparziale in tutto il mondo, senza pregiudizi di lingua, di religione e di sesso.

Il ritardo ha pesato in modo determinante per la donna francese, soprattutto per consentire al giudice di Genova di trovare una giustificazione alla sua manifesta incapacità di gestire il caso.

Le diffide della madre ad ottenere la tanto agognata decisione si sono rivelate un boomerang. Il giudice infatti irritato dal grande affronto ha cercato tra gli atti della vicenda solo quelli utili alla sua decisione.

Mentre tutta la Giurisprudenza italiana ha cominciato a fare marcia indietro sulla legge 54/2006, riconoscendo e riaffermando l’affidamento condiviso, il tribunale di Genova in controtendenza, per questo caso ha dichiarato la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, disponendo per il mantenimento della figlia, senza peraltro motivarne il presupposto. Dunque la madre deve contribuire al mantenimento della figlia, senza vederla, senza incontrarla e senza prestarle cure e assistenza, come detta invece il nostro codice sistematico di diritto civile.

Dopo dieci anni di ritardo, il Giudice non è riuscito a trovare una giustificazione per mantenere l’affidamento condiviso. E non poteva dopo 10 anni di errori. E’ stato conseguenziale e normale la dichiarazione di decadenza. Il giudice non ha avuto il coraggio di ammettere la sua responsabilità nella conduzione e gestione del procedimento. E’ stata più semplice e quasi normale la decisione della sottrazione della figlia alla madre.

Niente è detto sulla condizione ambientale in cui vive la ragazza e niente è detto del tenore di vita della famiglia paterna. Forse il giudice la conosce tanto bene da decidere di aiutarla a vivere meglio dal momento che la donna francese è un’ottima ed operosa assistente sanitaria.

In alcuni passaggi, anche se velatamente, si scopre la collusione tra i diversi personaggi, non colta dal collegio che si è affidato al relatore, anche responsabile gestore del caso da oltre dieci anni.

In uno di questi si legge poi l’ultimo e grave episodio in cui i Servizi sociali assumono la decisione, senza averne competenza e potere, di interrompere gli incontri e di proibire alla madre di vedere la figlia, si dice dopo che questa aveva manifestato questa volontà.

Orbene il fallo rilevato correttamente dal difensore è stato denunciato penalmente. Nel giudizio penale il giudice si è premurato di interferire scrivendo apposita nota al P.M al fine di sollevare da responsabilità le due assistenti, sostenendo che la decisione delle stesse è stata sanata dalla sua presa d’atto avvenuta dopo otto mesi. Decisione che non trova alcuna rispondenza di legge.

Quale oscuro motivo ha spinto il giudice ad interferire? Tutti condividono e si conformano alla sua invasione di campo.

La denuncia viene archiviata! Purtroppo la decisione del Tribunale di Genova, va osservata. Il purtroppo fa la differenza tra chi decide in nome del popolo italiano senza rispondere dei suoi errori e gli altri cittadini che, nella funzione pubblica pagano in proprio.

 

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