PDF Stampa E-mail

Cassazione


Cari figli, la pacchia potrebbe essere finita

 

Avv. Francesco Valentini*

 

Altra ordinanza della Cassazione (Cassazione, sez. 1a Civ., ordinanza n. 38366/2021) che non potrà essere ignorata nei tribunali italiani quando sono chiamati ad esprimersi sull’assegno di mantenimento ai figli maggiorenni con titolo di studio conseguito per esercitare una propria professione. Questa ordinanza aiuta il genitore obbligato, costretto, talvolta, a continuare a mantenere i figli maggiorenni con scarsa voglia di trovarsi una occupazione e rendersi economicamente autonomi, ed i giudici, non sempre attenti alle ragioni del genitore non collocatario.

La Cassazione riafferma in modo chiaro che i figli maggiorenni hanno il dovere di trovarsi una propria occupazione, di rendersi economicamente indipendenti e che non possono più continuare a vivere con il mantenimento dei genitori. Ne consegue che si dovranno attivare per trovarsi un’occupazione stabile, indipendentemente dal titolo di studio posseduto, e, se non ci riescono, dovranno affidarsi ai finanziamenti sociali pubblici, ma non più all’assegno di mantenimento di un genitore.

Con altra ordinanza, la Cassazione (Cassazione, sez. 1a Civ., ordinanza n. 40882/2021) afferma che i figli maggiorenni, disoccupati o nullafacenti, non possono contare sull’aiuto della famiglia anche quando versano in una condizione di bisogno e non sono in grado di provvedere a sé stessi, ma devono chiedere il reddito di cittadinanza. Se persevera lo stato di bisogno per causa a loro non imputabile, è ammesso l’aiuto della famiglia, come prevede l’art. 438 c.c., che stabilisce che il sostentamento della famiglia è ammesso solo a chi non è in grado di provvedere a sé stesso, perché inabile al lavoro o non riesce a reperire una occupazione per cause a lui non imponibili. Se non ha fatto, in caso contrario, richiesta del reddito di cittadinanza, manca l’effettivo stato di bisogno.

«L’accertamento dell’impossibilità per il soggetto di provvedere al soddisfacimento dei suoi bisogni primari – si legge nell’ordinanza 40882/21 – non può poi prescindere dalla verifica dell’accessibilità dell’alimentando a forme di provvidenza che consentano di elidere, ancorché temporaneamente lo stato di bisogni (si pensi oggi, al reddito di cittadinanza di cui al Dl 4/2019, convertito dalla legge n.26/2019) ….. è da credere che, nella partita del diritto agli alimenti, la colpevole mancata fruizione di tali apporti giochi lo stesso ruolo dell’imputabile mancanza di un reddito da lavoro; nell’uno e nell’altro caso si delinea l’insussistenza di quell’impedimento oggettivo ad ovviare al lamentato stato di bisogno che è condizione per l’insorgenza del diritto in questione».

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 38366/2021 riconferma che l’obbligo del genitore a mantenere i figli non cessa con il raggiungimento della maggiore età, a condizione che, non per loro colpa, si trovino nella impossibilità a raggiungere la propria autonomia economica, che gli stessi abbiano completato il percorso formativo prescelto e si siano impegnati seriamente nella ricerca di una occupazione in base alle offerte del mercato, anche al di fuori degli studi effettuati e delle loro aspirazioni.

Ciò premesso, gli Ermellini si affrettano ad affermare che, se i figli maggiorenni non hanno raggiunto la propria autonomia economica, non possono contare sul mantenimento “perenne” dei genitori per soddisfare le proprie necessità, avendo a disposizione altri strumenti sociali di sostegno al reddito, che lo Stato mette a disposizione di ogni cittadino.

“(…) il figlio divenuto maggiorenne – è scritto nell’ordinanza – ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un'occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni (Cass. n. 17183 cit.; Cass. 13/10/2021, n. 27904).

L’obbligo al mantenimento dei figli, dunque, viene meno quando la loro indipendenza economica è frutto dell’inerzia e del poco impegno degli stessi nell’attuare un progetto formativo finalizzato all’acquisizione di competenze professionali o “dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all'andamento dell'occupazione e del mercato del lavoro” (Cassazione, 1a Civ., ordinanza n. 18785/2021).

(La “sofa car” di Ed China a Rockingham, Inghilterra)

Negli ultimi anni si è parlato molto della disoccupazione dei c.d. giovani bamboccioni, ma il pubblico dibattito non ha trovato riscontro nelle aule dei tribunali, dove le lagnanze del genitore c.d. convivente con la prole, hanno quasi sempre il sopravvento sui diritti negati al genitore obbligato.

Cosa fare? Bisogna tassativamente pretendere le pari opportunità genitoriali e la obbligatorietà, per i figli nulla facenti, di trovarsi una propria autonomia economica. Il mantenimento perenne per i figli vagabondi è una offesa a tantissimi giovani, che, anche se i genitori non sono separati, cercano una stabilità economica, orgogliosi di una vita autonoma.

Il genitore non convivente con la prole, obbligato al mantenimento, deve far valere le proprie ragioni, pretendendo una adeguata e convinta difesa nelle aule dei tribunali, non facendosi intimorire da chi ha fretta di chiudere le controversie e/o di chi lo minaccia (anche più o meno velatamente) per farlo rinunciare alla tutela dei propri diritti.

* avv. Francesco Valentini, tel.347.1155230, Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
 

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information