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Umbria 27.10.2019: Elezioni regionali


Non è più il tempo di stare a guardare

ora, nell’affido dei minori, occorre osare

 

La Regione, per una più aperta politica della Famiglia separata, non può ignorare che in Umbria oltre il 60% delle coppie con figli minori vive il dramma quotidiano della separazione. La conflittualità può essere contrastata e riportata nel canale del rapporto civile condiviso solo mediante una corretta e trasparente politica degli enti locali i quali devono voltare pagina e mettere al centro delle questioni “i minori”, che finiscono trascinati nell’alveo degli esposti ed abbandonati, dai risvolti più odiosi e vergognosi, trafugati in nome e per conto dello Stato di diritto. Lo Stato non c’entra! C’entra chi lo rappresenta. Deve essere rispettata la legge del condiviso nel principio costituzionale di cui agli artt. 3, 29, e 30. Va bandita da certa giurisprudenza la cultura di genere e vanno applicati i principi di uguaglianza, pari opportunità, trasparenza ed accessibilità, sempre.

L’associazione ritiene che la regolamentazione delle attività dei servizi sociali può costituire non solo un argine agli abusi e a comportamenti illeciti, assai diffusi nella nostra regione, ma l’occasione per prevedere la costituzione di commissioni di genitori separati e delle associazioni che da anni li rappresentano nel territorio umbro in tutte le fasi di discussione delle questioni, al fine di contribuire a migliorare situazioni e condizioni di vita e di relazioni tra la famiglia ed i figli. La problematica in Umbria è una emergenza allarmante che riguarda migliaia e migliaia di cittadini.

Indispensabili, per garantire ai minori il diritto alla bigenitorialità e ai genitori il diritto della co-genitorialità, sono la disciplina dell’attività dei servizi sociali con un Regolamento. Il Regolamento è uno strumento di garanzia pubblica che mette a riparo da sconfinamenti e da abusi soprattutto gli operatori, talvolta costretti a scrivere o riportare “sotto dettato” indirizzi e linee, che, come abbiamo letto per Bibbiano, portano dritto” all’inferno”. E ciò avviene con iniziative che impegnano strumenti ed organizzazione, pagate con pubblico danaro.

I dipendenti pubblici devono rispettare le leggi della pubblica amministrazione, in autonomia ed indipendenza, e garantire la completa trasparenza dei loro atti, accessibili ai genitori o loro delegati in qualsiasi momento, con modalità certe e certificate (video-registrazioni, test, presenza in modalità protetta dei genitori e/o loro rappresentanti e/o delegati con professionalità specifica nell’audizione dei propri figli, programma concordato con i genitore dove siano stabilite finalità, tempi e modalità) al fine di permettere un reale contraddittorio sulle relazioni che vanno a costituire poi il corpo sostanziale della decisione. Le fasi del processo, quando è richiesto, invadono il terreno amministrativo e qui i servizi hanno l’obbligo di rispettare due principi: il contraddittorio e il buon andamento del loro Ufficio (art. 97 della Cost.)

L’attività dei servizi sociali dovrà essere monitorata con rigore e regolarità da esperti esterni alla struttura di pertinenza, per valutare le specifiche competenze degli operatori. Altrettanta rigorosità deve essere pretesa dagli enti locali sull’operato, sulla professionalità, sui bilanci economici, dei vari centri antiviolenza, delle case famiglia, comunità e case protette, cooperative sociali e sugli affidi etero-familiari.

L’Istituto del gratuito patrocinio non deve essere più un istituto di privilegio di genere, ma di garanzia soprattutto del genitore escluso. Come il diritto per tutti, anche il danaro è di tutti. Chi ne ha diritto deve beneficiarne secondo legge e con le garanzie del controllo pubblico. Chi ne abusa deve subirne le conseguenze. Valgono qui le regole della vigilanza e del controllo, obbligatorie da parte di tutte le istituzioni coinvolte.

Esistono, di fatto, difficoltà economiche del genitore non collocatario (al 95% il padre) che non gli permettono di accedere al patrocinio a spese dello Stato (a causa della non detraibilità delle somme che versa all’altro genitore per i figli) e di conseguenza nemmeno può tutelare nei tribunali sé stesso e i propri figli.

La Regione, per ripristinare i diritti negati al minore e al genitore non collocatario, può predisporre un congruo fondo economico annuale per gestire un patrocinio a spese della Regione concesso con regole vincolanti diverse da quello attualmente in vigore per lo Stato, combattendo rigorosamente le dichiarazioni non veritiere e i redditi “negati” da lavoro non dichiarato.

Noi ci battiamo per la disciplina e la regolamentazione della vita pubblica e chiediamo il rispetto di due principi: la responsabilità e il controllo. Ciò valga anche per tribunali e corti di appello. Non per controllare la Giustizia, ma per garantire che le istituzioni degli enti territoriali osservino i principi di uguaglianza, di imparzialità e buon andamento. Il buco di cui all’art. 30 della Costituzione va riempito con la partecipazione del cittadino, dal momento che assistenza, mantenimento e contributi sono la fonte di valutazioni, riservata incondizionatamente a giudizi spropositati, generici e pilotati in una sola direzione.

Nel pubblico devono valere le regole agganciate alle disposizioni di riferimento, non il pensiero personale di un avvocato, di un assistente sociale o di un giudice.

Tutto ciò lo abbiamo chiesto, con apposita e approfondita indagine ai ministri della Giustizia e della P.A e lo chiediamo soprattutto alla Regione, ente vicino al cittadino. Chiediamo che gli Enti territoriali aprano armadi e porte per consentire al cittadino più effettiva partecipazione nella vita di servizi che lo riguardano e per garantire che le istituzioni degli enti territoriali osservino i principi di uguaglianza, di imparzialità e buon andamento.

 

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