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Cassazione, I sez. civ., ordinanza n. 31902/18

 

Le discutibili asserzioni sulla bigenitorialità

 

Avv. Francesco Valentini*

 

Senza entrare nello specifico del caso a cui fa riferimento l’ordinanza del 10.12.2018 della Suprema Corte di Cassazione, non posso non valutare le asserzioni sulla bigenitorialità ivi contenute. E’ indispensabile sottolineare che i provvedimenti della Corte di Cassazione (competente sulla legittimità, non nel merito delle controversie) non sempre sono coerenti tra loro e non sempre tengono conto del delicato e difficile rapporto genitori-figli e, sovente, non sembrano tener presente la l. 54/2006 sull’affido condiviso che, a distanza di dodici anni, in molti tribunali non viene ancora applicata e non si rapportano con tutte le convenzioni internazionali sui diritti dell’infanzia e dei minori.

La bigenitorialità è un termine-concetto introdotto a seguito di una errata applicazione della l. 898/70, “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio…” e ss. mm. e ii., che ha privilegiato l’affido monogenitoriale (quasi sempre alla madre), rendendo marginale la figura dell’altro genitore nella vita dei figli. La bigenitorialità, prima di essere un diritto-dovere sancito dal codice civile, è un diritto naturale che nessuno, a vario titolo, può limitare o abrogare.

Gli ermellini affermano che “il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l'esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell'altro genitore”, cioè disconoscono la centralità del minore nelle separazioni così come invece avevano ribadito i legislatori nel 2006. I bambini, come i genitori, adulti, hanno capacità giuridica ed i loro diritti non possono essere sminuiti dalle esigenze dei genitori. La bigenitorialità, pertanto, è un legittimo e inalienabile diritto del minore, sia nelle famiglie unite che separate, per mantenere non un rapporto non “significativo” ma stabile con entrambi i genitori ogni qual volta non esistano motivi ostativi che richiedano l’allontanamento di un genitore dal proprio figlio. Il figlio viene prima di tutto e non può pagare per la fine della convivenza dei genitori.

La bigenitorialità - termine già presente nella Convenzione sui Diritti del Bambino di New York del 20 novembre 1989o collaborazione genitoriale (cogenitorialità o coparenting in inglese o coparentalité in francese) esprime un concetto che ribadisce il diritto di un minore ad avere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, anche dopo la fine della loro convivenza.

Le conclusioni della Cassazione non valutano che per la formazione e crescita dei figli è necessario che i loro genitori possano educarli assieme attraverso forme di collaborazione genitoriale che presuppone, salvo problematiche logistiche, proprio una equa parità dei tempi di frequentazione del minore con i rispettivi genitori. La centralità del minore e dei suoi diritti non può essere subordinata al “reciproco interesse” dei rispettivi genitori, il cui essere tali è subordinato all’impegno che gli stessi prendono nei confronti dei figli, ma non dell’altro genitore.

La Cassazione, richiamando l’ordinanza n.18817/2015, scrive che l’affido del minore “va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore”.

Ancora una volta serpeggia la diffidenza verso il padre che, nella famiglia unita, svolge prevalentemente la mansione del suo mantenimento e, pertanto, resta meno tempo con i propri figli e la sua attività genitoriale è meno appariscente, come se mantenere una famiglia non sia indice di capacità affettiva, attenzione, comprensione ed educazione e disponibilità verso la prole.

I figli restano nella casa familiare, affidata al genitore collocatario, e l’altro deve procurarsi un nuovo appartamento (piccolo per far fronte ai costi della separazione) – dovendo modificare le proprie consuetudini di vita e il nuovo ambiente sociale e familiare – che potrà offrire ai figli, ma non potrà mai competere con quello dell’altro genitore. Gli ermellini non sembrano prevedere la posizione svantaggiata, anche economica, del genitore non collocatario.

Questa ordinanza prospetta scenari veramente inquietanti per i minori e non tiene conto dell’art. 30, c. 1, della Costituzione italiana che recita: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio” e dell’art. 337ter c.c. (modificato nel 2006), che ha introdotto il diritto soggettivo del bambino ad avere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, sancendo la centralità del minore ed il suo superiore interesse e prevedendo, con l’affido condiviso, che i genitori conservano sempre i propri diritti – doveri, esercitando entrambi la responsabilità genitoriale. Si dimentica, in definitiva, che, in molti casi, i padri, pur essendo disponibili ad esercitare appieno la propria funzione genitoriale, si vedono negata questa possibilità. Non si tiene nemmeno conto dell’art. 18, c. 1, della Convenzione ONU sui diritti per l’infanzia del 1989 (ratifica in Italia nel 1991), che sottolinea che spetta agli Stati “garantire il riconoscimento del principio secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo e il provvedere al suo sviluppo”.

La piena ed autentica attuazione dell’affido condiviso passa necessariamente attraverso le Linee guida nelle separazioni del Tribunale di Brindisi, che prevede che: questo tipo di affido sia alternato, ci sia il mantenimento diretto della prole nonchè la doppia residenza del minore. Già tanti tribunali applicano queste indicazioni e ciò dà i suoi frutti: centralità del minore nell’affido e non imposizioni adultocentriche nonchè contenimento ed eliminazione della nefasta conflittualità genitoriale.

L’affido condiviso ha solo bisogno di essere applicato e non di essere rivisto, in peggio, come si sta tentando di fare.

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