PDF Stampa E-mail

La Regione e la sanità valdostana:

un complice e inaccettabile silenzio


La denuncia di mal funzionamento della unità operativa di Psichiatria di Aosta, fatta dal padre, il cui figlio non era stato seriamente curato e si era preferito lasciarlo libero, si trova esposta, in modo dettagliato, nell’articolo “Aosta, un giovane ragazzo divorato dai suoi demoni e le strutture sanitarie immobili”,pubblicato su Aostaoggi.it del 21 c.m.

Nell’articolo è riportata questa inquietante conclusione: “è importante stabilire le responsabilità davanti al grido di un ragazzo che chiede aiuto, al pianto della sua famiglia che chiede aiuto e al silenzio di coloro che potrebbero e, a un certo punto, dovrebbero agire. In questo caso, e in tanti altri casi simili, non sarebbe più accettabile la solita litania del «non potevamo sapere» oppure del «non possiamo essere dappertutto».

Non si può non condividere lo sdegno dell’estensore dell’articolo sulle specifiche responsabilità dell’assessorato regionale alla sanità: “chi ha la gestione della sanità pubblica partecipa a incontri e inaugura statue, ma non riesce a risollevare una sanità pubblica ormai incapace di svolgere il proprio compito primario. Possiamo sperare che qualcosa cambi e le persone che possono fare qualcosa lo facciano. Un eventuale «mi dispiace» a disastro avvenuto non sarebbe accettabile”.

 

Tutto ciò conferma, purtroppo, che la Sanità in Valle è gestita in modo non più tollerabile e gli interessi dei cittadini non possono continuare ad essere calpestati proprio da chi, invece, dovrebbe tutelarli. La nostra associazione, da tantissimi anni, si scontra con la sanità valdostana e nessun assessore ha mai voluto affrontare le nostre specifiche denunce sui danni socio-psicologici, provocati dai servizi sociali e psicologici nel relazionare ai giudici, che devono “decidere” (loro, ma non il servizio sociale) sull’affido dei minori. Relazioni palesemente di parte, fatte con scarsa professionalità o, fatto intollerabile, per voluta e ingiustificata ideologia di genere.

Il silenzio fa parte del modus operandi degli operatori dell’Asl, del rispettivo assessorato, dalla giunta regionale, dalle opposizioni, preoccupate più dei voti che del rispetto della giustizia per i valdostani. Il silenzio sembra essere la via scelta anche dalle altre istituzioni che dovrebbero tutelare il cittadino e che non hanno mai risposto alle nostre pubbliche e specifiche denunce.

Basti pensare che un assessore, in un incontro nel quale avevamo messo in evidenza l’anomalia degli eccessivi suicidi di padri separati in Valle d’Aosta, ci ha risposto che non si dovevano dare “false” notizie (dimenticando che i suicidi dei padri separati, iniziati con il maestro e psicologo Antonio Sonatore, sono circa 6/7 all’anno e sono una triste realtà, tenuta nascosta anche dalla stampa locale), poiché, se si parla di padri suicidi, si lancia un messaggio ad imitarli.

Questo era ed è il convincimento dai vari assessori alla sanità. Che dire?

La mancanza del personale nella struttura di Psichiatria (medici, infermieri, OO.SS., personale di vigilanza) non giustifica la frettolosa dimissione del giovane, tanto più se potenzialmente violento. Le ripetute richieste di aiuto della famiglia del giovane sono sempre cadute nel vuoto. Questo è più che sufficiente per aprire, da parte dell’autorità giudiziaria, un doveroso accertamento su questo e altri fatti da anni denunciati.

Gli amministratori dovrebbero effettuare serrati controlli sull’operato degli operatori socio-sanitari e rendere pubblici i risultati. Ma non lo fanno, contravvenendo alle disposizioni di legge, e, quando lo fanno, si rivolgono alla stessa struttura che deve essere controllata: controllori e controllati coincidono.

L’accesso agli atti dei servizi socio-sanitari da parte dei cittadini diventa quasi impossibile, poiché ci si schiera dietro alla privacy (o diritto alla riservatezza), che, nella stragrande maggioranza dei casi, è gerarchicamente inferiore al diritto di difesa. Un padre non può sapere nulla sui propri figli. Un assurdo tutelato dalle istituzioni, comprese quelle preposte alla tutela dei minori.

Gli operatori dei servizi sociali, gli psicologi dell’Asl sono dipendenti pubblici e non possono disattendere quanto previsto, a tutela dei cittadini, dalla legge 241/1990 e ss.mm. Senza trasparenza non c’è il rispetto del cittadino e si continua, impunemente, a calpestare la legge e i separati continueranno a togliersi la vita, perché ingiustamente estromessi dalla vita dei propri figli.

E si continuerà ad offendere la memoria di Antonio Sonatore, che il 7.4.1996, per protesta e nell’indifferenza di tutti, si diede fuoco davanti al tribunale di Aosta.

 

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information