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Solidarietà sociale? Non sempre è tale!
Ubaldo Valentini*
La solidarietà sociale, sia essa pubblica che privata (con soldi pubblici, però), è da tutti invocata, ma, spesso, non è tale e il confine con la discriminazione è ben camuffato da chi ne trae vantaggio. Il variegato mondo politico ed i cittadini che ne beneficiano hanno in comune l’interesse dell’ambiguità, perché garantisce consenso sociale e vantaggi economici, troppo spesso non dovuti ai “fortunati”.
Numerose segnalazioni ci sono pervenute per denunciare veri e propri abusi istituzionali, che discriminano il genitore non collocatario (il 94% dei padri), a cui non solo non è concesso alcun aiuto per i figli quando stanno con lui, ma è negato perfino l’accesso - in nome di un assurdo e inapplicabile in queste circostanze diritto alla privacy - alla banca dati dei finanziamenti e dei benefici multiformi pubblici elargiti al genitore collocatario - senza alcun oggettivo controllo – da parte dei servizi sociali e/o da parte delle eventuali altre istituzioni competenti.
Non si può continuare ad ignorare una arcaica e indegna ingiustizia di uno stato democratico, dove l’equità e la trasparenza sono i pilastri per bandire la discriminazione dalla sua prassi socio-politica. Non è più tollerabile la superficialità di chi dovrebbe garantire i principi costituzionali, che riconoscono ad ogni cittadino gli stessi diritti e gli stessi doveri.
Una associazione che da venticinque anni opera a livello nazionale per garantire ai figli dei separati la bigenitorialità e la cogenitorialità ai loro genitori, cioè il rispetto dei diritti e della dignità del genitore, troppo spesso frettolosamente estromesso dalla vita dei propri figli, non può che continuare a dare voce a chi voce non ne ha e denunciare la violenza istituzionale nei confronti di persone deboli e indifese.
C’è la solidarietà sociale di istituzioni private, che, sempre senza il doveroso controllo pubblico, elargisce contributi economici, spesso in nome e per conto dello stato, con molta discrezionalità e poca trasparenza. La Caritas e tutte le altre organizzazioni, che percepiscono e/o raccolgono soldi (su cui sarebbe urgente verificarne la reale destinazione) per finalità sociali, non si rapportano con le istituzioni pubbliche e, così, finiscono per alimentare discriminazioni tra i due genitori e tra gli stessi beneficiati.
Fattori oggettivi, come il lavoro in nero e la innata tendenza di troppi cittadini a nascondere al fisco le proprie risorse economiche, finiscono per consolidare la ingiustizia sociale, che, unita alla “pigrizia” (meglio sarebbe parlare di programmata volontà) vessatoria nei confronti dell’onesto cittadino, fanno venire meno anche il diritto alla genitorialità, poiché non possono esserci genitori privilegiati (principalmente le madri) e genitori offesi ed umiliati (prevalentemente i padri). Quando i figli sono con il genitore non collocatario non possono vivere con lui in un monolocale, presso alloggi di fortuna o in macchina. Ciò contribuisce ad allontanare i figli dal genitore “precario”, che, prima o poi, rifiuteranno. La conflittualità genitoriale è, quasi sempre, alimentata dal genitore “privilegiato” dai tribunali, dai servizi sociali, dalle forze dell’ordine e, quando il genitore reagisce, non possiamo non possiamo ignorare le responsabilità sociali e istituzionali.
La solidarietà sociale non può essere gestita dai servizi sociali e dalle istituzioni private, senza garanzie di oggettività, cioè senza una regolamentazione “controllata” e dettagliata dei contributi elargiti al genitore presso cui sono collocati in modalità “prevalente” i figli, un pubblico registro sui finanziamenti e sui contributi pubblici e privati concessi con libero accesso di ambedue i genitori per contrastare i “furbetti”, esistenti tra i beneficiari, ma anche tra gli elargitori, e lotta all’evasione fiscale e al lavoro in nero.
Onestà, trasparenza, ma anche repressione delle frodi “protette”, e ripristino della legalità. Per farlo, però, non può venir meno la palese denuncia delle ingiustizie istituzionali da parte di chi le subisce e da parte di chi socialmente non le tollera.
* Ubaldo Valentini, presidente “Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps)”, contatti: tl. 347.6504095,
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