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Corte d’appello di Perugia


L’assegno di mantenimento del figlio

decorre, sempre, dalla richiesta di affido


La Corte d’Appello di Perugia ha condannato un padre a versare alla madre l’assegno di mantenimento (€. 400 al mese) del figlio - collocato, nell’udienza presidenziale, provvisoriamente presso di lei - a partire della data di presentazione della sua istanza di affido, indipendentemente dal fatto che il figlio, di età prescolare, è stato pochi mesi dopo collocato presso il padre, stabilendo che la madre versi al padre, non 400 euro al mese, ma solo 150. La madre pretende subito gli arretrati dalla data di presentazione dell’istanza, ma il padre ricorre al Giudice di Pace, il quale dà ragione al padre, poiché il mantenimento decorre dalla data in cui il giudice stabilisce la collocazione del minore. La madre, a questo punto, ricorre alla Corte d’Appello di Perugia, che, al contrario, obbliga il padre a versare l’assegno di mantenimento fin dalla data di presentazione della istanza di affido. (Corriere dell’Umbria 7.7.2022, “Perugia, il tribunale interviene sull'assegno di mantenimento del figlio: da versare anche prima della sentenza").

La sentenza merita alcune considerazioni.

Il mantenimento del figlio, fin dalla presentazione della domanda di affido, è giusto se la fine della convivenza della coppia è stata condivisa dai genitori ed è avvenuta dopo la pronuncia nell’udienza presidenziale e se la somma stabilita, in quella circostanza, rispetta i redditi effettivi dei genitori, anche quelli non dichiarati, e il tribunale ha accertato la veridicità delle dichiarazioni, perché, altrimenti, si commette una ingiustizia verso il genitore obbligato. E’ ovvio che, se la madre si allontana dalla casa familiare col figlio per scelte proprie e non oggettive, il giudice che stabilisce l’entità dell’assegno di mantenimento non può esimersi dal non considerare la circostanza.

Purtroppo, sovente non avviene così sia nel tribunale ordinario che nella Corte d’appello, sez. minorile, anche a Perugia, e il genitore non collocatario è vittima di una discriminazione culturale (ed economica) e/o della predominante e arrogante ideologia di genere sulla gestione dei figli. Non si può imporre al padre di versare una somma come assegno di mantenimento fin dalla richiesta di affido, senza che la stessa sia stata determinata con precise garanzie di equità. Quanto affermato trova conferma nel fatto che il figlio, nei mesi successivi, è stato collocato presso il padre, anche se con un mantenimento materno molto contenuto (- 62,5%) rispetto a quello spettante al padre.

La fine della convivenza non può essere imputata genericamente ad un solo genitore ed occorre molta attenzione nel determinare la retroattività dell’assegno di mantenimento, poiché le eventuali responsabilità della fine della convivenza hanno un costo, anche economico, ma non solo.

Non si può sottacere che la gestione perugina dei ricorsi d’appello lascia perplessi tanti genitori appartenenti alla nostra associazione per la facilità con cui vengono rigettati, condannando anche al pagamento delle spese il padre che chiede giustizia. Sarà opportuno che ci siano puntuali controlli sul funzionamento della Corte stessa e sul rispetto del cittadino, che potrebbe subire anche discriminazioni di genere, perché, altrimenti, si incrementa la sfiducia nell’istituto della giustizia e potrebbe rendere offensiva per tutti, soprattutto per i contribuenti, la scritta nelle aule dei tribunali: “La legg è uguale per tutti”.

 

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