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I vuoti di memoria della Regione Valle d’Aosta


Anche i Piani di contrasto alla violenza di genere vanno

sottoposti al controllo pubblico della verità e della spesa


Avv. Gerardo Spira

Dal 2009, e anche prima, il fenomeno della violenza, cosiddetta di genere, è divenuto un problema sociale di proporzioni tali da accendere il faro delle attenzioni istituzionali. La violenza comunque espressa, certamente intacca i diritti umani, la integrità della dignità della persona, la sua libertà. Il principio così è stato affermato nell’art. 1 della legge regionale della Valle d’Aosta n.4 /2013. Ben strutturata nelle finalità, la legge poi lascia il dubbio lungo il percorso della sua disciplina espressa in 13 articoli. La politica riesce sempre a piegare la terminologia giuridica agli obbiettivi di …genere.

Ne vogliamo parlare perché la Regione VdA, impegnata nel piano triennale degli interventi 2022-2024 contro la violenza di genere, ha promosso un incontro di ascolto anche della nostra associazione, il 29 marzo u.s. in sede di video conferenza. Il nostro impegno, nella materia della famiglia, peraltro molto proficuo, ha meritato il riconoscimento da parte anche delle Autorità di questa Regione. Ciò ci permette di intensificare il nostro lavoro nella materia della famiglia divenuta il crocevia fondamentale della nostra società sempre più stravolta da fatti di grande allarme nei rapporti con tutte le istituzioni, a cominciare dalla scuola. La famiglia é la prima organizzazione sociale da cui si aprono tutti problemi a qualsiasi livello dello Stato. Lo abbiamo sostenuto e continuiamo a farlo, ricordando che i diritti e la dignità umana non hanno colore politico, gridando ad alta voce che la violenza, di qualsiasi natura e genere, è il più grave dei delitti che si compie contro la persona. Per questo vanno alzati tutti i muri necessari per prevenirla o combatterla per cercare di sconfiggerla. Ma facendolo con mezzi e strumenti leali, attraverso una cultura scevra da pregiudizi e preconcetti, capace di esaminare questioni e casi, senza generalizzare un accadimento come prova di fatto quale occasione per istituzionalizzare il fatto a fini speculativi di spesa e di costi diffusi.

Come tutte le Regioni d’Italia anche la Valle d’Aosta si è dotata di una legge che disciplina la violenza di genere e come tutte le Regioni si è preoccupata di classificare la violenza come fatto soltanto verso la donna. Tutti gli interventi quindi sono orientati e indirizzati verso la sicurezza di genere femminile. Il nostro è semplicemente un rilievo, tra l’altro molto amplificato con stampa e TV. E come tutte le Regioni anche qui in Valle D’Aosta non si è pensato che anche l’uomo, fosse anche un solo caso, poteva subire le stesse conseguenze di un atto di violenza, della perdita di un diritto o della offesa della sua dignità. Anche l’uomo, fosse anche uno solo, quando gli accade, prova le stesse sensazioni della donna, paura e disagio, umiliazione, dolore e senso di colpa, specialmente quando vengono attivate procedure e studiate strategie per togliergli un figlio. Così è, a meno che non vi sia qualcuno che pensi che l’uomo è una bestia senza cuore e senza anima.E quando gli accade, a chi si rivolge l’uomo?  Non esistono istituti di tutela e la legge non li prevede. In qualche città, come Milano e Firenze sono nati centri di iniziativaprivata, non riconosciuti, che pagano poi le conseguenze della tutela davanti alla nostra Giustizia! Così è!

 

I Centri antiviolenza riconosciuti per la donna rifiutano interventi per l’uomo maltrattato, richiamandosi alla legge che non lo prevede. Più inutile risulta una denuncia ad altre Autorità dell’ordine statale. Così il problema finisce nel groviglio dell’ordine legale e giudiziale, con le conseguenze che conosciamo e leggiamo nella giurisprudenza di merito.

Il riscontro statistico conferma che quasi il 10% delle denunce di violenza degli uomini trovano giustizia nel lungo termine, quando la stanchezza del procedimento giudiziale lo ha spogliato di tutto, quando ormai è tardi! Sempre statisticamente è provato che il 38% delle denunce delle donne sono false e intanto queste sono state raccolte, istruite e portate avanti nei Centri o associazioni riconosciuti, col tacito consenso di tutti.

