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Mutuo e assegno di mantenimento
avv. Francesco Valentini*
Riduzione dell’assegno di mantenimento se il padre paga il mutuo sulla casa assegnata alla madre collocataria.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 28237 del 28.09.2022, contribuisce a fare chiarezza su una problematica legata al pagamento del mutuo sulla casa assegnata ai figli e, contemporaneamente, al pagamento dell’assegno di mantenimento dei figli stessi. L’argomento della riduzione dell’assegno di mantenimento - talvolta sproporzionato ed imposto al genitore non collocatario, il padre nella quasi totalità dei casi - quando lo stesso paga il 50% (e talvolta addirittura per intero) della rata del mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale/familiare è dibattuto da anni. Il clima genitoriale, soprattutto quando il genitore obbligato si trova in difficoltà economica, viene alterato da “imposizioni economiche” del giudice, che non tiene conto dei gravami che il genitore non collocatario deve affrontare per pagare il mutuo su una casa che viene assegnata, in nome dei figli, quasi sempre alla madre, che la utilizza per sé e per i suoi partner, senza che il tribunale vincoli l’assegnazione e l’utilizzo dell’abitazione ai figli e vieti l’intromissione di estranei, che con i figli nulla hanno a che vedere.
La Suprema Corte afferma che, analizzate le situazioni economiche di ciascun genitore e gli obblighi economici che gravano sul genitore non collocatario (che ha le obbligazioni economiche nei confronti dell’altro), la riduzione (in proporzione al rateo del muto) dell’assegno che il genitore obbligato versa all’altro per il mantenimento dei figli è legittimo.
La Corte ha rigettato il ricorso della madre e, in modo specifico e volutamente, non ha preso in considerazione il tenore di vita coniugale, le esigenze dei figli, i tempi di permanenza della prole con ciascun genitore e le rispettive condizioni economiche dei coniugi, rimandando alle conclusioni della Corte d’Appello, perché pagare la rata del mutuo di una casa utilizzata dai figli e dalla madre è già provvedere, in parte, al mantenimento dei figli.
Una chiarezza, quella fatta dagli Ermellini, quanto mai opportuna ed urgente per rimuovere incomprensibili incongruenze del giudice nel determinare l’entità dell’assegno di mantenimento per i figli che – purtroppo quasi sempre – si dimentica che dovrebbe essere previsto non per un solo genitore, ma per ambedue, riducendone l’entità e che chi paga il mutuo su una casa che non utilizza ha diritto a detrarre la quota del mutuo dall’assegno di mantenimento, che altro non è che un contributo al mantenimento.
I legislatori dovrebbero prevedere che, se il genitore assegnatari o dell’abitazione non sua ospita il partner (e, spesso, anche i suoi figli), deve far pagare a questi “intrusi” un canone di locazione per l’abitazione arredata secondo le tariffe di mercato e detrarre, in proporzione alla quota di comproprietà, il relativo introito dal quantum che il genitore non collocatario deve versare.
La mancata terzietà dell’organo giudicante nell’affido dei figli e i discriminanti assegni provocano conflittualità tra i genitori, che potrebbe essere benissimo prevenuta dalla piena applicazione dell’affido condiviso paritario, con il mantenimento diretto dei figli, la loro collocazione presso ambedue i genitori ed il superamento dell’assegnazione della casa coniugale (prevedendone la revoca laddove già assegnata).
* Avv. Francesco Valentini, tel. +39.347.1155230 –
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