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“I figli in balia dei burocrati impreparati”


“Il Giornale” ha pubblicato un interessante articolo dal titolo “Divorzio, quel vuoto della legge che lascia i figli in balia di burocrati impreparati”, a firma del giornalista e avvocato Massimiliano Fiorin (4 luglio), che affronta la situazione divenuta drammatica (a nostro parere dopo 26 anni di esperienza in tutta Italia) dell’affido dei figli, quando i genitori non convivono più o non sono mai convissuti. Questi operatori, coinvolti dai tribunali nell’affido dei figli, in base alle decisioni degli psicologi (Ctu) e degli assistenti sociali divenuti, con l’introduzione della legge sul divorzio, solo burocrati che nascondono la loro incompetenza, inventando e imponendo situazioni che quasi mai esistono, “determinano” la vita di indifesi minori, sostituendosi ai genitori, soprattutto al padre. L’articolo ci suggerisce alcune considerazioni.

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La presunzione di alcune figure professionali, collegate alla tutela dei minori, che operano senza alcun controllo per conto del tribunale, come gli assistenti sociali, gli psicologi, i mediatori familiari, gli educatori ed altre figure – tra loro collegati – che, a vario titolo, dovrebbero provvedere alle famiglie conflittuali (quasi tutte quelle che ricorrono alla decisione del giudice), unita all’arroganza e al ritorno economico, impongono al tribunale soluzioni, che, come ci ricorda la Corte europea, spettano esclusivamente ai giudici, invece di affidarsi in modo acritico a queste figure, burocrati impreparati, che finiscono per decidere il destino dei nostri figli e della nostra genitorialità.

Infatti, i giudici, troppo spesso li delegano, in loro vece, a gestire la situazione di conflittualità genitoriale – molto spesso riconducibile ad un solo genitore, cioè a quello che, di fatto, gestisce i minori - e riportano alla lettera le decisioni di questi burocrati impreparati – è bene ricordarlo - nelle loro ordinanze, decreti e sentenze.

Il genitore estromesso, in concreto, dalla vita dei figli (il padre, per circa il 94% dei casi) non può far valere i propri diritti, perché, altrimenti, peggiora la propria situazione, perché viene ritenuto non collaborativo e “dannoso” per i figli. I legali, inoltre, non sempre informano l’assistito dei propri diritti e lo sconsigliano ad opporsi alle decisioni dei giudici. Le Corti d’appello, invece di analizzare con attenzione il ricorso, caso per caso, cercano di trovare l’appiglio per dichiararlo non ammissibile e condannare l’appellante a rifondere le spese legali a controparte e al rimborso dell’ulteriore contributo unificato (oltre all’eventuale condanna per lite temeraria, con la relativa probabile conseguenza di dover pagare anche una sanzione economica allo Stato).

Di questa anomala situazione, da tutti conosciuta, ma mai affrontata esplicitamente, come, invece, ha fatto l’avv. Fiorin, derivano conseguenze devastanti per l’equilibrio psico-fisico dei minori e per la formazione della loro personalità. Nonostante l’evidenza dei danni provocati nei minori, nulla cambia nei tribunali e nessuno si preoccupa di verificare la competenza professionale di questi burocrati, a cui si affida il futuro dei minori. Il servizio pubblico deve applicare anche la legge che disciplina il procedimento amministrativo (l. 241/’90) e spetta all’amministrazione da cui dipendono i funzionari pubblici sopra indicati (cioè, che li paga con i soldi pubblici) effettuare reali e continuati controlli sul loro operato. Essere incaricati dal tribunale a riferire sulla situazione familiare dei minori oggetto dell’affido non esonera i servizi sociali e company a disapplicare la suddetta legge.

Basta con le relazioni, compilate, assai spesso, con il metodo del copia-incolla (dimenticandosi di correggere anche i nomi del caso a cui si “ispirano”), che rispondono prevalentemente ad un retaggio culturale discriminante la figura del padre e per mezzo delle quali, di fatto, raramente, questi operatori, tutelano il superiore interesse del minore.

I giudici, scrive Forin, “non avendo la forza morale per esercitare l’autorità del grande assente (il padre), essi si sono ridotti a delegare ogni decisione agli psicologi. I quali ultimi, a loro volta, sono rimasti fedeli alla prescrizione di Jung (“solo gli psicologi inventano parole per cose che non esistono”) e hanno ricominciato a inventare parole che inseguono concetti inesistenti, o comunque ormai inafferrabili”.

I genitori, continua il giornalista, “non possono più decidere su cosa sia meglio per i loro figli, mentre i giudici non vogliono sostituirsi a loro. Così, il compito è passato ai consulenti d’ufficio, e cioè a una pletora di psicologi, o quando va bene di psichiatri infantili, ai quali è stato demandato il compito di disegnare - per i genitori separati e i loro figli - dei “percorsi” di sostegno. Strade immaginarie, che non si sa dove dovrebbero portare e nemmeno chi o che cosa dovrebbero sostenere”.

Il Ctu, secondo le linee guida per il Ctu designate dal tribunale di Milano, “dovrebbe prendere da solo decisioni che non gli spetterebbero. Dopo avere individuato le condizioni psichiche dei genitori” e le loro “competenze… riguardo alle funzioni di cura… alla funzione riflessiva (capacità di mentalizzazione), empatica/riflessiva”, ecc., il consulente dovrebbe indicare al giudice “eventuali interventi di carattere psicosociale, educativo o trattamentale in favore del nucleo familiare… tenuto conto dei fattori personali e di contesto che possono influire sull’accesso alle cure e sulla compliance, … [e] ove possibile, elementi utili a valutare quali siano le più probabili traiettorie della situazione familiare in rapporto alle prospettate conclusioni”.

Il genitore non affidatario/collocatario (quasi sempre il padre) non conta nulla, ha perduto i propri diritti (autorità) e viene sostituito da queste figure, che, in modo burocratico, pianificano la crescita dei bambini e degli adolescenti in base a percorsi e traiettorie per i loro genitori, mai seriamente consultati.

“Resta il fatto – conclude l’articolo - che dai “percorsi” e delle "traiettorie" che vengono disegnate dal Ctu dipende il futuro di milioni di bambini e ragazzi, ai quali è stato ormai negato in radice il diritto di essere educati dai propri genitori e non dallo Stato”.

Non si può che condividere l’interessante e coraggioso articolo dell’avv. Fiorin, che mette il dito nella piaga senza condizionamenti e senza il timore di dire quello che altri non dicono. Chi cerca lo scoop per parlare delle “disgrazie” dei figli, in balìa a burocrati impreparati, a parere della nostra associazione, che opera in tutta Italia da ventisei anni, forse non ha capito nulla del ruolo sociale dell’informazione.

Ubaldo Valentini

 

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