Riteniamo invece che questo sia il punto nodale per una seria discussione della materia e un impegno sereno da parte di tutti, al fine di inquadrare chiaramente i termini del problema per affrontarlo con strumenti e persone capaci di sciogliere riserve, dubbi e incertezze in perfetta e autonoma onestà professionale. La violenza va affrontata con impegno culturale di progetto sociale profondo, penetrando nelle condizioni di vita e di rapporti sociali delle persone, perché qui nasce la famiglia e da qui nascono e si formano i figli e si costruisce il futuro. Qui si apre la cultura dell’educazione e della cura.

La scuola della vita, da quando l’uomo ha iniziato il percorso della sua civiltà storica è stata costruita da entrambi i generi, per la combinazione delle sensibilità di entrambi da cui scocca la fiammella della famiglia! Le altre teorie sono altra cosa, pur degne di rispetto e di attenzione sociale. Ma sono altra cosa!

Abbiamo posto questi problemi perché riteniamo che in ciò le Istituzioni pubbliche debbono concentrare intelligenza, risorse umane e finanziarie. Qui si evidenzia la capacità, anche la nostra, di risolvere i gravi problemi della famiglia, in tutti i suoi aspetti, senza avanzare teorie sperimentali vuote di valori e principi della famiglia, così come è prevista nella Carta costituzionale e tracciata nelle nostre leggi e quelle internazionali.Un Piano Triennale, per la sua importanza, deve poggiare su dati e risultati di riscontro verificato e controllato, non su affermazioni, dichiarazioni ipotizzate e previsioni incerte. Si comincia con il controllo della spesa e con il rendiconto di ciò che si è verificato per progettare il prossimo programma. I piani triennali di intervento di prevenzione e di contrasto alla violenza comportano costi che ricadono sui cittadini tutti. E i cittadini vogliono conoscere il risultato del loro impegno finanziario.All’incontro di audizione del 29 marzo davanti alla 5 Commissione abbiamo evidenziato le nostre perplessità sul Piano 2022-2024, per una serie di motivi che riteniamo di riportare e chiarire, se non altro per dare un contributo costruttivo a rivedere tutta la questione.

La legge regionale n.4 del 25 febbraio 2013 parla del piano triennale nell’art. 3 e all’art. 4 del Forum, il quale opera attraverso una commissione di esperti diversi e competenti.

Il Forum presenta entro il 30 giugno di ogni anno, alla Giunta e alla Commissione consiliare una relazione sull’attività svolta (c.9 art. 4 legge n.4). L’art. 5 e seguenti disciplinano il ruolo della Regione, competenze, centri antiviolenza etc. L’art. 13 stabilisce l’onere derivante dall’applicazione della legge che nel 2013 è segnato in eu 304.500 di cui 284.500 a carico del bilancio della Regione. Non abbiamo avuto nulla di tutto ciò e ci auguriamo che gli adempimenti previsti siano avvenuti.

Intanto sono mancati all’associazione atti e documenti preliminare indispensabili per esprimere un parere più completo in sede di audizione, ed esaustivo ai fini del paino proposto. Non conosciamo le relazioni di proposta dei responsabili, pure molto importanti, né abbiamo conosciuto del rendiconto della spesa del triennio 2019-2021, ricadente in periodo Covid, di cui vi è traccia nel piano 2022-2024. Non abbiamo avuto una scheda semplificativa del procedimento seguito, pur esso fondamentale ai fini anche della legittimità dell’intervento.

Riteniamo che questo aspetto vada approfondito con particolare attenzione, dal momento che la spesa di settore appare molto rilevante (oltre un milione di EU). Leggendo i quadri degli interventi eseguiti sulle persone, per la verità molto esigui, appare legittimo chiedere il rendiconto della spesa sostenuta sui casi segnati nel piano nel periodo 2019-2021, in modo analitico, riservando al Consiglio regionale il diritto del controllo sul merito e sulle procedure della spesa.

L’associazione evidenzia un problema di grade importanza, sentito e contestato da alcuni iscritti, vittime di azioni che nascono e vengono istruite nei centri antiviolenza. Se molte denunce sono risultate false,finite con nulla di fatto, appare legittimo sapere se sono state attivate poi azioni di recupero della spesa pubblica sostenuta nei confronti di chi ha denunciato e di chi ha promosso la denuncia. Se ciò non avviene resta un grande interrogativo pubblico sulla legittimità di piani, programmi, spesa e rendiconti.

Avv. Gerardo Spira, presidente onorario Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps), Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , tl. 348.408 8690

 

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