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nuove precisazioni della Cassazione


Patrocinio a spese dello Stato


Avv. Francesco Valentini*

Il patrocinio a spese dello Stato (art. 76 e ss. del Dpr n. 115/2002) è concesso ai cittadini che si trovano in difficoltà economica e che non sarebbero in grado di sostenere le spese processuali (la parcella dell’avvocato, il contributo unificato, la Ctu e fino alle spese di notifica) per procedimenti civili (separazioni consensuali, divorzi congiunti etc.), amministrativi, penali, tributari, procedure di volontaria giurisdizione, contabili, per la mediazione civile obbligatoria. Il reddito annuo lordo dell’intero nucleo familiare non deve superare €. 11.746,68 per i processi civili, mentre per quelli penali l’importo viene elevato di €. 1.032,91 euro per ogni familiare a carico e convivente (D.M. 30 luglio 2020, pubblicato in G.U. n. 24 del 30.1.2021).

Vanno presi in cinsiderazione tutti i redditi (persino quelli derivanti da attività illecita) effettivamente percepiti o posseduti dal richiedente e dai membri del suo nucleo familiare, anche se non sottoposti a tassazione, compresi, dunque, i redditi esenti dall’Irpef, quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva, come i redditi da lavoro dipendente, l’assegno di mantenimento da parte dell’ex coniuge, le pensioni estere, le rendite Inail, l’indennità di accompagnamento, il reddito di cittadinanza, e tutte le risorse economiche percepite dal nucleo familiare, che, però, non costituiscono reddito e, di conseguenza, non vengono riportate nelle dichiarazioni annuali o i contributi pubblici il cui bando prevede che facciano reddito (Cass., ordinanza del 30 settembre 2019 n. 24378).

Quando il procedimento giudiziario riguarda i diritti della persona e gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri membri del nucleo familiare con lui conviventi, si tiene conto esclusivamente del suo reddito.

Hanno diritto al patrocinio a spese dello Stato tutti i soggetti residenti in Italia e non residenti il cui reddito è prodotto nel nostro Stato, le persone fisiche con partita Iva (liberi professionisti e imprenditori), i soci di società di persone o capitali, i cittadini comunitari e gli  extracomunitari con permesso di soggiorno.

Sono ammessi al gratuito patrocinio, se il loro reddito eccede la soglia stabilita, le vittime di maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.), violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609 quater c.p.), violenza sessuale di gruppo (art. 609 octies c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.), riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), prostituzione minorile (art. art. 600 bis c.p.), pornografia minorile (art. 600 ter c.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600 quinquies c.p.), tratta di persone (art. 601 c.p.), acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), corruzione di minorenne (art. 609 quinquies c.p.), adescamento di minorenni (art. 609 undecies c.p.).

Sono esclusi dal cd. gratuito patrocinio i reati di evasione fiscale, di associazione mafiosa, di contrabbando di stuppefacenti. Non sono ammessi due difensori, eccetto che per le multe stradali. Sono esclusi dal patrocinio statale i procedimenti inerenti crediti e diritti di altri soggetti e le persone già condannate con sentenza passata in giudicato.

Dopo l’ammissione al patrocinio gratuito, che copre per l’intera durata del procedimento, il beneficiario deve comunicare ogni variazione dei propri redditi, che, al momento dell’ammissione, riguardano il periodo d’imposta precedente.

La Cassazione Civile (sez. VIa, ordinanza n. 9727 del 25.3.2022) ha puntualizzato che il beneficiario deve presentare la comunicazione di variazione di reddito successiva all’ammissione anche quando il nuovo importo resta nei limiti previsti per l’accesso al gratuito patrocinio, pena il decadimento del beneficio concesso per violazione del d.P.R. n. 115/2002 (art. 112, c. 1, lett. A), che regola la concessione del patrocinio a spese dello Stato.

Al giudice spetta verificare se, dopo la concessione, siano avvenute variazioni di reddito e, seppur restando comprese nei parametri di ammissione al beneficio, se il beneficiario ne abbia dato comunicazione (di anno in anno, dopo la concessione o dopo l’ultima variazione comunicata) per continuare a godere di detto beneficio.

La presa di posizione degli ermellini ha suscitato varie perplessita sia nel mondo forense che in quello giudiziario, poiché detta comunicazione è ininfluente, quando non si superano i limiti reddittuali di ammissione, crea solo maggior lavoro alle cancellerie, già in difficoltà per carenza di personale.

La determinazione del periodo a cui deve far rifermento la dichiarazione presentata al momento del deposito dell’istanza, come prevede il d.P.R. 115/2002, ha suscitato interpretazioni divergenti su cosa debba intendersi per l’“ultima dichiarazione”, cioè se ci si debba riferire a quella presentata o a quella a cui il richiedente è obbligato alla presentazione, anche se materialmente ancora non è stato fatto.

La Cassazione Penale (sez. IVa, sentenza n. 21313 del 01.06.2022) ha sentenziato che la dichiarazione dei redditi del richiedente debba essere ancorata “in maniera cronologicamente più prossima alla presentazione della istanza di ammissione e di garantire, dunque, la coincidenza fra le dichiarazioni in essa contenute e le condizioni reddituali del soggetto”, poiché, se ci si riferisce al reddito dell’ultima dichiarazione presentata - che differisce dai redditi percepiti al momento della richiesta di ammissione al beneficio - il richiedente usufruirebbe ingiustamente del beneficio, poiché non viene considerata la variazione in meglio dei suoi redditi che lo porterebbero ad essere escluso.

* avv. Francesco Valentini, tel.+39.347.1155230, Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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