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La situazione dei genitori separati in Umbria
La tutela dei figli e del genitore più debole
Ubaldo Valentini
La giustizia umbra, al di là dei proclami di circostanza, non è particolarmente attenta alle problematiche dei genitori separati, che, inevitabilmente, ricadono sui figli minori. Non mancano esempi di giudici (pochi), aperti alle tematiche dell’affido condiviso paritario a tutela dei figli e di ambedue i genitori, che, in concreto, pone fine alla odiosa diatriba sull’assegno di mantenimento, sull’assegnazione della casa coniugale/familiare e sul diritto di visita del genitore estromesso dalla vita dei figli, abitualmente violato dal genitore collocatario, nell’indifferenza della magistratura e delle forze dell’ordine, che, molto spesso, non sempre, sono autonome dalle lobby di genere e non riescono a garantire il rispetto del diritto dei minori alla bigenitorialità e il diritto dei genitori alla cogenitorialità.
Su queste tematiche è indispensabile un pubblico confronto tra magistratura, genitori separati, servizi sociali che collaborano con i tribunali, ordine degli psicologi, forze politiche e sociali e ordine degli avvocati per determinare in modo inequivocabile i rispettivi ruoli nella “tutela del superiore interesse dei minori”. La nostra associazione propone un confronto franco e i genitori separati, soprattutto quelli più deboli, potrebbero riacquistare fiducia nelle istituzioni, che, troppo spesso, li hanno discriminati rispetto al genitore collocatario (la madre per il 94% dei casi).
La legge 54/2006 è in vigore da sedici anni, ma, ancora, si aspetta la sua corretta applicazione nelle aule dei tribunali, poiché l’affido condiviso è divenuto una parola di circostanza, svuotata della sua sostanza, con l’invenzione della collocazione prevalente dei minori presso un genitore (sempre la madre al 94%), che, di fatto, copre la non applicazione dell’affido condiviso paritario dei minori, garantendo al genitore collocatario l’assegno di mantenimento per i figli – quasi sempre esageratamente consistente - a carico dell’altro genitore (il padre al 94%); l’assegnazione della casa, anche quando non è di sua proprietà, per viverci con i figli, ma, prevalentemente, con il nuovo o la nuova partner con i relativi figli; l’esenzione del genitore collocatario a condividere con l’altro preventivamente ed autorizzare le spese straordinarie; il rispetto dei provvedimenti di affido dei figli sul diritto di visita; la riscossione dei contributi pubblici e privati per essere genitore separato convivente con i figli.
I giudici e gli avvocati locali, per standardizzare le spese straordinarie, hanno “inventato” un arbitrario protocollo, che, poi, in modo indiscriminato e contra legem, impongono al genitore non collocatario, indipendentemente dal fattore economico della famiglia e dell’obbligato, costringendolo a pagare spese non dovute, perché coperte dall’assegno di mantenimento (ad es., come la mensa, ecc. ecc.). Non spetta ai giudici (a cui compete solo applicare la legge vigente) e agli avvocati (pagati per difendere il genitore, ma non per sostituirlo) “legiferare” sulle spese straordinarie con atti generici, senza alcuna validità coercitiva, confusionari e compilati con la voluta esclusione dei genitori, cioè degli unici autorizzati a parlare e trattare per i propri figli. L’intento degli estensori del protocollo è semplicemente quello di “pianificare” l’affido dei figli, riducendo il lavoro del tribunale con atti, che, a parere di molti, non sono nemmeno leciti, arrivando, col metodo copia-incolla, a trascrive lo negli atti deliberativi del tribunale.
Il minore, purtroppo anche dopo la riforma del codice civile con la legge sul condiviso, continua ad essere marginale nelle vicende giudiziarie, a seguito della fine della convivenza dei genitori, ed i tribunali continuano a sentenziare in base ai desiderata dei servizi sociali, elevati al rango di estensori di sentenze, in sostituzione di quello di riferire ai giudici sulla situazione familiare dei minori coinvolti nell’affido.
C’è da chiedersi se siamo in presenza di una robottizzazione della giustizia o in presenza di un semplice scarica barile delle responsabilità tra giudici e servizi sociali, che, come più volte la Corte Edu ha ricordato all’Italia, allorché la sanziona per la mancata applicazione della giustizia minorile, il compito è solo quello di “riferire” oggettivamente i fatti, senza dare valutazioni sui minori, sui loro genitori e senza indicazioni sui termini dell’affido, perché professionalmente incompetenti. La delega a prendere provvedimenti data ai servizi sociali dai giudici è un puro e semplice abuso istituzionale, che, proprio per la mancata imparzialità dei servizi, alimenta conflittualità e procura danni, spesso irreparabili, ai minori coinvolti.
Le decisioni, una volta raccolti i dati, spettano solo ed esclusivamente all’organo giudicante, ovviamente dopo aver analizzato attentamente il fascicolo del procedimento, anche quando detto fascicolo è voluminoso e complesso. D’altronde, sono pagati con i soldi pubblici per questo.
Sediamoci ad un tavolo e mettiamo mano alla delicata e complessa materia dell’affido dei minori e dei figli maggiorenni, ma ancora economicamente non autosufficienti, con un confronto schietto e costruttivo, che, ovviamente, non potrà sottacere sul mal funzionamento della giustizia e dei servizi sociali e sull’assenza della politica. Non per recriminare il passato, ma per evitare che si continui a procedere su una strada senza uscita.
Alla stampa, troppo spesso attenta solo al caso eclatante di affido, chiediamo di aiutare i genitori separati, a tutela vera dei loro figli, ad aprire un pubblico ed ampio confronto su questa vitale tematica, poiché i minori di oggi saranno i futuri gestori della nostra società. Questa testata giornalistica – che ringraziamo sentitamente – ha dato la propria disponibilità al proposto confronto ed a raccogliere i contributi di tutti coloro che hanno a cuore i minori, figli di genitori non più conviventi.