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Nemmeno la retta per la mensa

è una spesa straordinaria!


Con la riapertura dell’anno scolastico, immancabilmente arriva la richiesta del 50% di una spesa straordinaria che tale non è, parliamo della retta per la mensa. Siamo in presenza del solito abuso istituzionale, furbescamente perpetrato anche da quei inammissibili, dannosi e offensivi protocolli sulle spese straordinarie per i figli, che, contra legem (e pensare che tutti i magistrati e gli avvocati dovrebbero conoscere bene la legge sul mantenimento dei figli e dovrebbero tutelarne la corretta applicazione per non giustificare una giustizia ingiusta!), considerano la retta della mensa dei figli come una spesa straordinaria, dimenticandosi che non è una spesa eccezionale e imprevedibile e che il mantenimento, cioè la mensa (ossia gli alimenti) è già inclusa nell’assegno di mantenimento versato al genitore collocatario/affidatario dall’obbligato, cioè dal 94% dei padri.

Non ci sono giustificativi per imporre il pagamento della c.d. mensa dei figli come spesa straordinaria al genitore che già versa il mantenimento e l’assurda istanza al tribunale per richiedere la condanna a pagarla al 50% al genitore non collocatario/affidatario, in caso di un suo motivato e giusto rifiuto, resta, comunque, una carta vincente.

La vittoria del ricorso al tribunale è una certezza di vittoria per chi la presenta e per chi la patrocina, considerato che i protocolli locali tra tribunale e avvocati, tutti marginalmente diversi l’uno dall’altro, non vengono mai messi in discussione, poiché molti magistrati e quasi tutti gli avvocati non possono sconfessare sé stessi. E’ notorio, inoltre, che tanti legali non amano andare contro i giudici presso i quali quasi quotidianamente devono trattate cause più impegnative, se non altro economicamente. Non si può sottovalutare, inoltre e purtroppo, il pregiudiziale schieramento di molti giudici con la donna, le cui rivendicazioni non vengono quasi mai messe in discussione, anche per non incorrere nelle contestazioni delle numerose associazioni femministe dei centri o pseudo-centri antiviolenza, attorno ai quali girano in modo incontrollato fiumi di soldi pubblici.

 

E’ una piaga sulla quale il Parlamento e il Csm dovrebbero intervenire, senza rigettare a priori tutte le segnalazioni che sistematicamente gli vengono rimesse da cittadini vittime della giustizia ingiunta.

L’assurdo è che molti padri, ridotti sul lastrico dal tribunale e dalla fine della convivenza, non possono permettersi di sostenere le esose parcelle degli avvocati per far valere i loro diritti negati dalle istituzioni che decidono sui figli e sulla loro vita. Stranamente, però, non esistono protocolli per tutelare chi non ha soldi nemmeno per vivere e tantomeno per ricorrere contro ingiuste imposizioni delle istituzioni preposte alla tutela dei minori e dei genitori non più conviventi.

Si torna a chiedere che la Regione e/o gli enti locali istituiscano, nei loro bilanci, il patrocinio a spese della Regione o dell’ente locale per assistere i genitori che non possono permettersi nemmeno di pagare le elevate spese legali per tutelare se stessi e i loro figli. Con la moltitudine di genitori non più conviventi e ridotti in miseria, una tale istituzione vorrebbe dire, per loro e per la società, porre rimedio ad una piaga sociale che, poi, finisce per compromettere il sereno equilibrio psico-fisico dei figli, che presuppone, però, una giustizia giusta, cioè la possibilità di impugnare le decisioni ritenute ingiuste e dannose per sé e per i propri figli, poiché, di fatto, emarginano dalla propria prole il genitore che non ha nemmeno una casa dove poter vivere adeguatamente con loro quando sono con lui.

L’ordine degli avvocati nazionale, ma, soprattutto, locale, molto disponibile ai “convenienti” protocolli, dovrebbe prevedere una corsia preferenziale con costi molto inferiori a quelli minimi previsti per legge per garantire il diritto alla difesa a tutti i genitori che non possono permetterselo. Tariffe agevolate al genitore in difficoltà economiche, quasi sempre il padre, pubbliche, senza le agevolazioni compensate da fatture irrisorie o inesistenti rispetto alle cifre percepite, combattendo così anche il deplorevole andazzo dell’evasione fiscale.

La mensa è una spesa che va ripartita tra i due genitori solo quando si è in presenza di un affido paritario, cioè quando i figli trascorrono lo stesso tempo con ciascun genitore, e non esiste più l’assegno di mantenimento per gli stessi. Ma l‘affido paritario è una chimera e solo pochi magistrati lo applicano, in coerenza con la l. 54/2006.

La nostra associazione è a disposizione di tutti coloro che si sentono vittime di una giustizia ingiusta nell’affido e nella gestione dei figli, invitando tutti a segnalare con assiduità le ingiustizie sia del tribunale che delle istituzioni dipendenti dalla pubblica amministrazione e dalla politica regionale, sorda verso i minori e i separati.

contatti: tel. 347.6504095, Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , www.genitoriseparati.it

 

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