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Rivoluzionaria decisione della Cassazione


I costi universitari sono spese ordinarie

coperti dall’assegno di mantenimento


avv. Francesco Valentini*

Sulle spese straordinarie per i figli che, in alcuni casi, sono anche superiori all’assegno di mantenimento per la prole, la Cassazione incomincia a fare chiarezza sia sui costi universitari che sul mantenimento stesso del figlio maggiorenne non autosufficiente se, terminati e/o rifiutati gli studi, non si trova una propria occupazione ed autonomia, di cui ne parlerò in uno specifico intervento.

Le spese universitarie rientrano tra le spese ordinarie coperte dall’assegno di mantenimento, che il genitore obbligato deve versare a quello che convive con il figlio (ora non più affidatario/collocatario, perché il figlio è diventato maggiorenne), poiché le spese universitarie sono prevedibili e quantificabili in anticipo e, venendo meno i requisiti della imponderabilità ed imprevedibilità, non possono essere considerate spese straordinarie, imputabili al 50% (o nella diversa misura ritenuta equa dal giudice, che, in alcuni casi, in relazione ai redditi dichiarati e documentati, può scegliere una diversa ripartizione) all’altro genitore, quasi sempre il padre.

La Suprema Corte di Cassazione, sez. I civ., con l’ordinanza n. 34100 del 12.11.2021, fa chiarezza su questo delicato argomento, oggetto di continue contestazioni da parte del genitore chiamato a contribuire al pagamento pro quota delle spese universitarie (tasse di iscrizione, libri, residenza, ecc.), anche quando dette spese non erano state autorizzate da parte del genitore non convivente con i figli, ma nemmeno gli erano state preventivamente comunicate per esercitare il suo diritto all’opposizione.

“Questa Corte - è scritto nell’ordinanza - ha già avuto occasione di chiarire che "devono intendersi spese "straordinarie" quelle che, per la loro rilevanza, la loro imprevedibilità e la loro imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, cosicchè la loro inclusione in via forfettaria nell'ammontare dell'assegno, posto a carico di uno dei genitori, può  rivelarsi in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dall'art. 155 c.c. e con quello dell'adeguatezza del mantenimento, nonchè recare grave nocumento alla prole, che potrebbe essere privata, non consentendolo le possibilità economiche del solo genitore beneficiario dell'assegno "cumulativo" (Cass., Sez. I, 8/06/2012, n. 9372); e, più di recente che "in materia di rimborso delle spese c.d. straordinarie sostenute dai genitori per il mantenimento del figlio, occorre in via sostanziale distinguere tra: a) gli esborsi che sono destinati ai bisogni ordinari del figlio e che, certi nel loro costante e prevedibile ripetersi, anche lungo intervalli temporali, più o meno ampi, sortiscono l'effetto di integrare l'assegno di mantenimento e possono essere azionati in forza del titolo originario di condanna adottato in materia di esercizio della responsabilità in sede di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all'esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio, previa una allegazione che consenta, con mera operazione aritmetica, di preservare del titolo stesso i caratteri della certezza, liquidità ed esigibilità; b)le spese che, imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare, in grado di recidere ogni legame con i caratteri di ordinarietà dell'assegno di contributo al mantenimento, richiedono, per la loro azionabilità l'esercizio di un'autonoma azione di accertamento in cui convergono il rispetto del principio dell'adeguatezza della posta alle esigenze del figlio e quello della proporzione del contributo alle condizioni economico patrimoniali del genitore onerato in comparazione con quanto statuito dal giudice che si sia pronunciato sul tema della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, divorzio, annullamento e nullità del vincolo matrimoniale e comunque in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio" (Cass., Sez. I, 13/01/2021, n. 379)”.

Chiarezza dovuta anche per evitare “troppe” discrezionalità sulle spese universitarie pretese dal genitore convivente con la prole o dagli stesi figli maggiorenni, che si guarda bene dal consultarlo, averne la dovuta autorizzazione e nemmeno lo informa sulle scelte universitarie fuori sede dei figli, che pretendono tasse di iscrizione, libri, appartamento in locazione, sovente da condividere con il/la partner, rifiuto della mensa universitaria e degli alloggi che l’università mette a disposizione. La circostanza più grave è che questi studenti universitari spesso sono fuori corso, non presentano al genitore obbligato il piano di studi ed il certificato storico degli esami sostenuti, i contributi pubblici e privati di cui beneficiano e non si attivano per accedere alle borse di studio a loro disposizione e/o trovarsi un lavoro part-time o a chiamata per sollevare i genitori dalle spese richieste.

 

L’art. 30 della Costituzione e l’art. 147 c.c. sanciscono il dovere di mantenere, istruire ed educare i propri figli e, poiché i genitori sono due, il mantenimento deve essere previsto, soprattutto in presenza di affido condiviso, per ambedue i genitori e non solo per il non collocatario, altrimenti l’assegno di mantenimento va anche al collocatario/affidatario con cui i figli sono prevalentemente collocati.

Per porre fine a questa conclamata carenza dei tribunali che parlano di assegno di mantenimento esclusivamente per il genitore con affido non paritario, determinato in base a parametri del tutto discrezionali (che variano anche da giudice a giudice), a “fantasiosi” protocolli ed a prassi che alimentano solo la conflittualità, molti tribunali si orientano verso l’affido condiviso paritario, con la conseguenza del mantenimento diretto dei figli (nel senso che, mantenendo direttamente i figli quando son o con lui, non deve versare alcun assegno all’altro genitore o ai figli). Un atto dovuto per la piena applicazione della legge 54/2006 sul condiviso. I confusi e spesso contraddittori protocolli per le spese straordinarie e, ora, anche per determinare l’assegno di mantenimento, non sono previsti dalla legge e sono frutto di un discutibile accordo tra giudici ed ordine degli avvocati locale, con la tassativa esclusione dei genitori, gli unici legalizzati a rappresentare i propri figli.

Quando i genitori si separano, l’articolo 337 ter c.c. demanda al giudice il dovere di determinare l’ammontare del contributo di mantenimento e il l’altro genitore obbligato a pagarlo, che, però, non rivolge l’obbligo costituzionale anche al genitore presso cui stanno i figli in modo prevalente. La collocazione prevalente non è prevista dalla legge ed è sempre il giudice a stabilire la permanenza dei figli con ciascun genitore, secondo modalità o ideologie arcaiche, tendenti a considerare il padre “come genitore non adeguato”. Ogni genitore deve non far inserire o far revocare dai provvedimenti che lo riguardano sia i termini protocollo tra avvocati e giudici per le spese straordinarie che la c.d. “collocazione prevalente”, quasi sempre presso la madre.

Con l’affido condiviso paritario si garantiscano ai genitori le reali pari opportunità genitoriali, così come prevedono il diritto naturale, la Costituzione e il codice civile.

Il resto è solo fastidiosa retorica discriminante.

* avv. Francesco Valentini, tel.347.1155230, Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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